Nei mesi che precedono le prime elezioni presidenziali, previste in autunno, da quando nel luglio 2021 il presidente tunisino Kais Saied avocò a sé gran parte dei poteri, stiamo assistendo a una repressione sempre più forte nei confronti della libertà d’espressione. Il principale strumento del bavaglio è il decreto-legge 54 sui reati informatici, entrato in vigore nel settembre 2022.

L’articolo 24 del decreto prevede cinque anni di carcere e multe fino a 15.000 euro per chi usa le reti delle telecomunicazioni per produrre, inviare, diffondere “notizie false” o “dicerie” allo scopo di danneggiare, diffamare o istigare alla violenza contro altri, di minacciare la sicurezza pubblica o la difesa nazionale o di diffondere paura o per incitare all’odio. Le pene sono raddoppiate se la persona colpita è “un pubblico ufficiale o una figura equivalente”.

Secondo i calcoli di Amnesty International e Human Rights Watch, dalla sua introduzione sono stati avviati procedimenti giudiziari nei confronti di oltre 70 oppositori, giornalisti, avvocati, difensori dei diritti umani e utenti dei social media. Alla fine di maggio, 40 di loro si trovavano in carcere.

Le vicende del mese scorso sono assai preoccupanti.

L’arresto in diretta tv dell’avvocata Sonia Dahmani, l’11 maggio, ha fatto scalpore. Quel giorno decine di agenti in borghese hanno fatto irruzione nella sede dell’Ordine degli avvocati, a Tunisi, arrestandola mentre i giornalisti Maryline Dumas e Hamdi Tlili, corrispondenti di France 24, stavano riprendendo la scena. Dopo aver rotto la loro videocamera, gli agenti della sicurezza hanno picchiato Tlili e l’hanno tenuto per qualche ora in stato di fermo.

L’avvocata Dahmani è accusata di aver fatto commenti sarcastici, durante un programma televisivo, sulle dichiarazioni del presidente Saied secondo il quale i migranti provenienti dall’Africa subsahariana intendono stabilirsi in modo permanente in Tunisia. A suo carico sono aperte altre due indagini sempre per dichiarazioni critiche fatte in pubblico.

Il 15 maggio, in una riunione col suo ministro della Giustizia, il presidente Saied ha dichiarato che “coloro che, attraverso i mezzi d’informazione, denigrano il loro paese non possono restare impuniti”. Un chiaro riferimento all’arresto dell’avvocata Dahmani e un chiaro preavviso di cosa sarebbe accaduto nei giorni successivi.

Infatti, il 22 maggio il tribunale di primo grado di Tunisi ha condannato i giornalisti Bohren Bsaises e Mourad Zeghidi a un anno di carcere. Bsaises, noto volto televisivo e altrettanto nota voce radiofonica, è stato accusato di aver criticato le politiche del presidente Saied, in particolare lo scioglimento del Consiglio superiore della magistratura. A Zeghidi sono state addossate una serie di dichiarazioni e un post su Facebook in favore di un giornalista investigativo, Mohamed Boughalleb, che sta scontando una condanna a sei mesi di carcere per aver fatto domande a un ministro in merito alla spesa pubblica.

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