“Se picchiamo i ragazzi che manifestano o zittiamo chi contesta, non meravigliamoci dell’astensione”. Pasquale Tridico, già presidente dell’Inps, è alla prima campagna elettorale da candidato. Corre con il Movimento 5 Stelle in quel Sud dove l’astensione preoccupa e dove più sono vive le ferite sociali lasciate dallo svuotamento del reddito di cittadinanza per mano del governo Meloni: “Noi rilanciamo – dice Tridico – ci vuole un reddito minimo universale a livello europeo”.

Pasquale Tridico, che campagna elettorale è per lei che viene dal mondo accademico e dall’Inps?
È bello toccare con mano quello di cui ti sei sempre occupato da un altro punto di vista. Anche nella mia carriera accademica o alla guida dell’Inps ho sempre cercato di non perdere il contatto con le persone, ma ovviamente da candidato è diverso e devo dire che mi sta piacendo molto.

Lei corre al Sud, dove però si ripresenta l’incubo dell’astensione. Cosa fare per contrastarla?
Un buon inizio sarebbe non criminalizzare il dissenso. Si dice sempre che i giovani non siano interessati alla politica, ma invece ho visto piazze piene per i temi che stanno loro più a cuore, ovvero la pace e il cambiamento climatico. Quei ragazzi sono stati picchiati o fatti tacere. In alcuni casi, come per gli attivisti di Ultima generazione, siamo arrivati alla derisione delle loro azioni. Addirittura viene stigmatizzato anche chi si limita a contestare un ministro, come nel caso di Eugenia Roccella. Non meravigliamoci se poi la partecipazione alla politica sotto forma del voto viene meno.

Al Sud, più che in altre zone, c’è anche un’emergenza sociale. L’Europa spesso ha indicato una strada, su salario minimo e reddito universale, che però in Italia in questo momento è minoritaria. Cosa spera di poter fare, se sarà eletto?
Per il futuro dell’Europa è fondamentale prima di tutto armonizzare la politica fiscale per i grandi gruppi. Non è possibile avere paradisi fiscali dentro l’Ue, è una concorrenza sleale che conosciamo molto bene per i casi, per esempio, dell’ex Fiat in Olanda o di parte del gruppo Benetton in Lussemburgo. Ci vuole una tassa unica per il capitale. Questo ci consentirebbe di avere risorse per un bilancio europeo rivolto con forza al Welfare.

Queste aziende però non scapperebbero altrove?
Perderebbero i vantaggi di stare dentro al mercato europeo, non credo subiremmo danni rilevanti.

In che modo l’Ue potrebbe poi assicurare un welfare?
Ho in mente un reddito universale europeo, una sorta di reddito di cittadinanza tarato sulla soglia di povertà di ciascun Paese. L’Europa deve necessariamente ridurre le disuguaglianze, perché non può esserci solo un’Europa dell’austerità. Abbiamo costruito un’Europa dei mercati, della finanza e della moneta, ma non l’Europa sociale.

Il Patto di stabilità sembra tornare però nella direzione opposta. È tardi per porre rimedio?
Finché c’è la possibilità di votare, c’è anche modo di rimediare. I patti e le leggi fiscali, in quanto tali, sono sempre modificabili se c’è la volontà politica. Pensi a cosa è successo durante il Covid, quando abbiamo avuto la dimostrazione che l’Europa può dare risposte adeguate su base comunitaria e nella direzione, appunto, della riduzione delle disuguaglianze. Il Recovery Fund è nato con questo spirito, ma credo non debba essere solo una soluzione emergenziale: l’Unione dovrebbe dotarsi in maniera strutturale di strumenti comunitari di questo genere per gestire diversi dossier.

Anche sulla politica internazionale sembra esserci tutto tranne che unità. L’Ue è destinata a giocare un ruolo ancillare nella gestione dei conflitti?
No, a patto che si muova con chiarezza. Per noi ci sono tre punti chiave per favorire la pace in Ucraina. Il primo è fermare l’invio di armi a Kiev per evitare un’escalation. Poi, l’Europa si dovrebbe dotare di un Commissario per la pace, una figura ad hoc per la diplomazia, anche per evitare situazioni imbarazzanti che abbiamo visto negli ultimi anni, quando abbiamo dovuto affidare le speranze di mediazione a Erdogan o a Netanyahu. Infine, è necessario promuovere una conferenza di pace tra Russia e Ucraina.

Lei sa di esporsi a argomentazioni non nuove: neanche una parola in difesa degli ucraini?
Guardi, mia moglie viene dall’Ucraina e so bene dall’inizio cosa sta vivendo quel popolo. Ho detto più volte che la responsabilità dell’invasione è della Russia, ma ciò non toglie che si debba fare ogni tentativo per fermare la guerra.

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