di Riccardo Bellardini
Almeno il diritto di voto è salvo. Pensateci bene. In questo mondo non si salva più niente, il marasma inghiotte ogni cosa, l’impensabile solo qualche decennio fa è diventato normalità, l’inammissibile è divenuto ordinario, la denuncia dell’orrore evidente è divenuto bestemmia, i pilastri sono diventati colonne di sabbia che si reggono finché il vento non alza un poco la voce. Ma il diritto di voto, per cui qualcuno ha lottato e ha sacrificato la vita, è ancora lì, ancora vivo. Certo, non ovunque. Se sei un italiano in Belgio, potresti trovarti immerso in una fiumana umana che non scorre mai, e quindi a quel diritto finirai per rinunciarci. Pure se sei un italiano nel Regno Unito, per questioni burocratiche legate alla Brexit, il tuo diritto vacilla.
Ma insomma, in Italia ci si occupa sempre di miriadi di questioni, c’è un ponte sullo stretto da realizzare, c’è una giustizia che va resa più rispettosa della nostra lungimirante classe politica, per non parlare di molte altre incombenze. Insomma, dovevano pensarci prima a sistemare queste cose, ma son stati troppo impegnati, suvvia, non stiamo sempre a lamentarci. Almeno qui, sullo stivale, quel diritto, a meno di qualche intoppo, è garantito, è una certezza. E se un diritto c’è, bisogna preservarlo. Siamo in mezzo al tornado, ma almeno andiamo a votare.
Il Papa parla di frociaggine. Poi chiama il seminarista gay per dirgli che non deve sentirsi giudicato. Bè insomma Francè, se i mass media fossero un po’ più arguti, ti farebbero notare che sei un pelo incoerente, ma spesso il mainstream si adopera per salvare la faccia, e stavolta, con questa tenera storiella, ha salvato pure la tua.
Niente contro il Santo Padre, sia chiaro, il mio è un post dal tono assolutamente colloquiale, dato che ho visto che i toni colloquiali sono generalmente apprezzati.
Vannacci parla di identità di età, scimmiottando l’identità di genere, questione su cui i sociologi si sono dibattuti e continuano a dibattersi da decenni e si prepara a rappresentarci nel parlamento Ue. Giorgia Meloni accoglie festosamente un condannato per omicidio, un giornalista della televisione di stato lo intervista, e sorride insieme a lui quando costui rivela di aver ricevuto i complimenti da Schettino, uomo dai valori notoriamente limpidi. Salvini dice che se ogni politico indagato dovesse dimettersi si fermerebbe l’Italia, e quindi essere indagati è diventato come la scuola dell’obbligo per un politico: irrinunciabile, di fatti a Toti è stata riconfermata la fiducia, dopo quelle intercettazioni così intricate, dalle quali sarebbe stato assolutamente avventato dedurre reati o quantomeno comportamenti non opportuni per un uomo delle istituzioni.
Zelensky è dittatore in patria e ci esorta a combattere in nome della democrazia contro il dittatore Putin, convoca una conferenza di guerra chiamandola conferenza di pace, non invitando la Russia e meravigliandosi poi se i paesi legati a quest’ultima non sono disposti a parteciparvi. La Nato dice che non manderà personale occidentale sul campo di guerra ma il personale sul terreno pare che già ci sia. L’Italia scopre l’articolo 11 della Costituzione, ma continua a fornire caterve di armi all’Ucraina illudendosi di poter controllare il loro utilizzo, ingrassando le lobby guerrafondaie. La presidente della Commissione europea sfoggia uno spot elettorale che sembra montato dal sergente Hartman. Forza Italia per la sua campagna elettorale fa resuscitare i morti, ma pure la compagna Repubblica fa tornare in vita uno storico, per dirci che Israele non è un regime.
Degli influencer multimilionari sperimentano il Truman show mettendo la vita dei loro figli, dal primo vagito, alla mercé di milioni e milioni di occhi, e a sollevare dubbi etici non è la società tutta, ma solo una giornalista d’inchiesta non molto simpatica, e da queste parti non esser simpatici fa spesso rima col non essere credibili. Che caos. Ci si può fidare ancora di qualcuno? C’è un modo per scoprirlo: votare!