L’incarico al “delfino del casato” del “Duca” è stato rinnovato dal sindaco reggino Giuseppe Falcomatà (Pd), appena due settimane prima che scattasse l’operazione “Ducale” dei Ros e della Dda di Reggio Calabria, provocando un nuovo terremoto politico. Daniel Barillà, genero di Domenico Araniti detto il “Duca” indicato dagli inquirenti come boss di Sambatello e a capo dell’omonimo clan ‘ndranghetista, sarebbe il portatore di voti che ha spinto in trionfo il primo cittadino Falcomatà, ed è stato riconfermato lo scorso 16 aprile dallo stesso sindaco, come componente dell’organismo indipendente di valutazione (Oiv) del Comune, che si occupa di valutare le performance dei dirigenti degli enti locali. La prima nomina risale al 21 dicembre 2020, firmata sempre da Falcomatà.

L’incarico all’Oiv – “Danielino”, come viene chiamato nelle intercettazioni, è finito ai domiciliari perché avrebbe diretto la “strategia dei brogli elettorali per conto della ’ndrina”, nelle tornate elettorali del 2020, quando si è votato per le regionali e comunali di Reggio, e l’anno successivo, in cui si è tornato alle urne dopo la morte prematura della governatrice Jole Santelli. Un piano ben studiato, con la “scelta di più candidati da appoggiare” per “puntare sul cavallo vincente”. Barillà avrebbe giocato su più fronti, e per questo “corteggiato”, ricevendo a sua volta diverse offerte, perché “capace di movimentare consensi elettorali”.

Tra queste c’è il “prestigioso incarico di amministratore/liquidatore della Leonia Spa”, partecipata dal Comune e proposta dal consigliere comunale dem Francesco Sera (Pd), finito sotto inchiesta. Offerta però “incompatibile” con la nomina del 21 dicembre 2020 firmata da Falcomatà per l’Oiv. Un incarico, si legge nella delibera, con durata di 3 anni, rinnovabile una sola volta, e un “corrispettivo lordo” di 1.239,39 mensili. Un incarico che prescrive “correttezza” e “imparzialità”, oltre al monitoraggio del “funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della trasparenza e integrità e dei controlli interni”, formulare “proposte e raccomandazioni ai vertici amministrativi”, e “comunicare tempestivamente le eventuali criticità riscontrate ai competenti organi di indirizzo politico-amministrativo dell’Ente”. Tutte caratteristiche che probabilmente il sindaco Falcomatà aveva riscontrato in Barillà.

“Votano il mio amico” – Lo schema usato da Barillà per le elezioni è semplice, come spiega lui stesso alla “collega Elisabetta Cattini”, “presidente dell’Oiv”, alla quale “confidava il suo modus operandi”. “Ci riuniamo io, lui, qualche altro e diciamo che facciamo?» le dice Barillà. Per il gip, è “il chiaro riferimento alle prossime elezioni regionali”. “Quest’anno sarà così la mia linea. Una parte votano a Mimmo, il mio amico, perché è del PD. E l’altra votano Fratelli d’Italia, l’altro amico mio, li dividiamo”, aggiunge Barillà. Secondo il ragionamento di “Danielino”, aggiunge il gip, poteva garantire sulla “loro capacità di catalizzare consensi, dato che “il suo gruppo era noto in città”.

Atti in commissione antimafia – Come già successo anche nei casi di Bari, Torino, Palermo e Genova, la commissione parlamentare antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, ha chiesto gli atti dell’inchiesta dei Ros e della Dda di Reggio Calabria sul presunto condizionamento elettorale al consiglio regionale e in quello comunale reggino. La commissione aveva già programmato una visita in Calabria.

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