Diritti

Papa Francesco e la ‘frociaggine’, adesso basta insultare i gay

Adesso però anche basta. Papa Francesco che parla ancora di “frociaggine”, consapevole del significato dispregiativo della parola, non si può sentire e mostra le contraddizioni della Chiesa.

Bergoglio si è espresso più volte in favore degli omosessuali – “Chi sono io per giudicare un gay?” – parole nette. Quelle odierne però spiazzano: “In Vaticano c’è aria di frociaggine”, ha detto. Di più: se un ragazzo ha una tendenza omosessuale è meglio non farlo entrare in seminario. Sono “ragazzi buoni”, ha spiegato, “ma con questa tendenza meglio di no”.

La verità è che dal Papa e dall’ex Sant’Uffizio arrivano parole contrastanti su più fronti, e argomenti capziosi: la Congregazione per la Dottrina della Fede, per dire, accetta che vengano impartite benedizioni alle persone con inclinazione omosessuale, “ma dichiara illecita ogni benedizione che tenda a riconoscere le loro unioni”. Immagino l’ironia di Pascal: la Chiesa, dunque, ammette la benedizione dei singoli omosessuali (e quindi comprende), ma non ammette le loro unioni (e quindi non comprende affatto)… è come se un gay avesse la “grazia sufficiente” per salvarsi, ma non la “grazia efficace” se non l’accoglie uniformandosi alla Chiesa che perdona il singolo ma non la coppia gay. Perfetto gesuitismo.

Sì, gesuitismo condito col manto di una formale misericordia che gioca (ancora) con la vecchia distinzione tra peccatore e peccato; mai il dubbio che certi “peccati” possano non essere tali. Insomma, nessuna apertura da parte della Chiesa (e la parola dispregiativa “frociaggine” è rivelatrice) ma distinguo sofistici che fanno solo male agli omosessuali.

L’ho già scritto ma urge ripeterlo, l’ambiguità della Chiesa sugli omosessuali favorisce l’odio: “Dopo il pestaggio di un gay finito in ospedale un infermiere gli ha detto: ‘Con una cura di ormoni puoi guarire’. È quest’idea, che l’omosessualità sia una malattia, a generare violenza. Ma dicono qualcosa di diverso certi integralisti che arringano contro l’omosessualità?”, dice qualcosa di diverso Bergoglio che parla dei gay come ammalati da tenere fuori dai seminari? Urge rivedere le certezze “ideologico-religiose” che veicolano anatemi e ostracismi.

Insomma: se da Vannacci alla Chiesa arrivano segnali sbagliati, possiamo davvero prendercela con quei giovani balordi che da Reggio a Milano a Roma insultano e picchiano un gay? Molti non lo sanno (e sembra dimenticarlo anche il Papa), ma è figlia della sensibilità gay gran parte della cultura mondiale: erano omosessuali Foucault, Gide, Pasolini, Proust, Rimbaud, Shakespeare, Tasso, Platone, Garcìa Lorca, Wilde, Visconti, Verlaine… mi fermo qui. Bisogna ricordarlo ogni tanto. Con la speranza che la Chiesa esca dal Medioevo. Ecco, sull’omosessualità Bergoglio è fermo al passato, vede i gay come “anormali”, li esclude da certi ruoli e insiste su schemi superati; mentre gli omosessuali subiscono violenza nelle strade.

Certo, la Chiesa poi assolve tutti: il gay picchiato che non ha fatto nulla di male, se non essere sé stesso; e l’aggressore perché anche lui è figlio di Dio. È ora di dire che tutto questo non va bene; di più: che si favoriscono i pestaggi dei gay continuando a ostracizzarli, a non riconoscergli la dignità nemmeno di entrare in seminario. La Chiesa ha una visione ristretta e accetta l’omosessuale solo se nasconde la sua natura. Che ciò avvenga in nome di Dio è solo un aggravante; Dio non può essere tirato in ballo sull’“omosessualità” (come su molti altri temi, per dirla con Flores D’Arcais). Affermano che l’omosessualità sia contro natura, ma “In che senso sia contro natura non si è mai capito”. Lo sapeva bene “il divino Platone” che nel Simposio ha parole sublimi. Ma il problema della Chiesa Cattolica (uno dei tanti) è che di Platone, di Aristotele e di Tommaso – per dirla con Severino – prende solo ciò che le fa comodo.

Basta. Adesso basta ripetere in chiesa “Ama il prossimo tuo come te stesso” e insultare continuamente i gay.