I corpi di undici migranti sono stati avvistati ieri al largo della Libia dall’aereo Seabird, della ong Seawatch, e sono stati poi recuperati dalla nave Geo Barents di Medici senza frontiere (foto Frederic Seguin/MSF), già in zona dopo aver soccorso due imbarcazioni e ora diretta al porto assegnato di Genova, a più di 600 miglia nautiche dal luogo dell’intervento, con a bordo 165 presone. Mentre i cadaveri, dopo nuove disposizioni del Viminale, sono stati trasbordati su una motovedetta della guardia costiera per essere portati a Lampedusa, dove le dimensioni di Geo Barents non consentivano l’attracco. Visti i limiti della piccola camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana, la scelta ha innescato le proteste del sindaco delle Pelagie, Filippo Mannino, poi giunto al molo Favaloro con la fascia tricolore per accogliere le salme e ospitarle per il momento nei locali dell’Area marina protetta. Una decisione sbagliata, questa del Viminale su Lampedusa, anche per il procuratore di Agrigento, Giovanni Di Leo, che parla di “plurime criticità di ordine normativo, umanitario e costituzionale”. Le autorità hanno invece confermato il trasferimento a Porto Empedocle solo in un secondo momento, tra stasera e domattina. Per la sepoltura la prefettura di Agrigento ha incontrato la disponibilità dei sindaci dell’agrigentino e, se necessario, saranno interessate anche Caltanissetta ed Enna.
Intanto oggi, sabato 8 giugno, Seabird ha avvistato un altro corpo (foto) nello stesso tratto di mare. “Non sappiamo se tutte le salme recuperate da Geo Barents siano quelle che avevamo segnalato ieri. Ci troviamo con ogni probabilità di fronte a un grave naufragio“, ha dichiarato Sea Watch. Nelle ultime ore, a riportare il recupero di un cadavere è stata la nave Ocean Viking della ong Sos Mediterranee, sempre nello stesso tratto. “L’Ue – osserva l’ong dai suoi social – deve smettere di finanziare Paesi come la #Libia che non gestiscono la propria zona Sar e violano i diritti umani”. La nave aveva soccorso 64 persone, in parte avvistate dallo stesso ponte della nave e dirige ora verso il porto assegnato di Marina di Carrara, a mille km di distanza. “Assegnando porti lontani, le autorità italiane stanno svuotando il Mediterraneo di mezzi di soccorso vitali sulla rotta migratoria più mortale al mondo, facendo sì che questa tragedia continui”, denuncia la ong.
Quanto ai primi 11 corpi, come spiegato ieri sui social, Seawatch aveva “provato a contattare una motovedetta libica, in inglese e in arabo via radio, affinché li recuperasse, ma senza ottenere alcuna risposta”. “Per loro e per l’Ue queste persone non valgono nulla neanche da morte”, il commento. Già nell’area per altri soccorsi effettuati nella notte, è intervenuta così la Geo Barents di Msf. “Si tratta di corpi già in alto stato di decomposizione, probabilmente in mare da giorni e vittime di un naufragio di cui probabilmente non sapremo nulla. Tra i cadaveri recuperati ci sono anche quelli di alcune donne”, ha spiegato Fulvia Conte, coordinatrice dei soccorsi di Msf a bordo. “Nel frattempo il nostro team ha avvistato un’altra imbarcazione con 20 persone, che le squadre sono riuscite a salvare in sicurezza”.
1 /16 Dead bodies retrievals – Rotation 58
Credits foto: Frederic Seguin/MSF.
Come ha raccontato Juan Matias Gil, capomissione di Msf, la Geo Barents aveva soccorso una barca in vetroresina e un gommone, la prima con 37 persone, il secondo con 109. “Visto che l’aereo della Sea Watch aveva avvistato dei corpi che galleggiavano non molto lontano dalla nostra ubicazione – ha spiegato Gil – la Guardia costiera italiana ci ha permesso di andare a recuperarli”. Quanto alla destinazione, “ci era stato assegnato il porto di Civitavecchia, ma due ore dopo ci mandano una comunicazione del cambiamento che impone di dirigerci a Genova, più di 600 miglia nautiche, mille chilometri, dal posto di soccorso”. Motivo? “L’unico valido sarebbero le condizioni meteo, ma non è questo il caso”, risponde Gil al Fatto, negando ragioni valide. “Che ci fossero a bordo morti e persone traumatizzate evidentemente non era abbastanza”, ha commentato. L’arrivo a Civitavecchia era previsto per domenica sera, a mezzanotte. “A Genova prevediamo invece di arrivare martedì 11 giugno verso le 8.00 del mattino”. Per Msf si assiste “ancora una volta al risultato delle devastanti e sanguinose politiche europee in materia di migrazione e di mancata assistenza alle persone che attraversano il Mediterraneo”
Il procuratore di Agrigento Di Leo ha invece evidenziato in una nota “le plurime criticità di ordine normativo, umanitario e costituzionale sul soccorso in mare” in relazione al trasferimento delle salme a Lampedusa. “Alla nave Ong – osserva Di Leo – è stato assegnato il porto di Genova. Alla Procura di Agrigento, per i fatti commessi in acque internazionali finirebbe in questo modo per essere attribuita la giurisdizione sul caso, in relazione alla destinazione delle salme recuperate in mare aperto che, in quanto vittime del reato di favoreggiamento di immigrazione clandestina, realizzerebbero i presupposti per l’attribuzione del caso”. Di Leo evidenzia tuttavia che “ogni accertamento sul caso dovrebbe tuttavia attendere l’arrivo a Genova di tutte le persone informate (equipaggio, persone salvate ecc.), ed essere svolto ovviamente con delega a quella Autorità giudiziaria o alle forze di polizia. Allo stesso modo, la Procura di Genova, qualora volesse ritenere la propria competenza sul caso, dovrebbe svolgere gli accertamenti urgenti sulle salme sbarcate a Lampedusa, avviandoli dopo diversi giorni dal loro trasferimento a terra, e verosimile tumulazione”. Di Leo, come lo stesso sindaco Mannino, ha sottolineato che “l’isola di Lampedusa non è attrezzata per la conservazione di un così alto numero di cadaveri. Pertanto non si comprende la scelta di farli sbarcare a Lampedusa anziché, ad esempio a Porto Empedocle, dove l’attracco della nave eviterebbe un trasbordo in mare”. Infine: “L’applicazione della legge penale, gli accertamenti previsti dal codice di procedura come obbligatori, la determinazione stessa della giurisdizione e della stessa competenza penale – conclude il Procuratore – non può, secondo Costituzione, essere rimessa a decisioni discrezionali dell’Autorità politico-amministrativa, ma soltanto alla legge stessa”.