di Sonia Surico

Il dato più tragico e significativo emerso dalle recenti elezioni è senza dubbio l’astensionismo. Con un tasso di partecipazione sempre più basso, è evidente che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel nostro sistema democratico. L’ultimo spoglio delle elezioni ha rivelato un calo senza precedenti nell’affluenza alle urne, con un magro 49,6% di partecipazione. Questo dato, in netto contrasto con il 54,5% registrato nella precedente tornata elettorale del 2019, evidenzia una crescente apatia o disillusione verso il processo democratico, mettendo in discussione l’efficacia delle campagne di sensibilizzazione e il coinvolgimento dei cittadini nella sfera politica.

Guardatevi attorno: sempre meno persone si recano alle urne. Il disinteresse verso le elezioni è palpabile, quasi tangibile. Ma quale è la causa di questo fenomeno? Forse la mancanza di fiducia nelle istituzioni o, molto probabilmente, la sensazione diffusa che il proprio voto non faccia alcuna differenza.

Indipendentemente dalle ragioni specifiche, una cosa è chiara: la nostra democrazia è in crisi. La partecipazione dei cittadini alle elezioni è il cuore pulsante della vita politica, ma se il cuore smette di battere, allora la democrazia rischia di soccombere. E oggi, il cuore della nostra democrazia batte sempre più debolmente.

I dati parlano chiaro: meno della metà degli italiani si è recata alle urne, con una percentuale che scende addirittura al di sotto dell’età media della popolazione. Questo significa che chi ci rappresenta al Parlamento Europeo viene eletto da una minoranza, mettendo in discussione la stessa legittimità del sistema. Quando una così ampia fetta della popolazione decide di astenersi dal processo elettorale, ecco che il legame tra elettori ed eletti si indebolisce, se non addirittura si spezza del tutto.

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