In questa peculiare classifica da caserma Sudan e Congo la fanno da padroni con 17,95 e 17,93 cm, mentre Cambogia e Thailandia chiudono con 9,4 e 9,8 cm di media
I peni italiani sarebbero in media più corti del 20% rispetto al 2022. È quanto emerge da uno studio pubblicato da NowPatient che si è dato la briga di occuparsi delle dimensioni degli organi genitali maschili in giro per il mondo. In questa peculiare classifica da caserma Sudan e Congo la fanno da padroni con 17,95 e 17,93 cm, mentre Cambogia e Thailandia chiudono con 9,4 e 9,8 cm di media.
L’Italia si piazza a un “onorevole” 12,4 cm, ma con l’”angosciante” prospettiva di una riduzione del 18,54% dal 2022 quando le italiche membra toccavano in media i 15,34 cm. Ora perché occuparsi di un simile argomento obiettivamente del “ca..volo”? Le risposte sono almeno tre.
La prima e più becera: molti uomini si preoccupano di questa storia delle dimensioni da una vita. Traumi, controtraumi, aspettative, balle incredibili e chi più ne ha più ne metta hanno avvolto e avvolgono l’argomento quindi si spiega perché a NowPatient abbiano pensato di spendere tempo e denaro per vedere chi ce l’ha più lungo contando sul fatto di riuscire, come è avvenuto, ad attirare l’attenzione. Ma ci sono almeno altri due argomenti più seri che si ricollegano a questa notizia. In primo luogo l’attenzione che deve essere data alla metodologia degli studi scientifici. In questo caso le misure raccolte sono state autoriferite, il che significa che nessuno si è messo ad andare in giro con un metro a misurare i dindolini internazionali: piuttosto ci si è affidati al fai da te.
Con l’enorme problema che quello stesso ego maschile del quale si parlava possa essere intervenuto falsando i conti. Senza contare che è notorio che la misura degli organi genitali maschili è assai complessa: una misura che, come in questo caso, è supposta all’erezione ma affinchè sia corretta è necessario seguire una procedura molto particolareggiata. Il secondo punto che merita davvero attenzione è proprio lo scarto tra le dimensioni di un certo periodo e quelle di un altro periodo, e nel caso di specie dell’Italia la supposta regressione. Se i dati fossero corretti (ed è un bel “se” come abbiamo detto) ci sarebbero da indagare le cause. Non tanto per ripristinare i virgulti nazionali , ma perché potrebbero essere legate a seri problemi di salute.
Come ha spiegato Emmanuele A. Jannini Ordinario di Endocrinologia, Andrologia e Sessuologia Medica (Università di Roma Tor Vergata), in una intervista a Wired: “In effetti, l’esposizione agli estrogeni, particolarmente presenti nella carne rossa, un alimento di larghissimo consumo, ha un effetto negativo sulla conta degli spermatozoi e sulla dimensione dell’organo genitale maschile”.
Il grande problema, spiegava ancora Jannini, è che il pene soffre di una strana forma di ormonodipendenza. In particolare, dimensioni e funzionalità dell’organo sessuale maschile sono dipendenti dal testosterone, ma solo in negativo: “Se il livello di testosterone è troppo basso, il pene tende a diventare più piccolo, più inerte e meno responsivo. Ma anche se ci spalmassimo di testosterone dalla testa ai piedi non otterremmo niente: diminuirebbero le dimensioni del testicolo ma il pene resterebbe delle stesse dimensioni. Nella donna, invece, avviene il contrario: l’esposizione a ormoni aumenta dimensioni e funzionalità del clitoride, l’organo equivalente al pene”.
A fronte di tutto questo comunque i dati restano limitati e l’utilità di queste notizie, nate come acchiappa click, dovrebbe essere quella di incoraggiare una maggiore e forse più seria ricerca.
Gianmarco Pondrano Altavilla