I correttivi al concordato preventivo biennale tra Agenzia delle Entrate e autonomi sulle tasse da pagare nel successivo biennio devono attendere. Nella settimana che vedrà il calcio d’inizio della misura voluta dal viceministro Maurizio Leo – il 15 giugno arriverà il software per l’elaborazione della proposta ai 2,7 milioni di partite Iva soggette agli Indici di affidabilità fiscale – il governo avrebbe dovuto varare un decreto con ulteriori modifiche al provvedimento dello scorso febbraio. Ma la misura non è entrata nel consiglio dei ministri di lunedì: è rinviata al prossimo, in calendario il 20 giugno, in attesa di valutazioni del ministero della Giustizia sulla parte che riguarda l’adempimento collaborativo riservato alle grandi imprese. Tra le modifiche sicure c’è però lo spostamento del termine ultimo per aderire dal 15 al 31 ottobre, che allinea la scadenza a quella per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi. Stando alle bozze, poi, gli 1,8 milioni di autonomi con la flat tax – per i quali il concordato varrà un solo anno – avranno il programma informatico in cui inserire i propri dati un mese dopo gli altri, il 15 luglio. Difficile mettere a punto un sistema che restituisca un’offerta per loro conveniente, considerato che già versano solo il 15% su redditi medi dichiarati di 16mila euro.

Tassa piatta solo sull’acconto – Non è invece passata una delle più dirompenti modifiche caldeggiate da commercialisti e associazioni di commercianti e artigiani per rendere più attrattivo il nuovo regime: una tassa piatta più vantaggiosa delle normali aliquote Irpef da applicare sul differenziale tra cifra proposta per aderire al concordato e reddito dichiarato. Avrebbe ovviamente comportato una forte perdita di gettito e, come è noto, Leo spera che dal concordato arrivino risorse importanti con cui finanziare i successivi step della riforma fiscale (vedi la riduzione delle imposte per chi ha redditi oltre i 50mila euro). Nel decreto correttivo dovrebbe entrare un contentino: una tassa flat solo sul primo acconto versato, che sarà maggiorato di una quota pari al 15% della differenza tra le due cifre che scende al 12% per i forfettari. Per l’acconto dell’Irap la maggiorazione sarà del 3%.

Stop agli accertamenti basati su presunzioni – Confermati i benefici sul fronte degli accertamenti: la firma del concordato salverà il contribuente da quelli induttivi, originati dalla mera presunzione che abbia nascosto redditi al fisco, anche se sono basati su elementi “gravi, precisi e concordanti”. L’amministrazione finanziaria non potrà effettuarli, a meno che la partita Iva non decada dal concordato perché è stato accertato attraverso controlli sulle dichiarazioni (che vanno comunque presentate) che ha nascosto al fisco attività per un valore superiore al 30% dei ricavi “emersi. Formulazione che legittima una “modica quantità di evasione” ammessa.

Come sarà elaborata la proposta – In cambio di queste premialità quale sarà lo sforzo richiesto a chi aderisce? Nei prossimi giorni è atteso il decreto del Mef che dettaglierà la metodologia seguita per elaborare la proposta di un reddito ritenuto congruo su cui la partita Iva pagherà le tasse per due anni, con la garanzia di non dover versare nulla di più se avrà ricavi superiori al previsto. Quel che si sa finora è che nel calcolo dovranno essere “valorizzate” le informazioni già a disposizione dell’amministrazione finanziaria, compresa l’Anagrafe dei conti correnti, e per gli autonomi soggetti agli Indicatori sintetici di affidabilità fiscale si terrà conto “delle risultanze della loro applicazione”. Una volta disponibile il software si scoprirà se le Entrate chiederanno a chi finora ha dichiarato pochissimo di fare un “salto” impegnativo in termini di imposte da pagare o se, invece, si accontenteranno di un aumento contenuto per non scoraggiare l’adesione.

Evasione legittimata o incentivo a una maggior fedeltà fiscale? – Nel secondo caso lo strumento si tradurrà in una legittimazione dell’evasione fiscale, come temono le opposizioni. Il dubbio è legittimo perché all’accordo col fisco avrà accesso non solo quel 44% di contribuenti Isa che in base ai parametri di affidabilità risulta virtuoso: il governo, su richiesta dei parlamentari di maggioranza, ha deciso di consentirlo a tutti. Compresi i probabili evasori, che dichiarano decine di migliaia di euro in meno rispetto agli “affidabili” e sottraggono all’erario gran parte dei 30 miliardi di tax gap sull’Irpef pagata da autonomi e partite Iva stimati nell’ultima Relazione sull’evasione fiscale e contributiva. Un esempio: stando agli Isa sui redditi 2022, le società che svolgono attività di pubblici esercizi e hanno punteggio superiore a 8 hanno per esempio denunciato al fisco oltre 50mila euro di redditi medi contro i 15mila di quelli con punteggio sotto l’8. Il viceministro Leo ha più volte spiegato che l’obiettivo è alzare progressivamente l’asticella portando chi ha voto Isa insufficiente a raggiungere i livelli di fedeltà fiscale più alti. Facendo quindi emergere base imponibile, con relativo recupero di gettito. Ora sta per arrivare il momento della verità.

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