La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Roma che ha dato ragione a Ernesto Carbone nella causa civile contro la Sin spa, società controllata dall’Agea (l’agenzia statale per le erogazioni all’agricoltura), di cui l’ex deputato renziano del Pd, ora consigliere laico del Csm in quota Italia viva, è stato amministratore delegato tra il 2012 e il 2013. La società lo aveva citato in Tribunale con un’azione di responsabilità, contestandogli oltre 23mila euro di spese personali per ristoranti, viaggi e noleggi auto effettuate con la carta di credito aziendale e considerate “difficilmente riconducibili agli scopi sociali”. Già in primo grado, però, i giudici avevano negato l’esistenza del danno in quanto le spese contestate a Carbone erano state rimborsate da Agea, socio pubblico di maggioranza, non causando quindi alcun ammanco al patrimonio della società.

La sentenza è stata confermata nel 2019 e ora resa definitiva dalla Suprema Corte, che con sentenza depositata il 7 giugno ha respinto il ricorso della Sin. L’impugnazione della società, si legge nel provvedimento, “non si confronta adeguatamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata, chiaramente identificabile nell’accertata assenza di effetti dannosi nel patrimonio di Sin come conseguenza del comportamento del suo presidente e amministratore delegato, siccome gli ammanchi patrimoniali, pari alle spese sostenute da quest’ultimo per scopi estranei all’oggetto sociale, erano stati neutralizzati dal rimborso effettuato da Agea, per cui non sussisteva alcun danno per Sin”. E anche se in astratto Agea avrebbe il diritto di chiedere indietro quanto versato, la Corte d’Appello ha escluso che questo possa avvenire “sulla base della mancata richiesta di rimborso o contestazione dei rendiconti delle spese in questione”.

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