Il giorno dopo le perplessità prevalgono sugli apprezzamenti.Perché la Bce ha tagliato i tassi proprio ora che le previsioni sull’inflazione sono al rialzo? La tempistica ha fatto storcere il naso a molti osservatori. Eppure il piccolo ribasso di ieri era stato talmente annunciato che una retromarcia di Francoforte avrebbe assunto significati ben oltre le ricadute pratiche della decisione. Anche perché la credibilità è l’asset fondamentale di qualsiasi banca centrale. È quindi tutta la condotta di Lagarde e soci negli ultimi tempi (e non solo) a sollevare interrogativi. In passato i modelli utilizzati dalla Bce per decifrare le dinamiche inflattive hanno sostanzialmente fallito (provocando anche una sfuriata della presidente), non riuscendo ad anticipare l’impennata del carovita a cui abbiamo poi assistito. Ciò ha provocato uno sfasamento nelle tempistiche delle decisioni di politica monetaria, rispetto a quanto stava accadendo e sembra che questo ritardo sia tuttora presente.

Un solo membro del board ha votato ieri contro la riduzione dei tassi. Si tratta del governatore della Banca centrale austriaca, Robert Holzmann, che oggi è uscito allo scoperto spiegando che “Con il mio voto contrario ho voluto mandare un segnale. La Bce non ha ancora vinto l’inflazione”. Holzmann è annoverato tra i “falchi” ossia nella schiera di coloro che hanno un approccio particolarmente severo nel contrasto all’inflazione e nel controllo dei conti pubblici. Tuttavia un voto contrario in un’istituzione che trae dall’apparire compatta ed “infallibile” molto del suo potere ha un significato che va oltre il “segnale”. “Le prospettive dell’inflazione restano incerte, non possiamo vincolarci ad un particolare percorso dei tassi“, ha detto oggi il membro tedesco del board esecutivo della Bce, Isabel Schnabel.

La banchiera centrale tedesca ha inoltre spiegato che le stime attuali sulle finanze pubbliche preoccupano. L’avanzo primario nel 2024 e 2025 resterà ben al di sotto del livello pre-pandemia mettendo pressione sul debito dei governi. Inviti alla prudenza anche dal presidente della Bundesbank, Joachim Nagel che afferma: “In merito ai tagli dei tassi d’interesse, nel Consiglio direttivo della Bce non operiamo con il pilota automatico. “La Bce deve prendere le decisioni con cautela e non precipitarsi a tagliare i tassi“, ha detto il governatore della banca centrale estone Madis Muller. Il collega lettone Martins Kazaks e il lituano Gediminas Simkus hanno sottolineato come la Banca centrale non abbia ancora in pugno la vittoria sull’inflazione. Anche per il governatore della banca centrale irlandese Gabriel Makhlouf non c’è niente di certo sulle prossime tappe: “Non sappiamo né quanto rapidamente procederà la Bce, né se procederà ancora”.

Il vicepresidente Luis de Guindos ha dichiarato che il Consiglio direttivo si trova ad affrontare un enorme livello di incertezza e agirà in base ai dati e alle proprie previsioni. “Mantenere una flessibilità nell’azione è fondamentale per indirizzare con successo l’inflazione al livello target a medio termine”, ha detto invece Christodoulos Patsalides, governatore della banca centrale di Cipro.

Questi alcuni degli umori. Giovedì Lagarde non ha fornito indicazioni sulle future mosse. Qualcuno aveva ipotizzato un secondo taglio già a luglio che ora sembra però alquanto improbabile. Verosimile invece che quello di ieri non sia l’inizio di una serie di tagli, andremo invece incontro a un intervallo attendista, in cui non è da escludersi un rialzo. I salari iniziano, chi più velocemente chi meno (Italia), a recuperare, almeno in parte, all’aumento del costo della vita degli scorsi mesi, accrescendo la loro spinta sull’inflazione. L’indicatore principale della Bce sui salari accelera all’inizio del 2024, segnalando che la pressione sui prezzi è ancora forte. Nel primo trimestre il compenso per lavoratore dell’ area euro è salito in media del 5,1% rispetto ad un anno fa, in aumento anche sul trimestre precedente (4,9%). Il dato supera le previsioni degli economisti.

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