Diritti

Geo Barents a Genova con 165 migranti, l’equipaggio ricorda le vittime dell’ultimo naufragio: “Morti per la gestione delle frontiere”

“Denunciamo questa situazione perché queste morti si potevano evitare, sono vittime della gestione politica delle frontiere europee”. Così Fulvia Conte, che con gli altri soccorritori di Medici Senza Frontiere sono approdati ieri 11 giugno a Genova, dopo 4 giorni di navigazione. Attraccano con il lutto al braccio e prima di iniziare le operazioni di sbarco hanno srotolato sul fianco dell’imbarcazione uno striscione: “Europa… quanti ancora?”. Sotto la scritta 11 numeri e altrettanti salvagenti appesi, come le vittime del naufragio i cui corpi in fase di decomposizione hanno recuperato sabato scorso nelle acque tra Italia e Libia. Come le altre navi della flotta non governativa che si fa carico delle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, la Geo Barents è una sorta di “ambulanza del mare”, ma all’azione umanitaria sente di dover unire la denuncia politica: “Chiediamo sia rispettato il diritto internazionale che impone i salvataggi in mare – spiega Fulvia Conte, coordinatrice della ricerca e soccorso della Geo Barents – si fermino gli illegittimi respingimenti in Libia, si aprano canali legali e sicuri”. All’indomani delle elezioni europee, la richiesta all’Unione è che ripartano le operazioni di salvataggio che erano stati possibili con Mare Nostrum: “Stiamo coprendo un vuoto che hanno lasciato gli Stati – aggiunge il capo missione Juan Matias Gil – queste persone non hanno alternative ad affrontare queste tratte pericolose che spesso gli costano la vita”.
Se per le salme recuperate sabato è stato concesso il trasbordo per quel minimo di decoro umanitario residuo, le 165 persone soccorse sono state indirizzate per l’ennesima volta verso il porto più lontano possibile a quello dov’è avvenuto il salvataggio: “Obbligare a effettuare gli sbarchi al Nord è una procedura punitiva riservata alle Ong – spiega Fulvia Conte – perché ad altre navi commerciali o governative che effettuano soccorsi viene concesso lo sbarco nel porto sicuro più vicino”. Anche la tesi per la quale questi sbarchi lontani consentirebbero una ridistribuzione dei migranti sul territorio nazionale viene smentita dagli operatori: “L’ulteriore beffa è che spesso veniamo a sapere che queste persone vengono caricate su corriere che li riportano in centri del Sud Italia, più attrezzati per avviare l’iter di accoglienza“. Le missioni di ricerca e soccorso “sono limitate da questi continui allungamenti delle rotte”, ma continuano: “L’unico effetto che ha avuto questo provvedimento, al quale si aggiungono i continui blocchi pretestuosi delle imbarcazioni di soccorso, è diminuire la disponibilità di mezzi di salvataggio e aumentare le vittime“.