Alla vigilia delle elezioni più cruciali dalla nascita dell’Unione Europea, la Turchia, che tenta da anni di entrare nella Ue, ha ricevuto uno smacco dal Paese che si è sempre opposto al suo ingresso nonché il più influente dei 27: la Germania. Che è anche la nazione europea a contare ormai da decenni la comunità più popolosa della diaspora turca.

E la maggior parte di questi immigrati, donne comprese, quando si reca alle ambasciate per depositare la scheda elettorale con il voto per il rinnovo del parlamento turco e del presidente da vent’anni sceglie il partito della Giustizia e Sviluppo (Akp) fondato nei primi anni Duemila dall’attuale presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, che ne è ancora il segretario. L’Akp, anche grazie ai membri della diaspora, dal 2003 è ininterrottamente alla guida dell’esecutivo, anche se nelle ultime tre consultazioni si è avvalso degli estremisti islamici di destra del partito MHP – noto per i membri del suo braccio armato, i Lupi Grigi – come partner di minoranza della coalizione di governo.

Si tratta di una precisazione per far comprendere il contesto geopolitico in cui si colloca la decisione annunciata durante la conferenza stampa annuale della più grande associazione islamica della Germania, l’Unione turco-islamica per gli affari religiosi (DİTİB). L’associazione ha stabilito che estenderà la formazione degli imam che predicano nelle moschee il Corano interpretato sulla base dei precetti della Fratellanza Musulmana: il cosiddetto Islam Politico che mira a portare l’Islam all’interno delle istituzioni, in primis al governo, attraverso la formazione di partiti islamici. La Turchia con Erdogan e il Qatar dell’emiro Al-Thani sono da decenni i leader della “Fratellanza”.

A partire dal 2025, ogni anno in Germania verranno formati 75 laureati turchi in teologia islamica. L’obiettivo è quello di sostituire gradualmente gli oltre 1.000 imam formati direttamente in Turchia e inviati in Germania da Diyanet, una misura considerata attesa per l’integrazione e l’indipendenza della comunità musulmana in Germania. Invece di essere schierati per quattro o cinque anni, gli imam formati in Germania si impegnerebbero a rimanere in Germania per almeno dieci anni, preferibilmente più a lungo. Ciò fa seguito a un accordo raggiunto dal Ministero degli Interni tedesco, DİTİB, e dal governo turco per formare 100 religiosi islamici all’anno in Germania. L’obiettivo è ridurre l’influenza straniera (turca soprattutto, data la portata del numero dei musulmani anatolici) sulle comunità islamiche in Germania.

Negli ultimi anni i rapporti tra DİTİB e il governo tedesco sono stati tesi. Quando nel 2018 il presidente turco Erdogan inaugurò la moschea centrale di Colonia, molti politici tedeschi lo considerarono un affronto all’indipendenza del proprio Stato. Alla cerimonia, peraltro, non fu invitato il sindaco della città tedesca pur avendo sostenuto la costruzione della nuova moschea centrale. L’anno scorso un portavoce talebano aveva parlato in una moschea DİTİB, che è stata successivamente denunciata dall’associazione per non essere stata informata e condannando ogni forma di estremismo. Ulteriori tensioni sono sorte dopo che il DİTİB si è mostrato riluttante a prendere le distanze da Ali Erbaş, presidente di Diyanet e capo dei 1.000 imam inviati in Germania, dopo le sue dichiarazioni antisemite in seguito all’attacco di Hamas contro Israele.

“Abbiamo bisogno di predicatori che parlino la nostra lingua, conoscano il nostro Paese e difendano i nostri valori. Vogliamo che gli imam si impegnino nel dialogo interreligioso e discutano questioni di fede nella nostra società”. Nancy Faeser, ministro degli Interni tedesco.

DİTİB forma anche laureati tedeschi in teologia islamica, ma la richiesta non è sufficiente per raggiungere l’obiettivo annuale di 100 imam formati in Germania. In Germania, gli studenti di teologia islamica sono prevalentemente donne e il DİTİB non accetta donne come imam. Secondo Eyüp Kalyon, segretario generale del DİTİB, la formazione degli imam turchi è ancora necessaria: “Per i prossimi anni e decenni prevediamo una domanda che non potremo soddisfare con i candidati del nostro programma di formazione proveniente dal Programma di studi islamici (UIP) e dal Centri di teologia islamica qui in Germania”.

DİTİB è la più grande organizzazione islamica in Germania con circa 900 comunità di moschee affiliate. È controllato e finanziato dalla Direzione turca degli affari religiosi, Diyanet. Diyanet invia in Germania per quattro o cinque anni degli imam, che sono dipendenti pubblici pagati dallo Stato turco e spesso hanno poca o nessuna conoscenza della lingua e della cultura tedesca. Questa pratica è criticata da anni, in quanto gli imam sono controllati direttamente dal governo turco. Ci sono state accuse di loro utilizzo per influenzare politicamente e spiare il governo tedesco dopo il tentativo di colpo di stato nel 2017, anche se ciò non è stato dimostrato.

Intanto l’opposizione in Turchia è sul piede di guerra. Il maggior partito di opposizione, il repubblicano CHP si è recato ad Hakkari, nella regione curda dell’Anatolia, per manifestare il suo sostegno al partito filocurdo e di sinistra radicale DEM. Il sindaco di Hakkari, eletto il 31 Marzo scorso, è stato defenestrato con l’accusa pretestuosa di sostegno al terrorismo e al suo posto è stato nominato un fiduciario.

Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, il “sultano mediatore” ha ricevuto un avvertimento molto duro dal nemico-amico russo Vladimir Putin. “Prendiamo atto che Ankara cerca prestiti, investimenti e sovvenzioni dalle istituzioni finanziarie occidentali. Riteniamo però che se ciò è dovuto alle minacce che subisce il governo turco dai paesi occidentali miranti a porre fine ai legami commerciali ed economici che Ankara intrattiene con la Russia, allora avvertiamo che per l’economia turca ci saranno più perdite che guadagni”.

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