Oltre 14mila voti, appena il 5 per cento lasciato all’avversario e altri cinque anni di amministrazione davanti. Il giorno dopo il plebiscito, Toni Matarrelli, il sindaco più votato d’Italia, appena rieletto a Mesagne, nel Brindisino, è già al lavoro alle 10 di mattina. Perché, lo aveva detto subito dopo il trionfo nelle urne, quelle cifre fuori dall’ordinario – il 94,57% delle preferenze, 16 consiglieri di maggioranza e zero di opposizione – saranno una grande responsabilità.

Come nasce questo successo?
È innanzitutto un successo della città, di una comunità che ha saputo ritrovarsi in quanto tale, che ha intessuto legami forti e sentimenti autentici prima con se stessa, poi con il suo sindaco. Abbiamo ritrovato l’orgoglio di essere una forza viva del migliore Mezzogiorno d’Italia: oggi Mesagne è consapevole della propria attrattività, sa di essere portatrice di bellezza e sa offrire quella bellezza al mondo intero. Se io ho un merito, è quello di aver convogliato energie che risiedevano già nel nostro tessuto sociale e di averle in qualche modo organizzate.

Alle Europee le forze di centrodestra a Mesagne hanno preso il 39%. Vuol dire che il suo è un successo personale.
C’è ancora qualcuno che crede che l’elettorato sia arretrato o stupido, che sia “popolo bue”. Io no. Ho sempre pensato che fosse il contrario e cioè che i nostri cittadini fossero emancipati e anche, legittimamente, esigenti. Che pretendessero istituzioni locali alla loro altezza, attente, scrupolose, pulite. E che, solo in quel caso, le premiassero attraverso il sostegno elettorale.

Quali sono state le principali direttrici che ha seguito durante il mandato?
Ho ascoltato, ascoltato e ascoltato ogni mio concittadino. Ho fatto tesoro di ogni sollecitazione, che si trattasse di un incoraggiamento o un rimprovero. Sulla base di questa straordinaria connessione, ho regolato l’azione di governo, puntando su due coordinate prioritarie: gli investimenti sulla bellezza e sul benessere sociale, ovviamente intesi in senso lato. Perché per noi è stato importante sia dimostrare che con la cultura si poteva mangiare – penso ai flussi turistici intercettati, alla destagionalizzazione del turismo, alle grandi mostre, all’inaugurazione di biblioteche – sia lavorare sul versante della formazione e dell’occupazione dei nostri giovani, dell’accoglienza e dell’inclusione, dell’efficientamento e dell’ammodernamento delle infrastrutture. Perché l’obiettivo è vivere bene in un luogo bello.

Una traduzione pratica di questi cinque anni?
Do alcuni numeri indicativi di un quadro rivoluzionario: 50 milioni di euro di finanziamenti intercettati, oltre 300 aperture di nuove imprese, 120 associazioni di volontariato in piena attività. Tre cifre per rendere la fioritura, la vivacità inedita di Mesagne.

Esiste un segreto per un cambiamento così rapido e vistoso?
La pressoché perfetta sintonia tra amministratori e cittadini, tutti concordi sulla necessità di rimboccarsi le maniche ogni giorno fin dal primo momento, tutti concordi sugli obiettivi a breve, medio e lungo termine.

C’è un’azione amministrativa di cui è più orgoglioso?
L’investimento sulla cultura, che all’epoca faceva arricciare il naso a qualche scettico e che invece ci ha restituito una enormità in termini di qualità della vita, di reputazione, di credibilità, di ritorno economico. Siamo arrivati tra i finalisti per il titolo di Capitale Italiana della cultura, siamo diventati la prima Capitale pugliese della cultura.

Quella che ancora non è riuscito a mettere in pratica e sarà la priorità dei prossimi 5 anni?
La sfida è quella di costituire le condizioni perché i nostri giovani possano scegliere liberamente se restare a Mesagne o andare a vivere altrove. Ovvero che abbiano opportunità di un lavoro stabile e dignitoso anche da noi.

Vent’anni fa Mesagne era la tana della Scu, oggi è una meta turistica, un posto tranquillo. Quali sono state le architravi del cambiamento, al di là di inchieste e condanne.
Una classe dirigente rigorosa e perbene, parrocchie coraggiose, scuole emancipate, famiglie sane. La Scu è stata una malattia terribile che non avremmo meritato ma da cui siamo guariti nel migliore dei modi.

I numeri di Decaro nel Mezzogiorno, il plebiscito di Matarrelli a Mesagne: “Il centrosinistra riparta dalla Puglia”?
Io e il mio caro amico Antonio siamo figli della stagione che nacque con Michele Emiliano sindaco di Bari e Nichi Vendola presidente della Regione Puglia. Credo che entrambi siamo stati all’altezza di quelle origini e che possiamo ancora dare qualcosa di utile al Paese.

A proposito di centrosinistra e Pd. Lei viene da sinistra, ha tenuto insieme Pd e M5s. È quella la strada anche per la segretaria Schlein?
Ne sono convinto, guido la Provincia da presidente e la città di Mesagne da sindaco sulla base dello stesso modello, movimenti civici insieme a Pd, 5 stelle e sinistra ambientalista. È un campo largo il cui perimetro è definito dalla nostra Costituzione, la più bella del mondo, che è democratica, antifascista, solidale, inclusiva.

Nei prossimi cinque anni non avrà opposizione in Consiglio comunale. Una responsabilità in più, per certi versi.
Io non la vedo così, paradossalmente noi abbiamo già imparato che l’azione di governo è un’azione che comporta una enorme responsabilità. Ogni atto, ogni scelta, ogni delibera è stata ponderata pensando alle ricadute sulla comunità e su ogni singolo cittadino. Abbiamo sempre ragionato come se fossimo insieme maggioranza e opposizione, per trovare l’equilibrio necessario all’interesse generale.

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