Si sa da diversi anni che in Giappone nascono sempre meno bambini e bambine, mentre il numero delle persone anziane continua a salire. La tendenza i cui dati del 2023 sono stati resi noti in settimana, continua a mostrare una netta discesa delle nascite, e dunque preoccupazione per il futuro della seconda economia dell’Asia, la quarta del mondo, le sue città e la popolazione.

Dal ministero della Salute si apprende che il tasso di nascite per donna è sceso a 1.20, il più basso dal 1947 quando il governo ha cominciato a monitorare il tema, e la questione riguarda tutte le 47 prefetture del Giappone, con la capitale in testa a 0.99 nascite per persona, mentre Okinawa segna la percentuale più alta, con 1.60.

Il primo ministro Kishida Fumio promette da quando governa, di dare più aiuti economici alle coppie, di aumentare i posti negli asili, più permessi per accudire la prole, e altre misure finalizzate a migliorare quello che è un problema, ma allo stesso tempo e inevitabilmente, il sintomo di un profondo cambiamento sociale nella popolazione: sempre più urbanizzata, indaffarata, con salari bassi e prospettive di carriera nebulizzate da contratti part-time.

Durante una conferenza stampa di mercoledì si è continuato ad affrontare la questione in maniera parziale, con le parole del Segretario capo Gabinetto Hayashi Yoshimasa a rilanciare il solito schema: “La nostra ultima chance per cambiare la tendenza allo spopolamento, deve avvenire entro i prossimi sei anni prima del 2030, quando il numero dei giovani toccherà il suo minimo”, aggiungendo che il governo sta lavorando per aumentare gli stipendi alle giovani generazioni, e aiutare le famiglie con figli e figlie sotto i diciotto anni.

Una tra le molteplici cause che concorrono al minimo storico delle nascite è che un accresciuto numero di donne sceglie consapevolmente di non sposarsi o convivere, ed anche se sposate non desiderano procreare. Nonostante i cambiamenti avvenuti negli anni nella quotidianità e nella struttura delle famiglie (più indipendenza economica, possibilità di carriera, ecc.) alcune donne sentono ancora come troppo forte la pressione a conformarsi a un modello sociale tradizionale che le vorrebbe sposate e madri.

La realtà odierna mostra che nelle grandi metropoli (Tokyo in testa) la metà delle donne ventenni, e il 70% dei ragazzi della stessa età non vivono una situazione di coppia, e per i trentenni di entrambi i generi più del 45% non ha nessuna intenzione/desiderio di sposarsi e avere figli. Le donne sostengono che se si sposassero, aumenterebbe per loro il carico, ovvero “lavori di casa, allevare figlie e figlie e prendersi cura dei genitori anziani”. Mentre gli uomini affermano che non hanno desiderio di sposarsi perché i loro impieghi sono instabili e non guadagnano abbastanza per mantenere una famiglia.

C’è poi la questione del gap nei salari tra uomini e donne, che vede queste ultime guadagnare di meno a parità di inquadramento lavorativo, sono inoltre soggette a pratiche discriminatorie per esempio se rimangono incinte o raramente preferite agli uomini per avanzamento di carriera, e altre questioni di disparità di genere.

Questi sono i problemi da affrontare ed eventualmente risolvere, non basta promettere più assistenza economica, o come sta succedendo ora, addirittura delle app governative per aiutare a trovare un partner, per chi lo/la vorrebbe e non ci riesce a causa del poco tempo libero e alle conseguenti difficoltà a incontrare nuove persone, per dare inizio a delle relazioni. Pare che da questa estate il governo metropolitano di Tokyo lancerà AFP una nuova app di appuntamenti che negli intenti della burocrazia dovrebbe aiutare alla formazione di coppie e alla procreazione.

Cosa chiederà la AFP agli iscritti? Per iniziare sarà necessario presentare un documento che comprovi che gli iscritti siano realmente single, più una lettera in cui si afferma di avere intenzione di convolare a nozze, e non per ultimo servirà presentare la dichiarazione delle tasse che comprovi il reddito della persona. Inoltre, si chiederà un’intervista al potenziale iscritto/a per confermarne l’identità. Un funzionario governativo che sta seguendo il progetto afferma che l’app è stata pensata in quanto “circa il 70% di chi desidera sposarsi, di fatto non usa le app, né frequenta luoghi e locali in cui potrebbe incontrare un partner, ecco dunque l’idea di questa AFP”.

Sui social sono apparsi vari commenti su AFP, che variano dall’interesse al più sincero scetticismo circa l’efficacia del progetto, tra cui: “Onestamente è qualcosa che noi cittadini dovremmo finanziare con le tasse?” , “Quali funzionari di governo possono mai programmare idee così assurde?”. E ancora: “Dubito fortemente che le persone vorranno superare tutte le barriere richieste, documenti, certificazione delle tasse, un’intervista per confermare la propria identità”. Fino a: “Tipica modalità nipponica di super complicare le cose. Cosa succederà se dopo tre incontri non si sceglie un partner? Che fanno, ti buttano fuori?”.

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