“Ma hanno assolto Elvis? Fantastico dajee”. Nella chat Paolo Signorelli esulta in romanesco. “Siii”, replica all’altro capo del telefono Fabrizio Piscitelli. “Dio” l’aveva svangata nel dicembre 2018 per l’assassinio di “Federichetto” De Meo, freddato con cinque colpi di pistola piazzati tra testa e torace il 24 settembre 2013. Giancarlo Orsini, killer a contratto di lungo corso, aveva confessato l’omicidio e indicato il mandante in Elvis Demce, albanese di nascita ma romano fino nell’intercalare, che togliendo di mezzo il 37enne di Velletri “intendeva rafforzare il suo predominio sulla piazza di spaccio”. L’accusa aveva retto in primo grado, ma in appello era arrivata l’assoluzione. E nelle chat pubblicate da Repubblica il portavoce del ministro Francesco Lollobrigida festeggiava l’evento al telefono con “Diabolik“, il neofascista leader degli Irriducibili della Lazio che sarebbe a sua volta stato ammazzato a colpi d’arma da fuoco il 7 agosto 2019 a Roma su una panchina del parco degli Acquedotti.
“Dio”, “Cesare”, “Spartaco”, si fa chiamare nelle chat in codice usate per eludere le intercettazioni. Partito da Velletri, nelle parole di un sodale “si vuole prende Roma” dalla piazza di Ponte Milvio, cuore della movida bene della Capitale, territorio che era stato di Diabolik. Cresciuto all’ombra di quest’ultimo, Demce ne aveva seguito le orme fino a puntare a prenderne il posto dopo la sua morte. L’ascesa, fulminante, esplode un anno dopo, nel 2020. Se quell’estate ordina 100 chili di hashish, tre mesi dopo arriva a comprarne oltre una tonnellata. “Quattro chili li vendi a mare, tre a Roma nord, otto a Tor Sapienza…”, ordina ai sottoposti. Sempre quell’anno – nell’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Roma su Daniele Muscariello, produttore accusato di riciclare i soldi dei clan nel cinema, – le microspie piazzate sul terrazzo dell’abitazione in cui era ai domiciliari confermavano “l’elevato profilo criminale di Demce Elvis che emergeva quale capo di un gruppo criminale pienamente operativo teso a realizzare rapidamente, attraverso il rifornimento di ingenti quantitativi di stupefacenti e il recupero crediti con modalità violente, la liquidità necessaria per consolidare la forza criminale dell’organizzazione”.
Organizzazione che secondo i magistrati ha rapporti con la camorra. Con le stesse cimici “venivano intercettate una serie di conversazioni intervenute con Muscariello Daniele (e con altri appartenenti all’organizzazione del Demce che a quest’ultimo facevano riferimento) che consentivano di accertare lo stretto collegamento tra lo stesso Muscariello e il clan camorristico D’Amico-Mazzarella operante nella città di Napoli e in particolare nella zona di San Giovanni a Teduccio”. Che sceglie Demce per un lavoro particolare: il sequestro di persona a scopo di estorsione di un imprenditore, “colpevole di non aver versato una tangente relativa all’acquisizione di un appalto nel comune dell’Aquila, ottenuta grazie all’interessamento del clan D’Amico”. E “Cesare” accetta perché l’operazione, annota il giudice per le indagini preliminari, “oltre alla certezza di ricevere un ingente ritorno economico, gli avrebbe consentito anche di riappropriarsi della gestione delle piazze di spaccio operanti nella città di Velletri, da lui controllate fino al giorno del suo arresto” e finite nelle mani del rivale Ermal Arapaj, detto “Ufo”.
Profilo basso e tentacoli ovunque, il credo dell’albanese divenuto re di Roma. “D’emo fa vita da narcos riservati, schivi”, dice intercettato a un sodale, “io pranzi e cene me li faccio fori Roma, a Roma devo esse un fantasma“. Fino al luglio 2022, quando viene arrestato per il tentato omicidio di Alessio Marzani, 45enne ferito a pistolettate il 22 ottobre 2020 ad Acilia, insieme ad Alessandro Corvesi, ex calciatore professionista, e Matteo Costacurta, conosciuto come il “Principe” per le origini nobili. Per quei fatti l’11 gennaio 2024 il tribunale di piazzale Clodio lo ha condannato a 18 anni e mezzo di carcere.