L’onda nera scuote la Spagna senza travolgerla. Le fondamenta eurounitarie su cui poggia l’impalcatura dell’intera penisola iberica rimangono salde: in Portogallo vincono i partiti di chiara impronta europeista con Chega, la formazione nazionalista di destra rimasta ferma al 9,8% (2 i seggi), risultato distante dal 18 per cento conseguito nelle politiche di pochi mesi or sono. In Spagna Vox, unico partito euroscettico, ha vissuto una notte agrodolce, passa da 4 a 6 seggi ma non assapora il trionfo vissuto da altre compagini nazionaliste alleate nel Continente.

Uno dei rischi della politica è quello di trovare, lungo il cammino, qualcuno più radicale di te, pronto a scavalcarti sul tuo stesso terreno: è quanto accaduto, almeno in parte, in questa consultazione. Nel campo dell’estrema destra è spuntata una nuova figura, Alvise Pérez, il “Milei spagnolo”, un 34enne sivigliano divenuto vero agitatore politico che costruisce il consenso sui social con utilizzo di fake e con argomenti infarciti di attacchi all’establishment e di populismo. “Abbattere il sistema per ricostruirlo da zero” è uno degli slogan più in uso di Salf, acronimo diSe Acabó la Fiesta (la festa è finita), la formazione collocatasi più a destra di Santiago Abascal, fondatore di Vox. Un linguaggio triviale ma diretto che ha funzionato, oltre 800mila voti (il 4,59% dei consensi) e ben 3 seggi pescati in un bacino elettorale speculare a quello di Vox.
Non è un caso che l’ultradestra di Abascal, poche ore dopo lo scrutinio, abbia subito teso una mano ad Alvise Pérez, attribuendo al “hartazgo” (il fastidio) verso la corruzione della politica il successo della nuova formazione, un malessere che ora Vox vorrebbe condividere per trasformare un contendente in opportunità di crescita ulteriore.

Eppure tra le due formazioni le differenze sono evidenti: Vox è un partito di recente istituzione che si muove in modo tradizionale, con congressi, sedi fisiche, passaggi televisivi e comizi. ‘Se Acabó la Fiesta’ non ha partecipato ad un solo dibattito, non ha avviato alcuna campagna elettorale, non conta su finanziamenti pubblici. E’ sufficiente il buon uso dei social e il potere deviante delle fake news per divenire, dal nulla, quarta forza in 9 regioni e scavalcare in voti formazioni strutturate di sinistra come Sumar e Podemos.

Un fenomeno, secondo alcuni analisti, estemporaneo, in verità già noto alla politica spagnola: sul finire degli anni ’80 José María Ruiz-Mateos, un istrionico imprenditore, raccolse il 3,8% dei consensi e due seggi, una meteora in una Spagna da poco uscita dal franchismo e neo aderente dell’allora Comunità Economica Europea. Fatto poi ripetutosi con Pablo Iglesias che con ficcanti interventi televisivi seppe calamitare l’attenzione dell’opinione pubblica e assumere la leadership di Podemos, acquisendo importanti risultati poi svaniti al volgere di qualche elezione.

Alvise Pérez ha stravolto tutto il metodo tradizionale: il suo è un movimento creato esclusivamente sui social, con milioni di followers. Il ricorso all’uso dell’intelligenza artificiale è utile per divulgare due promesse: una riffa per donare uno stipendio da eurodeputato ad uno dei suoi follower e costruzione di un mega-carcere da 40mila posti contro il crimine organizzato, per restringervi persino persone con un semplice tatuaggio di appartenenza ad una gang.

Istituti demoscopici segnalano che la metà dei voti di Salf proviene dal bacino di Vox delle elezioni europee del 2019, un dato che spinge Santiago Abascal a prospettare un percorso comune tra i due movimenti.

Difficile prevedere come finirà l’approccio, tuttavia la storia recente insegna che la politica tradizionale mal si concilia con il movimentismo antisistemico e con la tecnologia di ultima generazione.

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