Siamo ormai abituati ai ritardi dell’Italia sugli obiettivi del Pnrr. Alle rincorse e alle soluzioni rabberciate per non perdere i fondi europei. Ma quello che è accaduto la settimana scorsa al concorso pubblico per addetti all’Ufficio del Processo ha dell’incredibile e sta scatenando le proteste di chi ha sostenuto la prova e adesso pretende chiarezza, se non addirittura giustizia. Si parte da una domanda che in molti hanno segnalato per l’ambiguità delle risposte. E si finisce con l’eliminazione della stessa e l’attribuzione di un punto a tutti i partecipanti alla sessione. “Discriminando tutti gli altri e viziando così tutte le graduatorie”, denunciano i concorsisti. Che, sentiti alcuni sindacalisti, riferiscono: “Per non perdere i fondi del Pnrr, il ministero della Giustizia deve assumere le 3.946 unità previste entro e non oltre il 30 giugno, così passa tutto in secondo piano”.

La prova incriminata è quella sostenuta sui quesiti della “busta numero 5” la mattina del 6 giugno. Uno dei 4 turni di un concorso che ha registrato 72mila domande di candidati con lauree in Legge, Economia e Scienze politiche. Per 3.946 posti con contratto a tempo determinato di due anni, dal 30 giugno 2024 al 30 giugno 2026, da addetti all’Ufficio del Processo, l’organo del ministero presso i tribunali che deve “garantire la ragionevole durata del processo, attraverso l’innovazione dei modelli organizzativi ed assicurando un più efficiente impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”. Belle parole, ma chi è stato assunto nel 2021 racconta anche di essere finito a fare fotocopie o più in generale il tappabuchi, perché la carenza di organico dei nostri tribunali è ormai strutturale. Così a snellire i processi ci prova anche il Pnrr che però scade l’anno prossimo e, manco a dirlo, siamo in ritardo.

Terminata la prova, molti scrivono a Formez, l’organismo in house della Presidenza del Consiglio che organizza i concorsi della pubblica amministrazione. Lamentano l’ambiguità di una delle 40 domande, alla quale corrisponderebbero non una, ma due risposte esatte su tre. “Alle 10 del mattino di lunedì scorso, accedendo online con lo Spid alla mia prova, per quella domanda compariva una schermata: “Qualsiasi risposta data a questa domanda è stata considerata corretta””, racconta Enrico, 40enne con due lauree che ha partecipato alla prova. Ma già un’ora più tardi le prove erano sparite dal sito: “Tutte quelle della sessione, una cosa grave perché si tratta di atti pubblici”, sostiene. Si sente fregato perché è tra quelli convinti che la risposta corretta fosse invece una sola e di averla data. Certi che la scelta di attribuire punteggio a tutti coloro che hanno dato una risposta, giusta o sbagliata che fosse, “vizi l’intera prova“.

La protesta monta, fioccano le mail e due giorni dopo le prove riappaiono, ancora con la formula “Qualsiasi risposta è stata considerata corretta”. Spiegano i partecipanti: “Abbonano la penalità a quelli che hanno sbagliato dando un punto a tutti. Un vantaggio scorretto a scapito di chi ha preso parte alle altre sessioni, che di fatto ha avuto una domanda in più”. La cosa si ripercuoterà direttamente sulle graduatorie: “Centinaia di persone saranno indebitamente scavalcate una volta che al punteggio verranno sommati i titoli di studio”, ragiona Enrico. Sui social sale la rabbia: “Ormai con i concorsi stanno facendo carne da macello, qui conta solo procedere, assumere e salvare i fondi”. E c’è già chi si attrezza per il ricorso al Tar. “Non solo concorri per un lavoro le cui funzioni non sono chiare, con la futura stabilizzazione che resta solo un’ipotesi in uno dei tanti decreti attuativi del Pnrr”, commenta Stella, altra candidata al concorso. “Se poi, a questa totale mancanza di visione tipicamente italiana, aggiungi la gestione dei concorsi, ti rendi conto del livello raggiunto dal Paese”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti

GIUSTIZIALISTI

di Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita 12€ Acquista
Articolo Successivo

Annuncio choc nel distretto biomedicale modenese, la multinazionale Morzac vuole chiudere, a rischio 350 posti

next