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La ‘maggioranza Ursula’ resiste in Parlamento, ma l’onda di destra può travolgere il Consiglio Ue: dall’Austria al Belgio, cosa può cambiare

In Parlamento europeo sarà nuovamente ‘maggioranza Ursula. Salvo colpi di scena, ad avere la prima parola sulle prossime nomine nelle istituzioni Ue saranno i liberali di Renew Europe, devastati dalla débâcle di Renaissance di Emmanuel Macron, i Socialisti, rimasti pressoché stabili contro ogni aspettativa, e soprattutto il Partito Popolare Europeo che, nonostante l’avanzata delle destre, guadagna seggi sfiorando i 190 scranni. Se l’uragano nazionalista è arrivato senza però travolgere l’Eurocamera, potrebbe non essere lo stesso per il Consiglio Ue: lì i leader estremisti sono destinati a crescere e la maggioranza moderata dovrà fare i conti anche con loro per evitare cinque anni di immobilismo europeo.

Per il Consiglio svoltare a destra
Le proporzioni all’interno della Plenaria sono importanti per promuovere, bocciare o modificare le proposte di legge europee. Ma a pesare di più sono sicuramente le poltrone in Consiglio Ue, dove si riuniscono tutti i capi di Stato o di governo dei 27 Paesi membri, in particolar modo quando si devono prendere decisioni all’unanimità. Fino a quando la linea degli Stati è largamente condivisa, con qualche concessione è possibile trovare un’intesa sui dossier più importanti. Lo ha dimostrato l’arrivo di Giorgia Meloni, fino a oggi allineata ai principali Paesi europei su diversi temi, e anche la presenza di Viktor Orban che ha fatto ostruzionismo soprattutto sul sostegno all’Ucraina, ma che con le dovute concessioni ha permesso all’Europa di non rimanere impantanata in un’impasse figlia delle mancate riforme dei Trattati.

Ma queste elezioni restituiscono una situazione ben diversa. Da oggi, il numero di partiti nazionalisti seduti al tavolo dei governanti potrebbe crescere rapidamente e di molto, trasformandosi in un vero blocco contrapposto a quello dei partiti tradizionali. Il tutto complicato dalla mancanza di una guida che esisteva fino a qualche ora fa: i risultati disastrosi di Macron in Francia e di Scholz in Germania, non più sicuri nemmeno di rimanere alla guida dei propri Paesi, ha fatto sprofondare il peso dell’asse franco-tedesco, fino a oggi colonna portante dell’Ue. In questo scenario, quello tra forze tradizionali e nazionaliste smette gradualmente di essere un rapporto tra larga maggioranza e minoranza, con le distanze che potrebbero andare sempre più ad assottigliarsi.

I Paesi che cambiano casacca
Prima di analizzare i risultati in questo senso è giusto precisare che il voto delle Europee non equivale a quello delle Politiche e che alcune consultazioni si terranno tra diversi mesi, quando le sensibilità (e l’affluenza) potranno cambiare. Detto questo, i dati odierni sono in alcuni casi talmente netti da non poter essere ignorati. E mostrano un Consiglio europeo che nei prossimi mesi potrebbe subire una forte svolta nazionalista.

Oltre ai due posti occupati da Meloni, finora vicina alle posizioni della maggioranza, e Orban, va ricordato quello del premier slovacco Robert Fico, che su temi come il sostegno all’Ucraina e la libertà di stampa ha già mostrato la tendenza ad avvicinarsi ad alcuni Paesi dell’est Europa, ad esempio l’Ungheria. Inoltre, il risultato elettorale, in prospettiva, dà il senso di come il Consiglio sia destinato a cambiare. Se in Germania il cancelliere Scholz sembra destinato a essere rimpiazzato, velocemente attraverso voto di sfiducia o più avanti nel tempo, da un leader della Cdu (quindi Ppe) riformando la vecchia Große Koalition in funzione anti-AfD, lo stesso non si può dire per la Francia. Il presidente Macron ha convocato nuove elezioni parlamentari per la fine di giugno. Se il risultato dovesse rimanere invariato, il capo dell’Eliseo si troverebbe a dover prendere una decisione: dimettersi, e a quel punto partirebbe la corsa di Marine Le Pen alla Presidenza, o andare a vedere in nuovi equilibri dell’Assemblea e, nel peggiore dei casi, rimanere in coabitazione con un governo a guida Rassemblement National, nel tentativo di indebolirlo fino al 2027.

Risposte sono invece attese dal Belgio, dove il sistema di formazione del governo è talmente complesso che, comunque, potrebbe richiedere mesi. Fatto sta che, mentre gli unionisti hanno vinto in Vallonia, nelle Fiandre le formazioni separatiste si sono prese tutto. Resta da capire di quale colore e con quali alleanze nascerà il nuovo governo e, di conseguenza, il nuovo premier che siederà tra i leader a Bruxelles.

Più definita la situazione in Austria dove l’ultradestra del Fpö ha chiuso avanti a tutti con il 25,7% delle preferenze, appena un punto sopra ai popolari del Övp. Se il risultato venisse confermato alle Politiche del 29 settembre, l’estrema destra sarebbe la forza trainante del nuovo governo, con la possibilità di rivedere l’accoppiata Fpö-Övp ma con peso specifico invertito: a trazione ultranazionalista e, di conseguenza, con un cancelliere di estrema destra da far sedere in Consiglio Ue.

X: @GianniRosini