Decarbonizzare oggi per vivere (meglio) domani. Lo slogan della mobilità del presente si è trasformata quasi in un mantra dell’industria automobilistica che, mentre è costretta gestire una transizione con regole imposte, continua a barcamenarsi tra l’esigenza ambientale e quella contabile, che la costringe comunque a produrre e vendere vetture che non possono essere solo elettriche, per evitare di andare gambe all’aria.

Così è stato interessante ascoltare la gestione di una situazione del genere da parte di un marchio, Dacia, che, all’interno del Gruppo Renault cui fa capo, è ormai da tempo elevata a brand fondamentale per i profitti garantiti dai suoi prodotti davvero essenziali nei contenuti, senza perdere un grammo di appeal, e soprattutto capaci di garantire un rapporto qualità/prezzo che sul mercato sta ottenendo risultati portentosi.

L’edizione 2024 dei Dacia Talks, non potevano non partire dal concetto dell’“elettrico su misura”, rappresentato alla perfezione dalla nuova Dacia Spring. I tecnici sono riusciti a farla pesare meno di una tonnellata – 984 kg, per l’esattezza – togliendo anche le barre dal tetto, diventate optional, come ha spiegato Clement Ariè, a capo del progetto Spring: «Chi acquista Spring si avvicina per la prima volta all’elettrico e la usa per gli spostamenti quotidiani che in Italia ammontano a poco più di 20 km al giorno, in Europa meno di 40. Dati che, a fronte di un’autonomia di 225 km, consentono una singola ricarica settimanale. Anche la velocità media nel traffico cittadino di 37 km/h concorre a contenere i consumi e la batteria da soli 26,8 kW – piccola, leggera e poco costosa – si dimostra adatta. Così come la ricarica, di serie a 7 kWh – visto che è caricata in casa nell’80% dei casi. Mentre il caricatore ad alta capacità è optional. e invece si aggiunge la possibilità di utilizzare l’energia della batteria per ricaricare monopattini, bici, o altro».

Insomma, un esempio pratico di una strategia aziendale decisamente chiara che Didier Michaud, responsabile strategia motori e piattaforme Dacia, ha approfondito proponendo soluzioni oggettive: «Secondo il più recente rapporto sul clima, le emissioni di gas a effetto serra sono schizzate da 40 a oltre 50 gigatonnellate nell’ultimo decennio. Se non mettiamo un freno, nel 2100 si sforeranno le 60 gigatonnellate, con un aumento delle temperatura ben oltre gli 1,5 gradi previsti. E il settore automotive, con i trasporti che rappresentano poco meno di un quarto delle emissioni, a pari merito con l’industria, è obbligato ad agire. L’obiettivo del Gruppo Renault è raggiungere la neutralità carbonica in Europa entro il 2040, nel mondo entro il 2050. E i veicoli elettrici sono l’unica via. Per farlo bisogna migliorare l’efficienza energetica degli stabilimenti, utilizzare materiali riciclati in percentuale maggiore”.

“L’apporto di Dacia su questa strada – ha proseguito Michaud – è lavorare sull’essenziale: nelle auto mettiamo solo quel che serve, così il veicolo pesa meno e consuma di meno. Lavoriamo anche sul controllo dell’energia, dall’utilizzo di luci a Led al recupero dell’energia. Per l’aerodinamica, puntiamo su dettagli come carenatura, deflettori e linee dei retrovisori. Impieghiamo materiali riciclati anche nelle parti visibili, come sui paraurti della nuova Dacia Spring. Lo stabilimento di Tangeri è ormai carbon-neutral, quelli di Casablanca e Pitesti lo saranno entro il 2030».

Una strategia seria e molto più ampia che converge solo in parte sull’elettrico. Come dimostra la seconda parte del discorso di Michaud:
«Anche la scelta della tecnologia ha un impatto sulle emissioni: delle tante disponibili nel Gruppo Renault, Dacia utilizza l’elettrico, l’ibrido, il mild hybrid e il bifuel benzina-gpl (eco-G). Ciascuno di questi propulsori è più vantaggioso del termico tradizionale, e ovviamente la palma va all’elettrico puro. Nel gas crediamo molto, lo estenderemo. Così come l’ibrido. Per l’elettrico, fin da principio abbiamo pensato a Spring in modalità Dacia: costa meno di 20mila euro, ha tutto quel che serve ed è pensata per la mobilità urbana. Anche l’offerta elettrica sarà ampliata, ma nel tempo perché dobbiamo poter offrire un prodotto che vada bene per tutti i nostri mercati: basti pensare che in Germania, Francia e Paesi Bassi è presente l’80% delle infrastrutture elettriche di tutta Europa».

Già, perché poi tutte le strategie vanno confrontate con la realtà. Esattamente come per quanto riguarda il discorso delle batterie, la cui fornitura continuerà ad arrivare dalla Cina, al netto degli investimenti per realizzare gigafactory per diventare almeno in futuro autonoma in tal senso. Insomma, l’unica reale certezza è l’accessibilità economica delle Dacia, come ha confermato Guido Tocci, general manager della filiale italiana: «In Italia siamo soli, mentre in altri Paesi europei l’aiuto per la diffusione dell’elettrico è più concreto»

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