Novantaquattro virgola cinquantasette per cento. Forse messo giù in lettere fa meno impressione, ma la sostanza non cambia: Toni Matarelli è il sindaco più votato d’Italia. Un record, reso ancora più pesante dalle dimensioni del comune che conta oltre 26mila abitanti. Non il paesello che nessuno vuole più amministrare, dove qualcuno decide di sobbarcarsi l’onere e i pochi abitanti vanno alle urne per votarlo e garantire che qualcuno gestisca gli affari correnti. Questa è invece la storia di come gestendo bene il corrente si possano ottenere risultati straordinari e trasferirli nelle urne. Questa è la storia di Mesagne e del suo sindaco, Toni Matarrelli, nato a Krefeld, in Renania Settentrionale-Vestfalia, nel 1975, figlio di migranti poi rientrati alla base, cioè in questa città a una manciata di chilometri da Brindisi che fino a vent’anni fa era tristemente famosa per essere stata la culla della Sacra Corona Unita, nata per mano del mesagnese Pino Rogoli.

I primi cinque anni di amministrazione di Matarelli, ex consigliere regionale e deputato di Sel, una vita a sinistra, sono stati una rivoluzione tale che sabato e domenica quasi tutta la Mesagne che ha deciso di votare è andata alle urne per rieleggerlo. Se non un’acclamazione, poco ci è mancato. Matarrelli ha raccolto il 94,57% dei voti. In 14.004 hanno crociato il suo nome, il doppio di quanti ne aveva raccolti cinque anni fa. A Vincenzo Lotesoriere, coraggioso sfidante sostenuto da Fratelli d’Italia, sono rimaste le briciole: ha racimolato 804 preferenze. Il plebiscito è stato un trionfo delle civiche. Gli unici partiti che hanno deciso di presentare le liste con il proprio simbolo si dovranno accontentare di appena due consiglieri. Andranno entrambi al Partito Democratico che ha ottenuto il 9,20 per cento, mentre resta fuori il M5s con il 2,87. Insomma, fanno 16 seggi alla maggioranza e zero all’opposizione.

Per rendere l’idea del trionfo personale, vale la pena aggiungere che le tre forze di centrodestra hanno raccolto il 39% delle preferenze nelle urne delle Europee. “Il sentimento dei cittadini mi era chiaro, ma il dato che è emerso va oltre ogni previsione. Ha sorpreso anche me”, dice Matarrelli a Ilfattoquotidiano.it. Rientrato dalla Germania a Mesagne quando aveva 7 anni e mezzo, Matarelli ha iniziato la propria carriera politica in paese: consigliere comunale, assessore all’Urbanistica e poi alle Politiche sociali, a metà del primo decennio del Duemila diventa consigliere provinciale. Radicato a sinistra, Matarrelli è stato esponente di Rifondazione Comunista e ha poi seguito Nichi Vendola in Sel ed è stato eletto prima consigliere regionale e poi deputato nel 2013. Transitato in Possibile, ha poi aderito ad Articolo 1 e nel 2019 si è candidato a Mesagne con una coalizione di liste civiche vincendo al ballottaggio per un soffio sulla candidata del centrosinistra. Da lì, la costruzione del trionfo e nel frattempo anche la carica di presidente della Provincia.

Le direttrici della visione le aveva spiegate in un’intervista al Fatto: burocrazia zero, tempi di attesa quasi azzerati, circa 300 aziende aperte e appena 18 chiuse, mostre importanti, capitale della Cultura per la Puglia nel 2023, un cartellone di eventi estivi da fare invidia a grandi città, 50 milioni di euro di fondi ottenuti per opere pubbliche. E ci sono anche duecento borse di lavoro da 500 euro per chi è in condizioni di povertà: c’è chi cura il verde, chi fa il receptionist, chi la guida. Ci fu un tempo in cui gli abitanti dei paesi vicini, a mo’ di sfottò, la chiamavano “Mesangeles” facendo il verso alla metropoli californiana. Oggi, nelle sere dei mesi più caldi, si fa fatica a trovare un posto letto nelle strutture ricettive e un posto a sedere nelle decine di locali del centro storico. A dimostrazione che il destino di una città si può cambiare.

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