Politica

Separazione delle carriere: l’iter è solo al via, ma i politici si caleranno nel gioco delle parti

Ordinariamente tutto è subordinato ai grandi interessi finanziari-economici. In questa fase, tuttavia, le elezioni presidenziali degli Usa condizionano ogni presa di posizione e ogni equilibrio al livello geopolitico mondiale e, in scala purtroppo molto minore, il rinnovo del Parlamento europeo determina ormai da diversi mesi scelte e dinamiche interne in ogni singolo Stato-membro.

Nella nostra povera Italietta, sempre più periferica e irrilevante nella politica internazionale, il governo si gioca la carta delle grandi riforme: giustizia e premierato. Sono i temi su cui vogliono portare il dibattito negli ultimi giorni di campagna elettorale. In effetti le questioni che polarizzano gli schieramenti tornano utili a tutti in questi momenti. Come con i Vannacci o faccenduole tipo Forte-Salis: la destra mostra i muscoli, la sinistra può riemergere per un attimo dall’obnubilamento in cui sembra ormai piombata.

I media, dimostrando una volta di più tutto il proprio immediato asservimento a qualunque potere, non disgiunto da un’abissale ignoranza, regalano titoloni che lasciano intendere ad esempio che la separazione delle carriere dei magistrati sia cosa fatta.

Per quanto ci attiene, cerchiamo di andare al nocciolo delle questioni: quello appena varato dal Consiglio dei ministri non è che un disegno di legge. Siamo nella fase dell’iniziativa legislativa, quella che può dar l’avvio a un procedimento di formazione di quella che sarà una legge, se e quando saranno superate le fasi della discussione nelle competenti commissioni permanenti, approvazione in aula, promulgazione del Presidente della Repubblica, pubblicazione, vacatio legis, fino all’entrata in vigore per poi passare, aggiungo sempre io, alle fasi di attuazione e applicazione per cui le norme possono produrre concretamente i propri effetti giuridici solo quando c’è volontà politica e efficienza amministrativa.

Ma questo appena sinteticamente abbozzato è l’iter della legge ordinaria, mentre nel nostro caso si tratta di equilibrio tra poteri dello Stato e altre questioni chiaramente fondamentali. Quindi siamo di fronte a un ddl costituzionale che può dare l’avvio alla procedura aggravata necessaria per modificare o integrare la Costituzione. Sarà necessario un doppio passaggio per ogni camera, a distanza non inferiore a tre mesi e se non si approva con la maggioranza qualificata dei due terzi con ogni probabilità saremo chiamati al referendum confermativo.

Nella migliore delle ipotesi, se tutto filerà liscio come mai prima e se pure quest’ultimo scoglio stavolta sarà superato, a differenza di quanto è accaduto con le riforme abortite di D’Alema prima, Berlusconi e Renzi poi, stiamo parlando di qualcosa di ancora incerto che potrebbe cominciare a vedere la prima luce non prima del 2026. Questa è la pura e semplice realtà dei fatti.

Eppure dobbiamo assistere a discussioni su come formare i due diversi Csm, se eleggere o sorteggiare i togati, come preservare l’autonomia della Magistratura e le prerogative del Presidente della Repubblica, come e con quale legge votare il premier.

Con i partiti ridotti a semplici comitati elettorali, senza alcuna prospettiva che superi il brevissimo periodo, i politici possono calarsi a pieno titolo nel gioco delle parti. Finalmente si realizza l’antico sogno della fantasia al potere.