Giovanni Toti chiede la revoca degli arresti domiciliari. L’istanza rivolta alla gip di Genova Paola Faggioni è stata presentata lunedì mattina dall’avvocato Stefano Savi, legale del governatore ligure ristretto dal 7 maggio nella propria abitazione di Ameglia (La Spezia) con l’accusa di corruzione. La scelta della data non è casuale: in un comunicato stampa il penalista sottolinea che “la celebrazione della tornata elettorale” delle Europee “supera una delle motivazioni addotte per la misura cautelare”, cioè il rischio di reiterazione del reato. Toti infatti è accusato di essersi speso per ottenere provvedimenti favorevoli a vari imprenditori – in primis il magnate della logistica portuale Aldo Spinelli – in cambio di contributi elettorali alla sua lista. Le prossime elezioni previste in Liguria, ricorda il legale, sono proprio le Regionali, in programma a settembre 2025 (se la giunta non cadrà prima per le dimissioni di Toti). Secondo la difesa, se per motivare il rischio di reiterazione del reato venisse preso “a riferimento tale futuro impegno politico, appare evidente che la sospensione dalla funzione di presidente legata alla misura cautelare andrebbe a connotarsi come una vera e propria decadenza, non prevista dalla legge proprio per tutelare la volontà popolare espressa con libere elezioni”.

L’avvocato Savi contesta il rischio di reiterazione del reato anche da un altro punto di vista: “Tenuto conto del lunghissimo periodo delle indagini, quattro anni, i fatti contestati non potrebbero che risultare episodici rispetto al numero di campagne elettorali affrontate e all’attività di raccolta fondi per finalità politiche. Ciò solo dimostra l’inesistenza dell’asseritosistema“”, scrive. In realtà, secondo l’accusa, il meccanismo corruttivo ha condizionato ben quattro diverse competizioni elettorali: le Regionali nel 2020, le Comunali a Savona nel 2021, le Comunali a Genova e le Politiche nel 2022. La difesa però insiste sul fatto che i finanziamenti siano stati tutti dichiarati: “La sistematica e meticolosa registrazione di ogni movimento di denaro da parte dei movimenti facenti capo a Giovanni Toti, senza alcun artificio volto a celarne tempistica e provenienza, dimostra la volontà di seguire pedissequamente il percorso normativo stabilito dalla legge per le elargizioni liberali”. Inoltre, ricorda il comunicato, “nell’interrogatorio reso davanti ai pubblici ministeri il presidente Toti, lungi dal negare la realtà fattuale evidenziata dalle indagini, anzi, confermandola, ha esposto la sua ricostruzione dei fatti, sostenendo la sua buona fede“.

Per questo, conclude il legale, “appare oggi evidente che, certa la volontà passata e presente di non compiere illeciti, la stessa presenza dell’indagine, con le contestazioni mosse dai pm, sia tale da inibire ogni reiterazione di azioni simili a quelle contestate, in attesa del giudizio”. Rispetto poi al rischio di inquinamento delle prove – l’altra esigenza cautelare riconosciuta dal gip – “le indagini svolte in questi quattro anni, le recenti audizioni di indagati e persone informate sui fatti e le ulteriori attività effettuate, portano a ritenere l’insussistenza della necessità di ogni ulteriore protrazione della misura“, sostiene. Infine, l’avvocato lancia una sorta di avvertimento al gip sull’ipotesi che l’uscita dai domiciliari venga negata in assenza di dimissioni: “Se il ritorno in carica del presidente di Regione, come previsto dalla legge, venisse considerato ex se come elemento determinante per la previsione di nuovi reati e per l’inquinamento probatorio, ciò si tradurrebbe in una sospensione dall’incarico, trasformandolo di fatto in decadenza già nella fase delle indagini, cosa non prevista dalla legge. Occorre tener conto del giusto equilibrio costituzionale tra tutela del processo, tutela della volontà popolare e necessità amministrative della Regione”.

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