Potrebbe Maserati finire sotto l’ombrello della Ferrari? I primi rumors su una possibile acquisizione del brand del Tridente da parte del Cavallino Rampante erano iniziati a circolare a inizio febbraio scorso, mai smentiti dalle aziende direttamente interessate, incluso il gruppo Stellantis a cui fa capo la Maserati. A distanza di qualche mese, l’ipotesi che Maserati possa essere ceduta al brand di Maranello – Exor, la holding di proprietà degli Agnelli/Elkann, ne detiene il 24% e possiede pure il 14,9% di Stellantis – sembra tornare a prendere corpo. Difficile nondimeno stimare condizioni e tempistiche del “deal” allo stato attuale delle informazioni disponibili.
Tuttavia, l’idea di un “Polo del Lusso” automobilistico in cui far confluire i due marchi sopracitati non è affatto nuova alle cronache: il concetto era stato teorizzato più di un decennio fa pure dal compianto Sergio Marchionne, all’epoca al vertice di FCA. Dopo averlo rilevato, il manager italocanadese provò a rivitalizzare lo stabilimento di Grugliasco – impianto intitolato all’Avvocato Gianni Agnelli – affinché risollevasse le sorti della Maserati e quelle dell’indotto torinese. L’intento era di produrre decine di migliaia di veicoli e fare concorrenza ad aziende come Porsche. Un piano purtroppo naufragato: recentemente, lo stabilimento in questione è stato messo in vendita e gli affari della Maserati languono.
Nonostante l’arrivo di nuovi modelli – il suv Grecale in primis, che nel 2023 ha rappresentato il 53% delle 26.700 unità consegnate – le vendite del marchio sono asfittiche: a partire da ottobre 2022, la produzione è stata in costante calo ed è passata dalle 9.100 unità assemblate del quarto trimestre 2022 alle 3.300 unità del primo trimestre 2024 (nel primo quarto del 2023 la produzione ammontavano a 8.400 pezzi). Un calo che Maserati attribuisce ai minori livelli produttivi di Grecale e al pensionamento senza rimpiazzi di Levante, Ghibli e Quattroporte.
Altro segnale preoccupante – ma che potrebbe essere considerato come un ulteriore indizio dell’avvicinamento di Maserati a Ferrari – è il rapido smantellamento delle attività dell’Innovation Lab, il centro modenese di ricerca e sviluppo dove sono nate le ultime Maserati: i suoi 400 tecnici saranno trasferiti alla sede Maserati di via Ciro Menotti. Alberto Zanetti, segretario della Uilm Modena e Reggio Emilia, sostiene che la chiusura dell’Innovation Lab sollevi dubbi sull’impegno di Stellantis per il futuro del Tridente: la progressiva riduzione dell’organico, da 800 a 400 ingegneri, nonché i 173 licenziamenti volontari già concordati, non sono certo un segnale rassicurante in questo senso. A meno che, appunto, il piano ultimo non sia di far confluire il brand sotto Ferrari, da cui il Tridente deriverebbe le tecnologie.
A marzo 2023 era stato il Ceo di Maserati, Davide Grasso, a indicare come possibile l’ipotesi di uno spin-off di Maserati da Stellantis, ma a una condizione: far salire il margine operativo dell’azienda al 15% entro marzo 2024 e al 20% entro fine decennio. Marginalità che attualmente, però, appaiono lontanissime (ammontavano all’8.7% nel 2022 e al 6% lo scorso anno). Tuttavia, la condicio sine qua non indicata da Grasso (il margine al 20%), potrebbe essere stata rivista e “armonizzata” con la realtà dei fatti: in altre parole, Stellantis potrebbe accettare di buon grado la cessione del marchio Maserati a Ferrari pur di non farlo diventare un aggravio sui conti del gruppo automobilistico nato dalla fusione di FCA e PSA. Non solo, tutte le proiezioni industriali prodotte negli anni da Stellantis tenevano conto del contributo alle attività dato dalla Maserati, lo stesso che però non si è effettivamente avverato: un elemento poco gradevole da spiegare agli azionisti, che su tali proiezioni avevano presumibilmente contato. Cedere un marchio che non “performa” come dovrebbe, quindi, potrebbe essere una buona exit strategy per Stellantis.
Già, ma che interesse dovrebbe avere Ferrari (leggasi Exor), che è un “bolide da soldi” (il Cavallino ha chiuso il 2023 con un utile netto pari a 1,257 miliardi, in crescita del 34% sul 2022. Il margine annuale dell’ebitda è salito al 38,2%, con ricavi netti pari a 5,97 miliardi, il 17,2% in più dell’anno precedente), nel mettersi in casa un brand come Maserati? Allo stato attuale delle cose, non se ne intravede nessuno. Tuttavia, osservando Maserati in prospettiva, il Tridente potrebbe diventare un marchio comprimario a Ferrari, basato sugli stessi principi operativi: produzione limitata e marginalità molto spinta. È lecito supporre, allora, che Exor possa interpretare il concetto di “Polo del Lusso” in maniera assai differente da come lo interpretava Sergio Marchionne, che auspicava una Maserati da 100 mila auto prodotte annualmente: il Tridente by Ferrari (cioè by Exor), di contro, giocherebbe tutto su desiderabilità ed esclusività. Un binomio super collaudato dalle parti di Maranello.
Maserati diverrebbe una sorta di “seconda linea” della Ferrari, magari da 15/20 mila vetture l’anno, costruite sfruttando meccaniche e tecnologie già presenti nella gamma Ferrari, salutando per sempre le parentele tecniche con Stellantis (che sono tornate utili, ad esempio, per costruire la Grecale, basata sulla base dell’Alfa Romeo Stelvio e con cui condivide pure le linee di assemblaggio di Cassino). Del resto, a Maranello c’è davvero tutto il necessario per dare vita a una gamma completa: dalle piattaforme di vetture granturismo come la Roma, a quelle di Suv ad alte prestazioni come la Purosangue, passando per berlinette a motore centrale come la 296 GTB. Inoltre, la futura tecnologia elettrica di Ferrari potrebbe essere ben scalata (e quindi meglio ammortizzata in termini di break-even sugli investimenti in R&D) sulle auto Maserati. Naturalmente, design, messa a punto e prezzo delle vetture Maserati sarebbero tenuti a debita distanza dalle Rosse.
Fanta-industria? Può darsi. Ma non bisogna neppure dimenticare che il binomio Cavallino-Tridente non è certamente una novità assoluta: dalla Quattroporte del 2003 alla superlativa MC12 (costruita su base Ferrari Enzo) alla fornitura di motori V8, in passato – specie nell’epoca Luca Cordero di Montezemolo – sono stati molti i punti di contatto fra le due aziende. Nelle attività dell’ipotetica Maserati by Ferrari, poi, potrebbero esserci persino sbocchi nel campo dei parchi tematici, dei musei motoristici, della moda o della ristorazione di alto livello: tutti business in cui il Cavallino, nell’ottica della diversificazione dei sui affari, ha già maturato una certa esperienza e che garantiscono una quota di fatturato da non sottovalutare.