“Sono stufa: vorrei tornare a essere Cristina Fogazzi. Non mi dà fastidio se mi chiamano la Cinica però, ecco, credo di essere diventata la Cristina che non parla solo di beauty”. È una Cristina Fogazzi a tutto campo e molto intima quella che si racconta oggi in una lunga intervista al Corriere della Sera: alla vigilia dello sbarco del suo brand all’estero – l’obiettivo è provare a mettere piede in diversi Paesi europei, a cominciare dalla Spagna, come aveva anticipato qualche mese fa quando il fondo Peninsula Capital partners era entrato come socio al 30% di Veralab -, ammette il desiderio di spazzare via una volta per tutte i cliché e dimostrare di non essere un fenomeno social ma un’imprenditrice di successo arrivata a fatturare 70 milioni di euro l’anno. “Sono sicura che se fossi un uomo, con i numeri che fa la mia azienda, sarei considerato un genio dell’imprenditoria. Invece resto l’Estetista Cinica”, dice apertis verbis, confermando che a breve il suo brand approderà in altri Paesi. “L’idea non è stravincere, ci basta partecipare”, precisa.
E pensare che tutto è nato da un centro estetico aperto con un mutuo, a Milano, dove lei lavorava tutto il giorno mentre su Instagram esplodeva il fenomeno degli influencer. “C’erano ragazze molto belle in case e hotel molto belli, con vestiti molto belli e fotografie bellissime. E io mi sentivo molto a disagio”, rivela. Ma per cosa provava disagio? “Avevo già più di 40 anni e lavoravo tutto il giorno in una cabina estetica. E non c’era certo un fotografo a farmi le foto, se scorri indietro nel mio feed trovi delle immagini agghiaccianti. Mi piaceva? No. Ma alla gente piaceva e molto. L’evoluzione di quella cosa lì è una grande rabbia sociale”. Il successo le esplode tra le mani grazie alle bende drenanti, che sbancano il suo e-commerce: “Tra l’altro nessuno credeva che le avrei vendute… Sono state l’innesco di un sacco di cose. Solo con il passaparola”. Quella scintilla l’ha portata in pochi anni a diventare l’Estetista Cinica e il suo brand a macinare anno dopo anno utili sempre più clamorosi. Oggi le cose vanno alla grande, ma restano i graffi di una vita sulle montagne russe: figlia di genitori separati, rivela al Corriere che il padre ha avuto un dissesto economico e che la madre soffriva di un disturbo bipolare. “Il mio switch è stato quando ho compiuto 34 anni, l’età in cui mamma si è separata. E mi sono chiesta: “Ma io, adesso, se mi capitasse quello che è capitato a lei, come reagirei? Cosa farei? Con una bambina, senza un lavoro, con la quinta elementare”. E la psicoterapia che non esisteva. Io la psicoterapia l’ho fatta per 15 anni, lei no. Aveva la pensione minima mia madre e mio papà ha la pensione sociale. Mi sento fortunata a essermi potuta prendere cura di loro”, racconta.
Un percorso lungo e doloroso, culminato con la morte della madre, lo scorso anno. “In vacanza non ci volevo mai andare perché era giurato che appeno partivo stava male. Il mio psicoterapeuta a un certo punto mi dice: Cristina questo sta diventando un ricatto. Allora ho prenotato i voli. Ho paura dell’aereo, per questo non sono mai andata negli Stati Uniti, ma parto. Atterro a Ibiza e dopo sei ore mi dicono che è morta. Ed era stabile, altrimenti non sarei mai partita. Ho pensato che fino all’ultimo me l’aveva fatta”. Al suo fianco c’è l’inseparabile marito, Massimo Portulano, defilato e allergico ai social ma sempre supporto fondamentale per la Fogazzi, la quale ammette che la popolarità ha dato uno scossone alla loro vita. “È stato complicato da gestire. Massimo fortunatamente non è un maschio alfa che patisce se sua moglie guadagna più di lui. È il classico elettore di sinistra che all’inizio, con ’sti social, mi guardava e mi chiedeva se ero sicura di quello che stavo facendo. Aveva il classico snobismo intellettuale. Poi ha capito”, confessa. Infine, la chiosa sul “caso Ferragni”: “Chiara è una mia amica, con lei non posso essere oggettiva”.