La conferma di Fratelli d’Italia in vetta nasce da un consolidamento degli elettori del 2022, ma anche dall’essere riuscita (seppur in calo) a pescare un po’ di altri consensi da Lega e Forza Italia. Sul fronte opposto il Partito democratico si presenta oggi come la più forte alternativa a Giorgia Meloni grazie anche ai voti che ha attirato da M5s, Azione-Italia viva e in parte dall’astensione. Mentre è il Movimento 5 stelle il partito che più paga la decisione dei suoi elettori di non andare a votare, soprattutto al Sud. L’analisi dei flussi elettorali delle ultime elezioni Europee, elaborata e diffusa dall’Istituto Swg, permette di capire come sono cambiate (e se è successo davvero) le decisioni di chi è andato alle urne. Chi si è rafforzato, chi ha pagato gli scontri interni e chi non ha ottenuto gli effetti sperati dai tentativi fatti in extremis di radicalizzarsi. Fondamentale poi, la distribuzione geografica dei voti, su cui si è concentrato l’Istituto Cattaneo: se Giuseppe Conte ha perso il controllo delle regioni meridionali e delle isole, Forza Italia è cresciuta soprattutto in Sicilia. La Lega ha ridotto i consensi al Nord, ma ha progredito un po’ al Sud. Infine Pd, Avs e Fdi hanno pescato in modo abbastanza uniforme in tutto il Paese.

Chi ha scelto la maggioranza e chi ha cambiato idea – Meloni vince le Europee e vince la scomessa del concentrare le preferenze su di lei (l’ormai famoso “scrivete Giorgia”) e così ottiene un rafforzamento della sua leadership al governo. Ma oltre i festeggiamenti, sa bene che qualcosa nell’aria è cambiato: un anno e mezzo fa era sola al comando, stamattina si è svegliata con 600mila voti reali in meno e con dietro una forza che ne ha guadagnati 250mila. Per questo, fondamentale, è capire chi ha continuato a votare per Fdi e chi è stato convinto a spostare il suo voto. Il partito di maggioranza infatti, è passato dal 26 al 28,8 per cento delle preferenze. Swg ha analizzato la composizione dei consensi di questa tornata e si scopre che: il 68% è una conferma del voto del 2022, il 16 viene dal centrodestra (8 da Lega e 8 da Fi), il 16 viene da altre aree politiche (7 da altre liste e il 9 dall’astensione). Analizzando i flussi insieme a quelli degli altri partiti, quindi bilanciando quanti elettori ha dato agli alleati e quanti ne ha presi, emerge che Fdi ha guadagnato lo 0,8% dalla Lega e lo 0,4 da Fi.

Nella dinamica interna della coalizione di centrodestra, mentre Lega ha cercato di radicalizzarsi per pescare i voti dei potenziali malcontenti dell’istituzionalizzazione di Meloni, dall’altra Fi ha giocato la carta del polo moderato. E in parte, proprio questo ha contribuito alla crescita. Secondo l’istituto, c’è stato infatti un “consistente ricambio di voti” per la formazione dell’azzurro Antonio Tajani. In generale Fi-Noi Moderati passa dal 9 al 9,6 per cento, salendo nei consensi e cedendo nel complesso solo lo 0,4% a Fdi. Se la metà degli elettori è una conferma (il 50%), il 23 arriva dal centrodestra: addirittura il 19 da Fratelli d’Italia e solo il 4 dal Carroccio. Gli azzurri pescano anche da Azione-Iv (6%), da altre liste (8), mentre il 13 per cento dei nuovi elettori nel 2022 ha detto di essersi astenuto. Il partito fondato da Silvio Berlusconi, osserva il Cattaneo, beneficia della crescita soprattutto in Sicilia, dove tocca addirittura quota 24 per cento.

Per la Lega di Salvini il quadro è più complesso. Passa dall’8,8 al 9% dei consensi, ma raccogliendo minori benefici del previsto dall’operazione Vannacci. Candidare il generale, che si è contraddistinto per posizioni omofobe e razziste per tutta la campagna, ha permesso di non crollare eccessivamente, ma non ha garantito il secondo posto nella coalizione. Nell’analisi dell’elettorato che ha scelto Lega, si vede che il 58% ha confermato il voto. Qualche movimento dentro la coalizione c’è stato: il 17% votava Fdi e il 4 alle scorse elezioni aveva scelto Fi. Infine c’è un 21% che viene da altre aree politiche: l’11 votava altre liste, il 10 per cento si era astenuto. Considerando insieme chi arriva e chi esce, emerge però che il Carroccio ha ceduto quasi un punto a Fdi (-0,8%), ovvero è stata più rilevante la quota di elettori che ha abbandonato il partito per andare da Meloni. Scegliere di alzare i toni e puntare su un candidato di rottura come Vannacci ha attirato voti da Fratelli d’Italia, ma non abbastanza per arginare l’emorragia nell’altro senso.

I movimenti a sinistra – Chi cresce in percentuale e nei voti reali è il Partito democratico che passa dal 19 al 24,1%. I dem di Elly Schlein riescono a presentarsi come la prima forza di opposizione e la più in salute grazie anche a un potere attrattivo che hanno avuto nei confronti di altri: il 9 per cento degli elettori votava prima M5s, il 5 Azione-Iv, il 5 Avs, il 6 altre liste. Il Pd ha pescato un 11% anche dall’astensione, mentre il 64% è una conferma di vecchi sostenitori. Nell’analisi generale degli scambi, i dem perdono però nei confronti di Alleanza Verdi Sinistra lo 0,4% (cioè è più quello che viene preso dai competitor, rispetto a quanto riescono effettivamente ad attrrarre). Interessante anche osservare come, osserva invece il Cattaneo, i voti del M5s “non siano stati assorbiti, se non in misura limitata, dal Pd”. C’è però qualche eccezione. Innanzitutto Bari: qui addirittura il 67 per cento degli ex sostenitori grillini ha scelto i dem e, in particolare, il sindaco uscente Antonio Decaro, campione assoluto di preferenze. Da segnalare anche Parma e Modena, dove rispettivamente il 16 e il 17% degli ex elettori 5 stelle è passato al Pd.

Un capitolo a parte merita il M5s, forza ritenuta fin qui fondamentale per il campo largo e che si trova ridotta dal 15,4 al 10 per cento, perdendo due milioni di voti reali. Un risultato durissimo per la compagine di Giuseppe Conte che ora deve fare i conti con l’incognita del futuro. Nell’analisi dell’elettorato 5 stelle fatta da Swg, si vede che meno della metà di chi li aveva scelti nel 2022 ha confermato la sua scelta (solo il 40%): il 13 ha votato per un partito del centrosinistra, il 6 per il centrodestra. Il 41 per cento ha votato un altro partito o non ha votato: di questi il 6 ha sceltro altri partiti (Pace Terra Dignità, Libertà di Cateno de Luca), il 35 si è astenuto. Da notare, inoltre, che la collocazione politica si è ulteriormente spostata a sinistra rispetto alle politiche: si dichiarava di centrosinistra il 49 per cento dell’elettorato M5s, ora lo fa il 61. La componente di centrodestra si è ancora più ridotta, passando dal 6 al 4 per cento.

Infine c’è Alleanza Verdi Sinistra che, in questa competizione, rappresenta una delle sorprese più grandi. Per questi ultimi infatti, passati dal 3,6 al 6,7% (con uno + 0,4 complessivo preso ai dem), “il consenso aggiuntivo arriva principalmente dalle file del Pd e del M5s, ma anche da Unione Popolare“: se il 44% ha confermato il voto, il 24 veniva dal Pd e il 32 da altre aree politiche (il 13 votava M5s, il 7 Unione Popolare e il 12 si era astenuto). Avs ha incassato il successo di aver puntato la campagna, tra le altre cose, sulla candidatura di Ilaria Salis, detenuta in Ungheria: una mossa che ha permesso di raccogliere i voti di elettori nuovi.

Il centro (che non c’è) – Mentre ci si concentra sui movimenti al vertice, non si può dimenticare che le Europee di quest’anno decretano una netta battuta d’arresto del fantomatico cantiere di centro di Azione e Italia viva. La coppia Renzi-Calenda ha deciso di andare da sola dopo l’ennesima lite tra i leader e l’unico immediato risultato è stato che la soglia di sbarramento li ha eliminati entrambi (sono passati dal 7,8 delle politiche al 3,8% di Stati Uniti d’Europa e il 3,3% di Azione-Calenda). L’analisi dei flussi di Swg si concentra sul comportamento dell’elettorato del 2022: una quota simile si è divisa tra i renziani (25%) e i sostenitori di Azione (22). Da segnalare anche che il 13 per cento ha scelto il Pd, mentre il 10 ha votato un partito del centrodestra. Ma soprattutto, il 30 per cento ha scelto l’astensione. L’area di centro che in Italia fatica a trovare una rappresentanza si trova così ancora più frammentata, tra la scelta di partiti che restano fuori dall’Europarlamento e la decisione di schierarsi con i moderati o a destra o a sinistra.

Il partito dell’astensione – Merita una considerazione a parte l’astensione, elemento sempre più consistente e dirimente delle elezioni italiane. L’ultimo dato è un record in negativo: quella di sabato 8 e domenica 9 giugno è stata l’affluenza più bassa della storia repubblicana d’Italia (49,69% sul totale degli aventi diritto). Il partito che ne ha pagato di più le conseguenze, sempre secondo Swg, è il M5s che ha perso il 35 per cento dei suoi elettori nel non voto. Segue Azione-Italia viva con il 30. Sotto si posizionano le altre forze con cifre che restano comunque molto alte: Forza Italia non ha convinto il 26 dei suoi sostenitori del 2022 che piuttosto hanno preferito non andare alle urne. Seguono: Fdi al 25, Pd al 24, Lega al 23 e Avs al 22. I 5 stelle sono i più penalizzati anche perché l’affluenza è stata ancora più disastrosa al Sud (43 per cento) e nelle Isole (37), ovvero nelle zone dove storicamente avevano il loro bacino elettorale più forte. E proprio il comportamento dell’ormai sempre più solido “partito dell’astensione” ha avuto un effetto dirimente sul futuro di M5s e Azione-Iv. E di conseguenze su molte delle dinamiche politiche che interesseranno i prossimi mesi.

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