Economia

Migliaia di auto ferme nei porti europei: così la Cina ha anticipato l’aumento dei dazi. Mentre costruisce stabilimenti in Ue

L’aumento dei dazi sulle auto elettriche prodotte in Cina, ritenute beneficiarie di eccessivi aiuti pubblici, non è certo un fulmine a ciel sereno per Pechino. Che ha avuto mesi per prepararsi all’esito dell’indagine avviata da Bruxelles lo scorso ottobre e si è mossa di conseguenza. Non è un caso se da tempo, come ha ricostruito il Financial Times in aprile, i produttori hanno accumulato nei porti europei migliaia di auto utilizzandoli di fatto come parcheggi e congestionando i terminal. C’entra ovviamente anche il fatto che il ritmo di vendita è stato finora inferiore al previsto complice anche il calo delle sovvenzioni all’acquisto da parte di alcuni Paesi europei. Risultato: una sovracapacità produttiva difficile da gestire. Ma di certo le vetture di marchi come BYD, Great Wall, Chery e Saic già ferme ad Anversa, ma pure a Livorno e nel Pireo, sfuggiranno alle maggiori tariffe. È una delle strade per dribblare l’offensiva europea, insieme all’apertura di stabilimenti nel Vecchio continente. Magari sfruttando incentivi all’insediamento, visto che molti governi guardano con interesse alla potenziale creazione di posti di lavoro.

Byd sta per esempio costruendo il suo primo stabilimento europeo a Szeged, in Ungheria, e punta ad aprirne un secondo. Chery si sta guardando intorno e si è parlato di discussioni con il governo italiano, notizia accolta con irritazione da Stellantis che però a sua volta ha scelto la Polonia come sito europeo per assemblare le auto del partner cinese Leapmotor. Chery andrà a produrre in Spagna e anche Saic motor sta ufficialmente decidendo dove creare uno stabilimento di assemblaggio europeo.

Nel frattempo, come ha spiegato al Financial Times un responsabile della catena di fornitura automobilistica, “I produttori cinesi di veicoli elettrici utilizzano i porti come parcheggi”. Non mancano i casi di auto che restano nei porti fino a 18 mesi: di fatto fino al momento di essere venduti a distributori o utenti finali. Nel frattempo i grandi gruppi si stanno dotando di enormi mercantili con cui fare la spola tra Asia ed Europa. Byd ha messo in attività quest’anno il Byd Explorer No. 1, 200 metri di lunghezza e capacità di carico fino a 7mila mezzi. Questo mentre la crisi del Mar Rosso continua a tenere altissimi i prezzi dei container.

Secondo un’analisi di Transport & Environment quasi un quinto (19,5%) dei veicoli elettrici venduti in Europa l’anno scorso è stato prodotto in Cina e la quota è destinata a raggiungere il 25% nel 2024. Un aumento delle tariffe dovrebbe essere accompagnato da una spinta normativa per aumentare la produzione di veicoli elettrici in Europa, da accompagnare all’obiettivo concordato del 100% di auto zero emissioni nel 2035. Che le forze di destra, galvanizzate dai buoni risultati elettorali, vorrebbero ora rimettere in discussione.