L'attore e regista fa una analisi sullo stato dell'arte del cinema e della comicità oggi
“Il politicamente corretto? È una grande stronzata”. È un Christian De Sica a ruota libera quello che si raccontato ai microfoni del podcast Passa dal BSMT, ideato e condotto da Gianluca Gazzoli. Reduce dal set di “Cortina Express“, il film di Natale che lo vede protagonista con Isabella Ferrari e Lillo, ha concesso una lunga intervista in cui ha ripercorso i momenti cult della sua vita, spaziando dai ricordi su papà Vittorio e le sue molteplici famiglie (“al suo funerale vidi una buzzicona di schiena che poi si girò e mi sorrise: era identica a me, scoprii poi che era una mia sorellastra, figlia di una sarta”), alla carriera, dagli esordi in Venezuela ai cinepanettoni che gli hanno cambiato la vita.
Tra le riflessioni sul presente, spicca quella su com’è cambiata la comicità e il suo giudizio è tranchant. “Oggi non è più possibile dire niente, io dicevo delle cose terrificanti. Da una parte è un bene perché, per carità, non si può essere così… anche se poi vedi il Papa supera la fantasia… dice… ma poveraccio…”, osserva. Poi spiega a Gazzoli perché secondo lui il politicamente corretto è una fregatura: “Perché per far ridere bisogna essere cattivi. La vecchia che casca è terribile ma fa ridere. Si ride col demonio non con San Francesco: San Francesco non fa ridere, ti può aprire il cuore ma è di una noia bestiale. E poi tutti i comici sono un po’ cattivi. Guarda Ricky Gervais che fa ironia anche sui disabili… è bello forte. Però oggi non si può più dire niente, siamo arrivati ormai all’assurdo: Biancaneve non può chiamare i sette nani ma deve dire “diversamente alti”, capisci che buffonata? Vogliono persino cancellare le favole di Disney. È una grande stronzata”.
Tra aneddoti iconici, come la lite con Carlo Verdone quando scoprì che De Sica usciva con sua sorella Silvia, e confessioni shock (“Le Jordan Dior che avevo ai piedi in una foto su Instagram? Erano tarocche. Costano 60mila euro, ce le ha Fedez, le mie sono tarocche”), spiega come ha surfato sul successo per cinquant’anni senza farsi fagocitare dal mondo del cinema. “Mi sono salvato per la mia leggerezza, ho sempre volato sopra i problemi. Se cominci a lamentarti… Adesso c’è questa mania che tutti si lamentano. Bisogna ridere perché ti semplifica tutto: guai chiamano guai. Bisogna volare sopra e ridere”, sottolinea.
E rievoca l’incidente del Capodanno del 2000, quando un petardo gli esplose a pochi centimetri dalla faccia: “Mi è arrivato un missile in un occhio, ho perso la vista, avevo la faccia aperta. Ho subito otto interventi. Eppure, sono andato avanti, sennò è finita. Non bisogna rinunciare a niente. Ai giovani do un consiglio: ti va di fare una cosa? Falla. Ti va di fare una scopata? Falla. Non rinunciare a niente, perché non torna più. Goditi ogni istante. Mio padre diceva: ‘Ridete anche ai funerali’. È difficile certo, ma bisogna cercare di ridere sempre”.
Poi però l’analisi sui giovani di oggi si fa agrodolce: “Io amo i giovani, il loro candore, l’entusiasmo, vedo che sono molto più leali e cerco di frequentarli molto perché per fare il mio mestiere bisogna stare nel presente. Noi avevamo più sovrastrutture, avevamo più complessi di inferiorità invece il candore nei giovani di oggi mi colpisce tantissimo”. Poi però confessa che c’è un rovescio della medaglia: “L’unica cosa che mi rattrista è che sono tutti vestiti uguali, tutti che fanno le foto del cibo che hanno davanti nei piatti al ristorante. Oppure le ragazze che sono tutte vestite un po’ da mignotte e con le boccucce… ma perché fanno le bocche così? Mi mette un vuoto, un senso di malinconia questa cosa: perché tutte le ragazze sono vestite con minigonne, tacco 12 e la boccuccia così gonfiata? Vuol dire che c’è una solitudine, devi dire che tu ti diverti, che vai nello yatch, in posti meravigliosi, che siamo tutti ricchi ma non è vero niente”. Più chiaro di così non sarebbe potuto essere.