Erano stati tutti rapiti durante il Nova festival – teatro del più sanguinoso massacro di Hamas durante l’offensiva del 7 ottobre – gli ostaggi israeliani liberati nel corso di un’operazione delle forze di difesa israeliane (Idf) e dello Shin Bet, l’intelligence dello Stato ebraico, nel centro della Striscia di Gaza. Il volto più noto è quello di Noa Argamani, 26 anni, di Beer Sheva: la scena della giovane strappata al fidanzato e portata via su una motocicletta, mentre supplicava i miliziani di non ucciderla, aveva colpito il mondo intero. Appassionata di yoga e arte, frequentava il secondo anno del corso di Gestione dei sistemi informatici all’università Ben-Gurion del Negev; il suo compagno, Avinatan Or, è ancora prigioniero del gruppo islamista. La madre, Loira Argamani, affetta da un cancro incurabile al cervello, aveva implorato più volte di poter vedere la figlia prima di morire. Noa era ricomparsa il 14 gennaio in un video propagandistico pubblicato da Hamas: in una prima scena, insieme ad altri due ostaggi, chiedeva al governo israeliano di riportarli a casa, mentre un secondo spezzone la vedeva – questa volta da sola – raccontare che gli altri due erano stati uccisi in attacchi dell’esercito israeliano. La sua voce è stata nuovamente registrata in un video, datato 31 maggio, che la famiglia ha però chiesto di non divulgare.
Almog Meir Jan, invece, è un 22enne originario di Or Yehuda: aveva finito il servizio militare tre mesi prima del 7 ottobre, e il giorno dopo il rapimento avrebbe dovuto iniziare un lavoro in una grande azienda di alta tecnologia. I suoi familiari lo descrivono come “un figlio amato, che entra in contatto con tutti grazie al suo ampio e caloroso sorriso. È sempre educato e disponibile con tutti, amato ovunque vada”. Andrey Kozlov, 27enne di origine russa residente a Rishon LeZion, lavorava al festival Nova come guardia della sicurezza: era arrivato in Israele da appena un anno e mezzo, senza la sua famiglia. Il consolato israeliano a San Pietroburgo si è subito messo in contatto con i suoi genitori per assisterli nel viaggio verso Tel Aviv, dove arriveranno domani mattina. Anche Shlomi Ziv, 41 anni, del moshav (comunità agricola cooperativa) di Elkosh, lavorava per la sicurezza dell’evento musicale: si trovava lì con Aviv Eliyahu, parente della moglie Miren, e con un suo amico, Jake Marlowe, entrambi uccisi. Shlomi e la moglie vivono a Elkosh da circa 17 anni: i suoi familiari lo descrivono come un “uomo orientato alla famiglia, sempre il primo ad aiutare e ad agire con grande cuore, incarnando la perfetta descrizione di un fratello maggiore”.