Premessa: Giorgio Mottola, giornalista di Report, è un professionista serio, rigoroso, capace di collegare ogni parola ad un fatto, lontano da qualsiasi propaganda di parte, tantomeno di partito. Giorgio Mottola, freelance, rappresenta bene l’anima di una redazione che non ha mai fatto sconti a nessuno, facendo imbufalire, di volta in volta, questo o quel partito, questo o quel potentato. Alle spalle dei singoli autori e del conduttore di Report Sigfrido Ranucci, si muove una redazione specializzata nel giornalismo di inchiesta, capace di fornire un contesto ad ogni testo, attenta alle verifica di ogni fonte e di ogni singola parola.

Non casualmente chi ha scagliato le querele bavaglio le ha viste sempre respinte. Pur di fermarli sono arrivati a preparare dossier diffamatori e a minacciare lo stesso Ranucci, costretto ora ad una vita “sotto scorta”. Quando hanno potuto, hanno anche cercato di processare la redazione, nella sede della Commissione parlamentare di vigilanza; resta famoso quel senatore che agita la carota in segno di minaccia verso Ranucci.

Dal momento che le hanno provate tutte, senza esito alcuno, ora provano con la “querela bavaglio collettiva” scagliata da Fratelli di Italia contro Giorgio Mottola per la sua documentatissima inchiesta su inquisiti e condannati nel partito di Giorgio Meloni, a partire da quelli collusi con le mafie. Siamo al paradosso: sul banco degli imputati non gli inquisiti, i collusi, i condannati, ma chi li ha denunciati. Chi ha visto l’inchiesta ben sa che Giorgio Mottola non ha inventato nulla, ha riportato testualmente da sentenze e da atti pubblici.

Non casualmente i querelanti hanno scelto la sede civile e non quella penale, dove l’archiviazione sarebbe stata certa, perché il servizio di Report risponde a quei requisiti di sobrietà, interesse, pubblico, rilevanza sociale, stabiliti dalla Corte di Cassazione e ribadito da ogni sentenza della Corte europea. Questa è la ragione per la quale “i Fratelli” hanno scelto la sede civile, citando Mottola per danno di immagine, chiedendo un risarcimento non per un caso specifico, o per eventuali errori o, peggio falsificazioni, ma per un presunto contesto diffamatorio.

Sarà il caso di non lasciarlo solo e di non lasciare soli manganellati, querelati, oscurati, imbavagliati, a cominciare dai tre cronisti “fermati” mentre documentavano una protesta di Ultima generazione. Non sono “affari loro”, ma “affari nostri”, quando minacciano i Saviano, i Montanari, le Di Cesare, i Natangelo, Report, i Mottola, i Canfora… vogliono lanciare un segnale, intimidire gli animi più deboli, colpire i cronisti precari e senza copertura legale, indurre all’autocensura. Vogliono aprire la strada alla controriforma costituzionale, alla equiparazione tra fascismo e antifascismo, al presidenzialismo senza controlli.

Per questo non solo bisogna essere solidali con Giorgio Mottola, le altre e gli altri, ma anche accompagnarli nei tribunali, essere la loro scorta mediatica, presentare esposti in sede internazionale, illuminare ogni passaggio di queste vicende, dentro e fuori le aule dei tribunali. Se, come accadrà, i denunciati dovessero vincere, almeno questa volta sarà il caso di presentare una controdenuncia per diffamazione e chiedere un risarcimento a tutela dei cronisti “molestati” e dell’articolo 21 della Costituzione.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Report, Fdi fa causa a Ranucci e al giornalista Mottola per una puntata sui presunti legami con le mafie. Usigrai: “Intimidatorio”

next