Tra gli alti e bassi professionali e privati che l'attore e comico ha raccontato ce n’è uno inedito, sul bullismo subito da ragazzino
“Avevo detto tanti no e piano piano vieni dimenticato e smettono di chiamarti”. È una confessione a cuore aperto quella che Fabrizio Biggio affida ad una lunga intervista a Il Corriere della Sera in cui ripercorre la sua carriera, dagli inizi in una tv locale toscana al successo clamoroso con I Soliti Idioti, successo che ammette non solo di non aver saputo gestire ma neppure godersi, fino al telefono che smette di squillare e lo costringe ad un reset totale. Toccare il fondo per risalire, insomma.
Ed è una risalita sprint la sua, grazie all’intuizione di Fiorello, che scommette su di lui come spalla di Viva Rai2, gli regala un nuovo palcoscenico e una seconda primavera professionale. “Avevo sofferto troppo, per carattere facevo fatica a stare in questo mondo così impegnativo, avevo la mia nicchia di Stracult su Rai2 e stavo bene. Ero felice, senza stress”, racconta rievocando l’inizio di un periodo complicato.
“Quando poi ho iniziato a non lavorare più un lato di me godeva a non fare un cazzo dalla mattina la sera… Mia moglie (la chiama già così) mi è stata vicina in maniera incredibile: le sarò grato per sempre, non mi ha mai fatto pesare niente”, aggiunge.
Non usa troppi giri di parole e confessa che il telefono ad un certo punto smise letteralmente di suonare e, tramontati i fasti del passato, finisce nel dimenticatoio, che definisce “lo spauracchio di tutti gli artisti”. A quel punto, il colpo di scena, con la chiamata di Fiorello: “Rosario mi ha capito subito, a lui non interessava se era da un po’ che ero sparito. Mi diceva: devi capire che sei bravo — mi viene da commuovermi a pensarci, davvero —, ha creduto in me. L’unica cosa che serve in questo mestiere è trovare qualcuno che crede in te”. Ma ora che “Viva Rai2” è archiviato, che ne sarà del suo futuro lavorativo e di quello di Fiorello? “Lui naviga a vista, davvero aspetta la prossima idea. Io ho progetti e proposte, ma mi sento come quando ho finito il liceo: e mo che faccio?”.
Una cosa di sicuro la farà, ossia sposarsi con Valentina De Ceglie, autrice e producer cui è legato da più di vent’anni e con la quale ha superato una lunga crisi, scattata dopo il successo del primo film in coppia con Francesco Mandelli (con lui non si è parlato per sette lunghi anni). “Per me era un periodo di grande scombussolamento, ero fragile, non perché volessi fare chissà che, ma quel successo mi aveva smosso delle cose dentro, non capivo più chi ero. Provavo una grande sofferenza, un grande dolore e pensavo: a me il successo non dà felicità”, ammette Biggio. Che quest’estate convolerà a nozze con Valentina: “Sono 23 anni di fatto che stiamo insieme, il giorno dei suoi 50 anni visto che non sapevo cosa regalarle ho pensato che ci volesse una cosa grossa. Così ho spacciato il matrimonio per un regalo. E devo dire che ha funzionato alla grande”.
Tra gli alti e bassi professionali e privati che Fabrizio Biggio ha raccontato al Corriere, ce n’è uno inedito, sul bullismo subito da ragazzino. Nato a Firenze e cresciuto a Scandicci, spiega di aver imparato a parlare prima il francese e poi l’italiano, visto che la madre è francese: “Mi chiamavano il francesino perché avevo una erre moscia tremenda, tanto che a un certo punto mi sono messo a fare esercizi allo specchio per cercare di eliminarla. E ci sono riuscito. Però da piccolo sono stato bullizzato dagli italiani perché ero francese e bullizzato dai francesi perché ero italiano”. Un bullismo che però non si limitava alle prese in giro verbali: “Lì per lì non te ne rendi conto ma era così. Facevo parte di un gruppo di nerd sfigati e c’era un ragazzo che ogni volta che mi vedeva mi tirava 60 pugni sul braccio, un male cane”. La sua rivincita se l’è poi ampiamente presa.