Una svista di forma ma anche di sostanza quello della Procura di Milano sul caso giudiziario Visibilia che vede indagata per falso in bilancio il ministro del Turismo Daniela Santanché. Un errore che come vedremo ha fatto slittare ben oltre le prossime elezioni europee la richiesta di rinvio a giudizio da parte dei pm. L’errore ha fatto sì che il primo avviso di chiusura indagini del 14 aprile scorso venisse annullato da un successivo avviso inviato il 31 maggio scorso facendo partire da questa data i canonici 20 giorni al termine dei quali scatta la possibilità di chiedere il processo per gli indagati. A sollevare il caso è stato l’avvocato Antonella Rita Augimeri, legale di Massimo Cipriani, tra gli indagati del fascicolo sul falso in bilancio. L’avvocato inoltre eccepirà la questione durante la prossima udienza preliminare.

Comunque sia il caso inizia l’8 maggio scorso, quando la Procura deposita nuovi atti. Ma non lo fa, come invece potrebbe, secondo l’articolo 415 bis ma secondo l’articolo 430 del codice di rito che però prevede un’altra strada, ovvero che tutti i nuovi atti d’indagine possano essere depositati solo dopo che il giudice per l’udienza preliminare ha disposto il giudizio e fino all’inizio del dibattimento. Ricevuto l’atto, l’avvocato Augimeri così invia una memoria di tre pagine alla Procura dove appunto si legge: “L’art. 430 del codice di rito prevede il deposito da parte dell’Ufficio della Procura di tutti quegli atti d’indagine, ulteriori, espletati dopo l’emissione del decreto che dispone il giudizio fino al dibattimento di talché a modesto avviso di chi scrive è assolutamente irrituale notificare l’integrazione delle indagini a mente dell’art. 430 c.p.p”. Conclude quindi il legale: “Risulta pacifico che il Pubblico Ministero possa compiere atti ulteriori d’indagine anche successivamente all’emissione dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p. ma risulta altrettanto pacifico che le regole statuite dal codice di rito al fine dell’esercizio del diritto di difesa, nel caso concreto, non siano quelle previste dall’art. 430 c.p.p”. Per questo, sempre il 21 maggio, l’avvocato ha chiesto ai pm “di essere rimesso in termini anche per valutare un’eventuale richiesta di interrogatorio ex art. 415 bis c. 3 c.p.p. ed ogni altra facoltà riconosciuta all’indagato”.

Il 27 maggio la Procura così risponde con appunto scritto in cui si legge: “Si comunica che i termini di cui all’avviso di deposito dell’8 maggio sono quelli di cui all’articolo 415 bis cpp”. Ma anche qui forma e sostanza non coincidono. E quindi la Procura notifica un nuovo avviso di conclusione indagini con il documento “avviso al difensore di deposito atti” specificando infine che “il presente avviso annulla e sostituisce il precedente avviso di deposito atti dell’8 maggio”. Il rischio di una nullità forse è stato superato. Con l’inevitabile allungamento dei tempi sulla richiesta di rinvio a giudizio che se fosse arrivato prima delle Europee sarebbe stato un vero guaio per il ministro.

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