Diritti

Donne usate come brand per legittimare la destra al potere: così si ruba loro autonomia

Mai come in questo periodo le donne sono state usate come brand per legittimare la destra al potere. Parrebbe che il solo fatto di essere donne dia una patente di sensibilità di genere a chiunque, a prescindere da quali siano i progetti a difesa di un sistema conservatore e patriarcale. Per esempio la destra, dopo che le donne hanno fatto tanto per introdurre il difficile tema del femminicidio nei confronti pubblici, si è appropriata del termine e l’ha svuotato di significato, come suo solito. Nel significato reale si intende l’oppressione delle donne in ogni ambito, che se anche non si conclude con l’uccisione fisica potrebbe riguardare quella psicologica ed economica. Per la destra il significato non è diverso da ciò che i preti di una volta predicavano. Plauso per la famiglia eterosessuale, meraviglie dedicate al ruolo delle donne che si sacrificano per mariti e figli e uno schiaffetto all’uomo che nell’esercizio che determina il suo potere sulla coppia semplicemente esagera. Quasi a dire che va bene che egli faccia ciò che fa purché il suo ruolo di dominio non abbia a risentirne e un rimprovero agli uomini che uccidendo le mogli, attuali o ex, fanno cattiva pubblicità al prodotto “famiglia eterosessuale”.

Ma in quali altri modi il femminicidio si realizza? Faccio un esempio di cui sento, vedo e leggo poche opinioni al riguardo. In quali e quanti modi alle donne viene impedito di realizzare un’indipendenza economica? Perché si investe sul patriarca che avrebbe la responsabilità, ancora oggi, di mantenere la famiglia e non si fa spazio all’autonomia delle donne? Semplice: perché se le donne avessero una reale indipendenza economica non rimarrebbero a subire per tanto tempo violenze in famiglia e sarebbero in grado di provvedere a se stesse e ai propri figli. Ancora: avviene perché se le donne potessero contare su altre prospettive probabilmente non si sposerebbero o non avrebbero figli anzitempo. Le pressioni affinché le donne soffrano di dipendenza economica e non possano scegliere di non avere un figlio sono correlate al progetto sociale che conservatori di destra insistono nel voler realizzare.

Nei programmi elettorali non trovo nulla che contraddica la mia analisi, salvo rari casi. Servirebbe però discutere di proposte legislative che discutano di come rendere possibile a tutte le donne poter fare una libera scelta su lavoro, sessualità, famiglia, maternità. Servirebbero leggi che diano alle donne un respiro ampio quando sono ancora in vita, invece che semplici aggravanti ammantati di paternalistica preoccupazione sul femminicidio pubblicizzato per distorcerne il significato. Dico questo perché so che le donne morte ammazzate non raggiungono quella conclusione per caso. Vengono uccise come fosse una amara conclusione, dopo che ciascuna di loro ha vissuto senza che nessuno si sia preoccupato di prevenire la loro morte violenta.

Con ordine: una bambina si affaccia al mondo piena di speranze e immaginando che ogni possibilità le sarà concessa. Crescerà in un contesto in cui dovrà preoccuparsi di subire molestie e stupri per poi frustrarsi mentre chiunque le dirà che è tutta colpa sua. Frequenterà la scuola perché le donne hanno diritto all’istruzione, ma quando un insegnante la molesterà, se vorrà informarne altri adulti, le verrà detto che è più importante che quel prof conservi il posto di lavoro perché il molestatore ha una famiglia da mantenere. Delle future speranze e dell’autostima della ragazza non importa a nessuno perché a lei si chiede solo di crescere sottomessa, obbediente e sposarsi per essere anche lei parte dell’ingranaggio così concepito.

Se la donna resiste alle pressioni durante il periodo scolastico e per fortuna arriva alla laurea, poi si affaccerà nel mondo del lavoro. Lì troverà capi e colleghi oltremodo sessisti e molesti, imparerà a dissimulare la propria amarezza, immaginerà che è meglio non dire nulla per conservare il posto di lavoro, qualcuna difenderà i colleghi molesti perché “anche a me è successo ma non era poi questo dramma”. In fondo di stupro e molestia non si muore, secondo alcuni. Dunque perché “rovinare” la vita del patriarca di turno dal cui sostentamento dipendono mogli e figli? Cattiva la vittima di molestie che viene posta in contrapposizione ad altre donne economicamente dipendenti, lasciando illeso il molesto sessista. Quando la donna proverà a denunciare ciò che subisce, quel che sperimenterà troppo spesso è il proprio licenziamento. Con la precarizzazione del lavoro questo è diventato più semplice: a parole diranno che sono dalla tua parte, ma poi non rinnovano il tuo contratto. A tante è accaduta la stessa cosa. Poi dovranno sentirsi dire che se a 40 anni non hanno ancora un lavoro stabile vuol dire che sono incapaci. Oh sì, come no.

Le donne la cui denuncia per molestie sul lavoro non sia soffocata sono tantissime, eppure il dato non preoccupa abbastanza. Il sommerso è infinito. Sono troppi i casi mai denunciati. Pochi infine trovano una giusta risposta in tribunale. Sappiamo tutte quel che il #MeToo ha scatenato nel mondo: donne insultate perché hanno osato raccontare quel che tutte sappiamo e uomini a insultare definendoci “isteriche”. Ciò che è chiara è la spinta a sminuire, banalizzare, mobbizzare, ostracizzare. In tante infatti hanno subito mobbing sessista per aver raccontato di aver subito molestie sul lavoro. Tante vengono definire “esagerate” o “donne che non stanno agli scherzi”, perché i molesti scherzano sempre, hanno un così ampio senso dell’umorismo… peccato massacrino le speranze delle donne che pare debbano pagare un costo enorme per il solo fatto di poter ottenere con le proprie forze una indipendenza economica.

Le donne che subiscono molestie sono soprattutto precarie, dunque ricattabili. Se straniere, i datori di lavoro minacceranno di non rinnovare il contratto da cui dipende il permesso di soggiorno. Se dal lavoro dipende la propria sopravvivenza, saranno minacciate di licenziamento. In tante infine perdono il lavoro. Sono quelle che secondo la Destra finiscono sui divani e chiedono un welfare attento ai propri bisogni. Quelle le cui possibilità sono state uccise, una ad una. Sono quelle la cui aspirazione a diventare economicamente indipendenti è stata ammazzata senza pietà. A queste donne viene detto che sarebbe ottimo sposarsi e avere dei figli. Chi sostiene che possa essere per le donne una ottima opportunità, quella di mettere l’utero al servizio dello Stato, non ha ben chiaro che un solo stipendio non basta e che molti uomini sono comunque stanchi di dover interpretare un ruolo di genere pessimo anche per loro. Anacronismi di questo tipo trovano purtroppo riscontro in un mondo in cui pochi reazionari cercano di difendere i presunti diritti dell’uccello smorto di utili idioti, ai quali viene concesso di sfogare marci istinti sulle donne per restare buoni a continuare a difendere un sistema che non li punisce e li coccola mentre usano donne come psicofarmaci e orinatoi.

Se le donne che lavorano sono mogli e anche madri, giacché il sistema le elegge a Madonne intoccabili dal punto di vista sessuale, ricevono un trattamento discriminatorio di altro tipo. Si scoraggia la loro intraprendenza sottolineando quanto i maschi siano razionali e le femmine emotive. Si diffamano le madri con l’accusa che approfitterebbero di leggi e diritti acquisiti per fare le scansafatiche ed emettere lamenti “solo” perché un pochino incinte. Si scartano le candidature in stravaganti colloqui durante i quali sembrerebbe più importante la vita privata delle candidate invece che le capacità professionali. Tutte noi abbiamo registrato domande e commenti che nulla avevano a che fare con la nostra competenza. Domande apparentemente innocue come “intende sposarsi?”, “ha un figlio?”, “vuole avere figli?”, ci hanno costrette a mentire o, nella maggior parte dei casi, a modificare le nostre vite e relazioni. Non essere assunte per queste ragioni è diventata un’abitudine, così come non esserlo perché in menopausa, quando teoricamente i datori di lavoro non dovrebbero avere nulla da ridire, diventa la riprova che in ogni caso alle donne non è concesso costruirsi nei fatti un’autonomia economica.

Le donne da assumere devono essere giovani, con l’utero in fermo biologico, carine, per migliorare l’umore dei colleghi maschi, omertose e idiote, perché ridano alle battute sessiste dei misogini, e potrei continuare all’infinito definendo contraddizioni su contraddizioni che determinano la dipendenza economica delle donne. Poi non ci si sorprenda se tantissime migrano in altre nazioni in cui trovano una maggiore sensibilità di genere.

Se infine lei si sposa e fa figli e le cose non vanno come sperato, vorrebbe divorziare ma non può, perché non sa come campare, non ha reddito né casa e i mariti hanno inventato nuovi metodi, in fondo uguali ai vecchi, per non corrispondere loro nessun risarcimento, per non riconoscere nessun diritto. Le donne sono considerate usa e getta. Quelle che sperano di poter essere qualcosa di più, di poter dire di No, di poter scegliere per se stesse, spesso vengono ammazzate.

Ditemi: è davvero tutto così improvviso? Sul serio non c’era modo di prevenire quelle morti?

Volete parlare di violenza sulle donne? Ottimo: cominciate ad affrontare la questione delle molestie sul lavoro, del gap salariale, di reddito e diritti. Solo dopo aver fatto questo potrete vantarvi di esservi preoccupati per noi.