Mezz’ora per morire. La sequenza di quello che è accaduto una settimana fa nel letto del Natisone, trasformato dalla corrente in una trappola per tre ragazzi di origine rumena, viene ricostruita in tutti i fotogrammi dai magistrati della Procura di Udine, coordinati da Massimo Lia, e dai carabinieri del comando provinciale, diretti dal colonnello Orazio Ianniello. Sono impegnati a rispondere all’interrogativo che le immagini della tragedia continuano a riproporre in televisione e sulla rete: Patrizia Cormos (21 anni), Bianca Doros (23 anni) e Cristian Molnar (25 anni) avrebbero potuto essere salvati?
Gli investigatori stanno raccogliendo testimonianze, riprese filmate e documenti, per mettere in fila la sequenza dei fatti, con un’attenzione particolare ai tempi e alle modalità di soccorso. Martedì 11 giugno, ad esempio, verranno interrogati i due operai comunali che hanno cercato inutilmente di portare aiuto dalla riva, ma senza corde non hanno potuto far nulla che scambiare qualche frase con i tre ragazzi terrorizzati e ormai in balia dell’acqua.
Ore 13.25, c’è il sole. Massimo Macorig, autista dello scuolabus comunale, sta completando il suo servizio. Passa sul ponte Romano e scorge Patrizia, Bianca e Cristian nella “Premariacco Beach”, con la spiaggia di ghiaia. C’è il sole. Sono entrati senza difficoltà attraverso un sentiero, dove è segnalato il divieto di balneazione, non di transito.
Ore 13.29, la prima chiamata di Patrizia. Alle 13.29 e 57 secondi dal cellulare di Patrizia parte la prima chiamata (in totale saranno quattro) diretta al numero unico per le emergenze. Spiega la situazione, dice che la corrente è forte, sono in tre e non sanno come uscire dal fiume. Pochi attimi dopo c’è una seconda chiamata, ma senza risposta. Si deve capire perché non è andata a buon fine, ma tutto è registrato nei tabulati, comprese le voci di chi chiede e chi deve coordinare i soccorsi.
Ore 13.35, l’allarme dell’autista. Terminato il servizio, l’autista dello scuolabus torna per la stessa strada e si accorge dei tre giovani. Capisce che sono in difficoltà. Allora telefona anche lui al Numero Unico, che però si è già attivato. Saranno molte altre le chiamate di testimoni preoccupati per quello che stavano vedendo dal ponte.
Ore 13.36, la terza telefonata. Alle 13.36 viene registrata la terza chiamata di Patrizia, mentre il livello dell’acqua sale ancora. La portata del Natisone era di 8,5 metri cubi al secondo alle 9 della mattina del 31 maggio, mentre alle 14 raggiungerà i 240 metri al secondo. I ragazzi sono terrorizzati, mentre si sono spostati sulla parte più elevata dell’isolotto che si sta rimpicciolendo. Non sono riusciti a guadare il braccio di fiume sulla destra, ovvero dalla parte da dove sono arrivati. A sinistra non c’è via di fuga, perché lì scorre il corso del Natisone, con tutta la sua imprevedibile forza.
Cristian ha anche cercato di farlo, ma poi si è fermato ed è tornato indietro. I tre ricevono rassicurazioni sui soccorsi che stanno per arrivare. In un primo tempo vengono attivati i vigili del fuoco di Udine che si muovono via terra, poi i loro colleghi di Venezia, che hanno in dotazione un elicottero con il verricello per interventi dall’alto. In terza battuta si alza in volo l’elisoccorso con personale del Soccorso Alpino.
Ore 13.45, arrivano i pompieri. “Fra le 13.45 e le 13.50 arrivano i pompieri da terra, spiega il sindaco Michele De Sabata. Sono loro che dal ponte Romano muovono la scala diretta verso il fiume”. Il tentativo va però a vuoto, viene lanciata una corda, che non viene afferrata. “Per fare interventi di questo tipo occorre anche capacità di ragionamento, spiega Renato Chittaro, coordinatore regionale dei vigili del fuoco aderenti alla Fp Cgi. Ad esempio, pensiamo alla questione dell’autoscala, che deve arrivare da Udine a Premariacco. Ci vogliono 15 minuti, devi posizionarla, la stessa ha dei limiti di sviluppo, quante persone caricare sul cestello? Devi decidere tutto in pochissimi secondi”.
Un vigile del fuoco si getta in acqua. Nel frattempo un altro pompiere compie un tentativo estremo. Lo racconta Giorgio Basile, comandante dei vigili del fuoco di Udine: “Un collega è andato giù direttamente in acqua nel tentativo di recuperare qualcuno. Si tratta di un uomo particolarmente esperto e fisicamente preparato. È stato bravo, non solo per l’azione, ma anche perché ad un certo punto ha avuto la lucidità di capire che non si poteva andare oltre. Anche per noi, infatti, c’è una linea rossa da non superare, anzi, spesso è una ‘fascia rossa’”. La forza della corrente è tale che il tentativo di nuotare non gli consente di avvicinarsi. È proprio quel vigile, assicurato ad una corda tenuta da altri pompieri, che urla ai tre ragazzi di tenersi stretti in un abbraccio, per tentare di tener testa alla corrente,
Ci provano anche due operai comunali. Dalla riva hanno tentato l’impossibile anche due operai che lavorano con contratto a tempo a ripulire gli argini per conto del Comune. Uno ha i calzoni gialli, il secondo arancioni. Si sono accorti di quanto stava accadendo, quando l’isolotto c’era ancora. Sono arrivati più vicini all’acqua, probabilmente hanno scambiato qualche frase con i ragazzi, ma non hanno potuto fare nulla, anche perché non avevano una corda da lanciare ai malcapitati. I carabinieri li interrogheranno la prossima settimana.
Ore 13.48. I tre amici sono ormai disperati. Sono trascorsi 20 minuti da quando hanno chiesto aiuto. È l’ultima chiamata che parte dal loro cellulare, sono allo stremo, non hanno più nessuna via di scampo. L’iPhone sarà recuperato, ancora acceso dentro la sua borsetta, rimasto incastrato fra le rocce vicino all’argine. Sarà analizzato il traffico concitato nell’ultima mezz’ora di vita di Patrizia (che con la sua amica Bianca è già stata portata in Romania per il funerale). “Per setacciare il telefonino non nomineremo dei periti – ha spiegato il procuratore Massimo Lia – ma ci siamo affidati al nostro laboratorio informatico”. Si cercano fotografie ed eventuali filmati girati quando i tre amici hanno capito che la situazione stava precipitando.
Ore 14, la tragedia si è compiuta. Tanti video e fotografie raccontano la morte in diretta. C’è l’immagine dei ragazzi, ignari, sull’isolotto. Quella in cui cercano di capire se possono saltare sull’argine, quando la corrente si sta ingrossando. Quella che mostra l’autoscala dei pompieri protesta dal ponte Romano. E c’è la foto dei due operai sulla riva. Poi quella del pompiere che nuota disperatamente, fino a desistere. Infine, l’immagine simbolo di questa tragedia, i tre ragazzi abbracciati, pochi attimi prima di essere strappati dalla corrente.
Un minuto dopo arriva l’elicottero. “Io non c’ero, ma i miei concittadini mi hanno raccontato che poco dopo le 14 i tre ragazzi sono stati portati via dal fiume. E che un minuto dopo è apparso in cielo l’elicottero” racconta il sindaco De Sabata, che da una settimana non si allontana dal Natisone, nella speranza che recuperino anche il corpo di Cristian. “Prima portiamolo a casa, poi farò una proposta per ricordare quell’abbraccio, sarà una scelta dei cittadini, non del sindaco”. Una statua, per non dimenticare il dolore e la potenza devastante della natura, che può rendere uomini e donne piccoli e indifesi.