“Serena Bortone doveva essere licenziata per quello che ha fatto”. Alla festa del Foglio a Venezia, l’amministratore delegato della Rai Roberto Sergio si scaglia ancora contro la conduttrice di Chesarà…, sottoposta a procedimento disciplinare dall’azienda per le sue critiche pubbliche sul caso Scurati. Bortone, infatti, aveva denunciato con un post sui social l’annullamento “senza spiegazioni plausibili” del contratto dello scrittore Antonio Scurati, che avrebbe dovuto leggere nella sua trasmissione un monologo sul 25 aprile piuttosto critico nei confronti del governo Meloni. “L’11 di questo mese rappresenterà le sue tesi e valuteremo, ma certamente a nessun dipendente di nessuna azienda sarebbe consentito di dire cose contro l’azienda in cui lavora. Lei questo ha fatto e non è stata punita“, attacca Sergio, nominato al vertice del servizio pubblico dall’attuale esecutivo.
“Bortone ribalta la verità” – Sulla vicenda, la Rai e il centrodestra hanno sempre sostenuto che il motivo dell’annullamento fosse la pretesa economica eccessiva del conduttore (1.800 euro). La stessa premier Giorgia Meloni ha rilanciato questa versione, pubblicando il testo del monologo sui suoi social. “Credo che alcune persone abbiano una straordinaria capacità di ribaltare la verità e di diventare vittime nello stesso tempo e poi eroi del Paese e del sistema. Ho mandato un WhatsApp a Serena Bortone dove la invitavo a mandare in onda il monologo di Scurati. Nessuno avrebbe impedito quel monologo. Nella scaletta del programma c’era scritto, inoltre, “ospite a titolo gratuito“”, afferma Sergio. Lo scrittore ha scelto di non andare solo perché “non veniva pagato”.
Scurati: “Smentisco di non aver partecipato perché non venivo pagato” – In serata Scurati è intervenuto per “smentire categoricamente l’affermazione dell’ad della Rai secondo la quale io non avrei partecipato al programma di Serena Bortone perché ‘non venivo pagato’: è semplicemente falsa. Ed è l’ennesima affermazione denigratoria nei miei confronti. A me nessuno ha mai proposto di partecipare gratuitamente. Lo sfido a fornire prova del contrario”. “Devo”, continua lo scrittore, “difendere – qui ed eventualmente nelle sedi legali opportune – la mia reputazione. Ribadisco perciò che il programma di Rai3 Chesarà mi ha commissionato con un mese circa di anticipo un monologo assicurandomi che avevo piena libertà su forma e contenuti. L’accordo economico, perfettamente in linea con quello degli scrittori che mi avevano preceduto, era già chiuso da diversi giorni, i biglietti ferroviari e la prenotazione alberghiera mi erano già stati inviati dagli uffici Rai (io questo posso dimostrarlo). Soltanto allora, la mattina stessa della mia partecipazione, dopo che avevo inviato il testo del mio intervento – con il quale, è fondamentale ricordarlo, sollevavo delle questioni imbarazzanti per il capo del governo – quando avevo già le valigie pronte, mi è stato comunicato che il mio contratto era cancellato” aggiunge il Premio Strega. “Non tollero più che mi si calunni accusandomi di venialità per sviare l’attenzione dalla vera questione. Soprattutto da parte dei vertici di un’azienda, la Rai, che elargisce a un influencer e rapper di dubbia moralità svariate decine di migliaia di euro per rilasciare interviste sul suo matrimonio. Il compenso che la Rai aveva pattuito con l’agenzia che mi rappresenta non ricompensava soltanto un breve testo originale ma le 2000 pagine da me scritte sull’argomento fascismo in quattro corposi volumi, tradotti, letti ed elogiati in tutto il mondo”.
“TeleMeloni? Piuttosto Teleopposizioni” – Ora è il futuro in Rai di Bortone a essere a rischio: secondo plurimi retroscena, la trasmissione della conduttrice potrebbe essere cancellata o ridimensionata dai palinsesti della prossima stagione. Su questo Sergio elude la domanda: “I palinsesti verranno presentati al vertice aziendale il venerdì della prossima settimana. Ad oggi nessuno di noi è a conoscenza di quello che ci porteranno i direttori di genere. Quindi è una notizia che non esiste in questo momento”, dice. E respinge le accuse di partigianeria nei confronti del governo (contro cui, lo scorso 6 maggio, hanno scioperato i giornalisti del servizio pubblico): “TeleMeloni? Piuttosto la chiamerei Teleopposizioni. Mai come nella mia gestione c’è stato un equilibrio correttissimo. Anzi, è prevalente l’opposizione, molto di meno il governo e più o meno equilibrata la maggioranza”.
La “staffetta” con Rossi – L’ad conferma il “patto della staffetta” tra lui e il direttore generale Giampaolo Rossi, che scambieranno le cariche dopo le Europee – al termine del mandato di Sergio – su indicazione della premier, che voleva garantire a Rossi un intero triennio alla guida dell’azienda. “Un anno fa mi è stato chiesto di completare il mandato di tre anni” dopo le dimissioni di Carlo Fuortes, nominato dal governo Draghi. “Io ho accettato e ho nominato come dg Giampaolo Rossi, che stimavo e continuo a stimare. Ora lui sarà il prossimo amministratore delegato e io sarò il prossimo dg. Non c’è nessun problema”. Poi nega che in Rai ci sia stato qualcosa di simile a un’epurazione, nonostante gli addii di due importanti conduttori di orientamento progressista come Lucia Annunziata – ora in corsa alle Europee con il Pd – e Fabio Fazio: “Lucia Annunziata era candidata già all’epoca, quando decise di andarsene, era chiaro che il suo obiettivo era quello. Si può dire che le polemiche dell’epoca erano strumentali. Volevano sostenere che era arrivato l’epuratore, ma non è vero. Ognuno di quelli che è andato via lo ha fatto per scelta personale, economica o politica. Nessuno è stato mandato via”.
Le critiche di Fnsi e Usigrai – Critiche le associazioni di rappresentanza dei giornalisti: “Serena Bortone “doveva essere licenziata”? E quindi l’ad della Rai rivendica per sé il ruolo di novello re che concede la grazia ai sudditi? Qualcuno lo informi che dall’Illuminismo in poi i processi sono fondati su valori democratici e di piena garanzia per gli accusati”, scrive su Twitter il presidente della Fnsi (il sindacato unitario della stampa italiana) Vittorio Di Trapani. “Quindi, per l’ad della Rai”, prosegue, “nessuna sanzione va data a chi cancella la partecipazione sul 25 aprile di un premio Strega come Antonio Scurati, mentre merita il licenziamento chi denuncia quella cancellazione. Siamo ormai al ribaltamento di realtà e valori“. E sulla “staffetta” annunciata con Rossi incalza: “L’ad attuale della Rai annuncia il prossimo ad, e anche il dg. Questo è il rispetto che ha per il ruolo del Consiglio d’amministrazione (a cui spetta ratificare le nomine, ndr). In sostanza li ritiene passacarte degli ordini governativi”. In una nota l’Usigrai, il maggiore sindacato dei giornalisti Rai, fa sapere di ritenere “inaccettabili e gravissime” le parole di Sergio: “Arrivare a ipotizzare pubblicamente il licenziamento di una dipendente mentre è in corso un procedimento disciplinare ha il sapore della minaccia. È inoltre rappresentativo del clima di onnipotenza di questo vertice aziendale annunciare, come se nulla fosse, il nome del prossimo Ad. Ci chiediamo se al Parlamento e ai prossimi componenti del Cda stia bene essere esautorati del loro ruolo”.
Verducci (Pd): “Censura e intimidazione” – Ad attaccare Sergio per le sue uscite è anche Francesco Verducci, senatore Pd e membro della Commissione parlamentare di Vigilanza: “Le frasi dell’ad contro la giornalista Serena Bortone sono semplicemente vergognose. È l’arroganza di un potere che è diventato censura e intimidazione“, scrive in una nota. “Di Roberto Sergio, peraltro, ricordiamo perfettamente le uscite social contro l’azienda Rai ai tempi di un Sanremo. e in altro contesto contro il suo collega direttore Andrea Vianello. Quindi evidentemente per lui vale tutto. Altri invece vanno licenziati. In realtà è evidente il tentativo di Sergio di coprire la censura contro Scurati. Nessuno ha ancora dato una risposta valida sul perchè il contratto di Scurati venne annullato una volta che i vertici vennero a conoscenza dei contenuti del monologo. Ed è chiaro il tentativo di preparare il terreno all’epurazione di Serena Bortone, rea di autonomia e pluralismo. Sergio attacca una giornalista che ha agito nell’interesse della credibilità e dell’autonomia del servizio pubblico, prerogative che evidentemente gli danno fastidio”.