Nella circoscrizione Nordest le peggiori previsioni si sono avverate per la Lega Salvini Premier. Alle votazioni europee l’effetto Vannacci non c’è stato, se non per il generale che ha raccolto una valanga di voti personali. Il partito, invece, è perfino calato in Veneto, rispetto al già deludente risultato delle elezioni politiche del 2022. Inoltre, siccome i due governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga avevano dato indicazioni di votare rispettivamente per tre candidati veneti e tre friulani, ecco che l’esplosione di preferenze di Vannacci – scelto e imposto dal segretario Matteo Salvini – ha avuto l’effetto di ridimensionare anche l’immagine dei pur popolari presidenti delle due giunte regionali. Infatti, i candidati locali (a parte il sindaco di Monfalcone Anna Maria Cisint) sono stati relegati nelle posizioni di rincalzo, a rischio di non elezione. Ma ancora peggio, il partito non ha recuperato nulla nei confronti dei Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e il rapporto di forze è sfacciatamente cristallizzato a favore della premier. Visto che nel 2025 si dovrà rinnovare l’amministrazione della Regione Veneto, queste elezioni sembrano aver messo una pietra tombale sulle ambizioni leghiste di far succedere a Zaia un altro leghista, all’insegna del motto: “Il presidente del Veneto lo scelgono i veneti”. Per il momento i veneti hanno scelto tutt’altro. Infatti, nel bel mezzo della notte, il senatore veneziano Raffaele Speranzon, di FdI, ha sentenziato: “L’era Zaia è finita, adesso la Regione Veneto tocca a noi”.

LEGA A PRECIPIZIO – Che il partito perdesse gran parte dei voti ottenuti cinque anni fa lo prevedevano tutti, anche i leghisti più ottimisti. Impossibile replicare lo stratosferico 41,01 per cento raccolto nella Circoscrizione nordorientale nel 2019 con 2.377.935 voti, il 49,88 per cento del Veneto (a un soffio dalla maggioranza assoluta) e il 42,56 per cento del Friuli Venezia Giulia. Ma adesso la Lega è caduta ancora più in basso del 2022, quando alle politiche aveva il 14,59 per cento in Veneto e il 10,89 in Friuli. Le Europee hanno assegnato alla lista – da Bolzano a Bologna, per passare da Trieste e Venezia – poco più di 502 mila voti, pari al 10,18 per cento. In cinque anni il partito si è ristretto di quattro volte. Se guardiamo al Veneto la situazione è ancora più catastrofica, con poco più di 271 mila voti, pari al 13,15 per cento, circa un punto e mezzo percentuale in meno rispetto a nemmeno due anni fa (14,59, 366 mila voti). L’effetto Zaia non esiste più, esiste solo quello di Vannacci. In Friuli è andata meglio, visto che i 72 mila consensi corrispondono al 14,92 per cento, 4 punti in più del 2022 (10,89, 64 mila voti). È qui che si vede l’effetto del generale indipendente, combinato però alla lanciatissima Anna Maria Cisint, sindaco di Monfalcone. In Trentino Alto Adige la Lega si è fermata al 7,53 per cento, con circa 30 mila voti, in Emilia Romagna al 6,48 per cento con 128 mila voti.

IL PESCECANE VANNACCI – Il generale voluto da Matteo Salvini, ma osteggiato dalla nomenklatura veneta e friulana del partito, non ha fatto prigionieri. In tutta la circoscrizione ha ottenuto più di 140 mila preferenze, tante quante hanno raccolto i nove candidati che lo seguivano nella lista. Un cannibale. È risultato primo in due regioni, non lasciando che le briciole a quasi tutti gli altri. In Veneto ha preso 72 mila preferenze (secondo con 20 mila voti l’eurodeputato uscente Paolo Borchia, fedelissimo di Lorenzo Fontana, presidente della Camera). In Friuli di voti ne ha presi oltre 19 mila, ma è stato superato dalla fenomenale performance di Anna Maria Cisint (più di 30 mila solo in questa regione). In Emilia Romagna, Vannacci ha surclassato tutti con 40 mila preferenze, quattro volte più di tutte le preferenze degli altri 14 candidati leghisti messi assieme. In Trentino Alto Adige ha dovuto piegarsi solo al radicamento di Roberto Paccher, ma è arrivato secondo solo con una differenza di 200 voti. Se la Lega è Vannacci, da queste parti, di futuro ne avrà poco. Della presenza ingombrante del generale si sono sicuramente avvantaggiate le donne, vista la scelta obbligata di diversità di genere nelle preferenze. Si tratta di vedere quale circoscrizione sceglierà il generale, tra quelle dove è risultato eletto, per capire quanti posti andranno ai leghisti locali. Uno di questi è sicuramente appannaggio di Anna Maria Cisint, diventata famosa per aver chiuso due luoghi di preghiera dei musulmani a Monfalcone, per aver scritto un libro contro l’Islam e per essersi messa alla testa di un’autentica crociata contro quello che lei definisce il rischio di islamizzazione dell’Italia.

I FRATELLI D’ITALIA FESTEGGIANO – Saranno anche elezioni europee, ma in Veneto c’era molta attesa per capire se la Lega sarebbe riuscita a rimediare alla figuraccia delle politiche 2022. Allora il partito di Giorgia Meloni prese il 32,6 per cento dei voti, mentre la Lega si fermò al 14,59 per cento, con una forbice di circa 450 mila voti. La sconfitta, accompagnata all’impossibilità di Zaia di ricandidarsi per il quarto mandato (è al potere dal 2010), aveva marcato una gerarchia ben precisa, autorizzando il partito guidato in regione dal senatore Luca De Carlo, di avanzare pretese sulla poltrona di Doge. La tendenza non si è invertita, anzi la disparità è persino aumentata. I dati della circoscrizione Nordest dicono che FdI è primo con un milione e mezzo di voti, pari al 31,91 per cento, mentre la Lega supera appena i 500 mila consensi, per un 10,18 per cento. Meno di un terzo. In Veneto è andata ancora peggio, nonostante la Lega conti su Luca Zaia, il governatore che ha detto di essersi speso di persona facendo campagna elettorale per candidati veneti. Se lo ha fatto, il risultato è deludente. Il partito della Meloni è arrivato al 37,58 per cento e 775 mila voti, 5 punti in più rispetto al 32,60 per cento del 2022. La Lega si è fermata al 13,15 per cento, con 271 mila voti, mentre nel 2022 era al 14,59 per cento.

L’EXPLOIT DI TOSI – A complicare la resa dei conti in casa del centrodestra, in vista delle Regionali del 2025, c’è l’exploit di Flavio Tosi, l’ex sindaco di Verona (ora consigliere comunale) ed ex segretario della Lega Nord-Liga Veneto, oggi coordinatore regionale di Forza Italia. Ha fatto una campagna elettorale aggressiva nei confronti dei vecchi compagni del partito da cui fu espulso quasi dieci anni fa. Forse sperava addirittura di avvicinare la Lega, contribuendo a sgretolarla. In realtà Forza Italia non ha sfondato, anche se è cresciuta, raggiungendo complessivamente a Nordest il 7,02 per cento dei voti (nel 2019, con Silvio Berlusconi vivo, prese il 5,83 per cento). In Veneto, però, il risultato è stato dell’8,58 per cento. Tosi ha ottenuto in totale circa 35 mila preferenze, praticamente appaiato al segretario Antonio Tajani nel risultato personale in Veneto. Tosi ha lavorato per erodere voti alla Lega e in parte c’è riuscito. Anche per questo Forza Italia accamperà diritti nei confronti dell’alleato, lacerato tra la leadership nazionale di Salvini e gli ultimi fuochi di Zaia a Venezia, quando sarà il momento di fare la campagna elettorale per il Veneto.

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