Elezioni 2024

Arriviamo alle Europee senza confronti tv: un vero peccato. La partecipazione è determinante

Avete notato? In questa campagna elettorale europea praticamente non ci sono dibattiti “prima time” o su media diffusi fra i candidati e candidate, cioè fra coloro che dovrebbero rappresentarci e tra i/le quali dovremmo poter scegliere in base a competenze e affinità politiche. È questa una anomalia tutta italiana. Le tribune politiche, se ci sono, sono appuntamenti clandestini secondo un format che esclude la discussione e in cui ognuno recita il suo appello o la sua pappardella. Ma il più sovente, tg e talk show funzionano come sempre, e cioè senza esponenti politici o solo con un/a esponente politica, raramente candidati/e peraltro, che si confrontano con giornalisti per lo più schierati o invitati/e fissi che parlano di tutto lo scibile umano e molto più raramente esperti/e. Neppure i leader – molti dei quali candidati per finta queste europee – discutono mai fra loro, ma partecipano uno per uno a interviste più o meno farlocche.

Insomma, in Italia non ci sono, come in molti altri paesi, dibattiti fra i/le capolista o spazi frequenti e programmi di “servizio pubblico” sui temi europei, pur se visti con un occhio attento al contesto nazionale. Inoltre, nonostante si ripeta spesso che queste elezioni saranno determinanti per definire la direzione di marcia delle istituzioni Ue e non solo, in Italia si discute in modo molto superficiale delle complesse tematiche sulle quali dovremmo basare la nostra scelta, clima ed economia, migrazioni, stato di diritto e sicurezza, e sempre dal punto di vista dei rapporti di forza fra partiti e leader nazionali.

Il risultato è che la campagna non è un confronto, ma una competizione indiretta sui territori e in tv, a colpi di santini, messaggi sui social, video, poster e articoli, in una gara a chi la spara più grossa e il cui obiettivo non è conquistare voti, ma mobilitare i tifosi. Cosa per le quali non servono dibattiti e confronti pubblici e accessibili su diverse idee. Peraltro, anche quando ci potrebbero essere, la scusa è sempre la stessa, “c’è la par condicio”, il che vuole dire che siccome devo invitare tutti allora non invito nessuno.

La qualità della campagna elettorale ha un impatto molto importante sia sulla motivazione delle persone ad andare a votare che sulle scelte che faranno nell’urna. Non sono sicura che questa situazione sia un caso; pare davvero il frutto di una precisa scelta trasversale di partiti e media che o considerano gli elettori/trici minus habens e non degni di discussioni di livello, oppure pensano che il chiacchiericcio e aspetti di folclore, dalle dichiarazioni d Vannacci, al nome “Giorgia”, ai fucili e cavallette nei manifesti elettorali siano più in grado di attrarre elettori che un serio confronto su visioni e proposte.

E questo è un vero peccato, perché è perfettamente possibile avere una discussione di interesse e sostanza, anche su elezioni per un Parlamento sovranazionale.

Tanto più che non è al momento davvero possibile capire che cosa succederà dopo le elezioni, e quindi il tasso di partecipazione è una variabile davvero determinante questa volta; peraltro, anche se la destra estrema avesse un buon risultato, le posizioni interne a quello schieramento sono variegate, come diverse e ambigue sono le posizioni degli altri schieramenti rispetto alla possibilità di costruire una maggioranza con la destra: in altre parole, se è vero che i rapporti di forza si chiariranno dopo le elezioni, è anche vero gli stessi gruppi politici sono divisi al loro interno sulle condizioni e criteri che potranno permettere un accordo sulla presidenza della Commissione, sugli organi di governo nel PE e sulle grandi linee strategiche della Ue.

C’è poi una notevole contraddizione che esploderà di sicuro se le istituzioni europee si ritroveranno ad essere divise, frammentate, litigiose come accadrà di sicuro se le destre estreme potranno dettare l’agenda politica e legislativa; ed è la contraddizione fra la necessità di una Ue in grado di agire su una serie sempre più lunga di sfide comuni, dall’adattamento al clima impazzito, alla transizione digitale e verde, con scelte importanti per sostenere l’industria e l’agricoltura sostenibili – , alla difesa e sicurezza, e la persistente indisponibilità del partito di Ursula Von der Leyen e dei cosiddetti frugali e dei sovranisti di dire forte e chiaro che senza una riforma del funzionamento della Ue e un accordo su un aumento del bilancio europeo, l’emissione di nuovo debito comune e il superamento del potere di veto di ogni stato, l’Unione ma anche i suoi membri sono destinati ad affogare nella loro stessa impotenza.

E’ anche per questo che è così importante non solo andare a votare l’8 e il 9 giugno, ma anche farlo sapendo che questa volta è davvero un atto che contribuirà a decidere il nostro futuro: usare al meglio il nostro voto diventa perciò un dovere per tutti e tutte.