In una Francia ancora sotto choc dopo il trionfo dell’estrema destra alle elezioni Europee, cade un altro tabù. Il leader de Les Républicains (LR) Éric Ciotti, intervenendo al telegiornale delle 13 di Tf1, ha detto di augurarsi l’alleanza con il Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella. Ovvero proprio con quell’estrema destra con la quale ha sempre detto che non si sarebbero “mai, mai, mai” seduti al tavolo. L’annuncio è storico e ha scatenato una vera e propria rissa dentro e fuori il partito. Oggi, ha dichiarato il leader, “siamo troppo deboli per opporci ai due blocchi che sono i più pericolosi”. Ovvero da una parte quello della sinistra di Jean-Luc Mélenchon e dall’altra quello di Emmanuel Macron. “Abbiamo bisogno di un’alleanza con il Rn restando noi stessi. Il Paese non è mai stato tanto a destra, attende degli atti” nella stessa direzione.
Una mossa che porta alla luce del sole le trattive negate ufficialmente da una parte del partito e che invece, non solo esistono, ma puntano anche alla creazione di un nuovo asse, mai visto finora in Francia. E che è destinato ad avere effetti anche sul Ppe e sulla maggioranza che andrà a formarsi a Bruxelles. Non a caso il primo effetto è stato su Reconquete, la forza ancora più a destra di Eric Zemmour e della nipote di Le Pen Marion Marechal, che si è sfilata da ogni accordo se ci saranno i repubblicani: sono ufficialmente le prove generali di una destra “normalizzata” di governo. Intanto il presidente francese, dopo aver convocato a sorpresa le elezioni legislative per fine mese, ha escluso categoricamente l’ipotesi di dimissioni: “Non lascio qualunque sia l’esito“, ha detto intervistato da Le Figaro. Ma a Parigi la situazione è in continua evoluzione e stanno crollando paletti che sembravano intoccabili rendendo difficile qualsiasi previsione.
Il terremoto (un altro) a destra – Di sicuro al momento, si può dire solo che l’annuncio di Ciotti è stato un altro terremoto. La prima a festeggiare è stata proprio Le Pen: “Una scelta coraggiosa“, ha detto. “Quarant’anni di pseudo cordone sanitario, che ha portato alla perdita di molte elezioni, stanno ora scomparendo”. La tensione tra i Repubblicani però, è altissima: subito dopo le parole di Ciotti, sono arrivate le condanne pubbliche e i primi addi. “Non può più presiedere il nostro movimento”, ha detto Gérard Larcher, presidente del Senato. La vice-presidente Florence Portelli poco dopo si è detta “indignata” per la scelta del suo stesso leader. Che è stato duramente contestato all’uscita della sede del partito dall’Unione degli studenti ebrei di Francia: “Vergogna”, gli ha gridato un gruppo di manifestanti. contestarlo anche la deputata ecologista Sandrine Rousseau: “Non meriti il nome Républicains”, ha detto.
In rete è cominciato a circolare un video di Ciotti che, solo sei anni fa, dichiarava: “Non andremo mai, mai, mai con l’estrema destra”. A lui contestano di aver cambiato completamente la posizione: “Credo che sia necessario servire il Paese, che è in pericolo”, ha detto in diretta tv il leader LR. Che ha detto di voler correre per sfidare quelli che considera i due nemici più grandi. “Da un lato, c’è questa alleanza contro natura” de la France Insoumise di Mélenchon che, secondo Ciotti, “difendono idee che sfiorano l’antisemitismo”. Dall’altro “il blocco macronista che ha portato il Paese al punto in cui si trova oggi”. Ecco che allora, secondo il leader del partito Repubblicani, la soluzione è quella di trovare un’intesa con Le Pen e i suoi. LR alle scorse Europee ha preso il 7%, mentre il Rassemblement National il 31,5 per cento. Nel 2022 il RN ha ottenuto 89 seggi e ora, per avere la maggioranza assoluta dovrebbe arrivare a 269 e l’impresa al momento è molto complessa, nonostante la grande crescita in termini di consensi in tutto il territorio. Le elezioni legisaltive in Francia prevedono collegi uninominali e il doppio turno: significa che servono candidati forti sui territori e una macchina ben strutturata per poter vincere. Ecco perché sono le elezioni storicamente più sofferte per Le Pen e i suoi che in passato avevano una classe dirigente troppo poco affermata. Il partito nel frattempo è cambiato e cresciuto, ma l’alleanza è sicuramente una mossa necessaria per poter fare la differenza.
Macron rivendica la sua scelta e nega le dimissioni – Per la Francia sono giorni di grande fibrillazione. Prima il risultato nelle urne, poi la scelta di Macron di mandare tutti al voto. Il Paese si è trovato ancora più diviso tra chi parla di un suicidio politico del presidente e chi invece approva la strategia di portare l’estrema destra al governo per provare a logorarla. Ma il quadro potrebbe aggravarsi per il capo dello Stato alla luce delle nuove dinamiche a destra, tanto che si è cominciato a parlare dell’ipotesi dimissioni. Uno scenario smentito da Macron “in qualsiasi caso”. Intervistato in esclusiva da Le Figaro Magazine, nell’aereo che lo riportava a Parigi da Ouradour-sur-Glane, il presidente francese ha difeso la sua decisione: “La politica è movimento. Non ho mai creduto ai sondaggi. La decisione che ho preso apre una nuova era”. Macron si è mostrato convinto che la campagna per le elezioni politiche anticipate consentirà di dimostrare che il Rassemblement National non è pronto a governare il Paese e che il trionfo di Bardella nelle recenti elezioni europee va piuttosto interpretato come una forma di voto sanzione contro l’attuale maggioranza presidenziale. “Non è stato un voto di adesione”, ha sostenuto ancora, aggiungendo che il Rassemblement National “non aveva un programma. L’unica proposta rimasta impressa è quella di una doppia frontiera che il suo stesso promotore è incapace di spiegare”. Macron ha detto anche di escludere che il Rn possa ripetere tra tre settimane l’exploit di domenica scorsa: “Non bisogna guardare i risultati per ciroscrizione sulla base dei quelli delle europee”. Quanto alla decisione di sciogliere l’Assemblea Nazionale, ha aggiunto che era “necessaria”. Insomma Macron si mostra determinato, ma la nuova scena è imprevedibile e non si possono escludere scenari estremi.
A sinistra rinasce l’asse – Intanto si muove qualcosa anche a sinistra. I partiti che alle Europee sono andati spaccati, si trovano ora di fronte alla necessità di ricompattarsi per contare nella sfida contro l’estrema destra. Ecco che allora, la sera del 10 giugno, poco più di 24 ore dopo le elezioni, hanno annunciato la rinascita di una unica coalizione. Risuscita quella che, ai tempi delle presidenziali, fu la “Nupes”. Hanno aderito finora: la France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, gli ecologisti di Eelv, il Partito socialista e il Partito comunista francese. Non c’è per ora Place Publique di Raphael Glucksmann. La decisione è quella di presentare candidature uniche in tutte le circoscrizioni al primo turno delle legislative. I leader hanno quindi lanciato un appello “alla costituzione di un nuovo fronte popolare che unisca in forma inedita tutte le forze della sinistra”. E si preparano a manifestare insieme ai sindacati. Nella speranza che la mobilitazione sia di massa e possa avere un peso anche al momento delle elezioni.