La Cgil annuncia di aver raggiunto quota 500mila nella raccolta firme per il referendum contro jobs act, precarietà e sub appalti. È stata quindi ottenuta la soglia minima da raggiungere in tre mesi per avviare l’iter della consultazione. La raccolta delle firme era iniziata a fine aprile, tra le adesioni anche quelle della segretaria del Pd Elly Schlein, del leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte e di Nicola Fratoianni ed Angelo Bonelli di Avs.
Il sindacato precisa in una nota che le firme raggiunte per ciascuno dei quattro quesiti sono 582.244. “L’obiettivo del mezzo milione di firme, necessario per “deliberare l’abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto avente valore di legge, ha detto il segretario organizzativo, Luigi Giove, è stato ampiamente raggiunto, a distanza di un solo mese e mezzo dall’inizio della campagna referendaria, avviata il 25 aprile scorso”. Nei territori e nei luoghi di lavoro , prosegue il segretario organizzativo, “stiamo riscontrando un grande interesse attorno ai temi proposti dalla nostra organizzazione. Inoltre, c’è un diffuso desiderio di partecipazione. Nonostante il traguardo sia stato già raggiunto, la raccolta delle firme proseguirà,
I quesiti referendari sono in tutto quattro, i primi due sono sui licenziamenti (uno sul superamento del contratto a tutele crescenti e l’altro sull’indennizzo nelle piccole imprese, previsti dal Jobs act); il terzo sulla reintroduzione delle causali per i contratti a termine (in questo caso il riferimento legislativo è ad una delega del Jobs act ma anche alla norma introdotta dal governo Meloni che lascia alle parti individuali la possibilità di indicare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva); il quarto è relativo agli appalti, sulla responsabilità del committente sugli infortuni.
L’intenzione è quella di andare al voto nella primavera 2025. Il Jobs act, entrato in vigore il 7 marzo 2015 con il governo Renzi, ha introdotto il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio. E in casi di licenziamento illegittimo ha previsto il superamento del reintegro nel posto di lavoro sostituito da un indennizzo economico commisurato, appunto, all’anzianità (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità). Di fatto, ha sostenuto più volte la Cgil, ha mandato in soffitta l’articolo 18 per i neoassunti.
“Vogliamo dare un futuro ai giovani, c’è una precarietà non più accettabile, vogliamo dare dignità al lavoro. I giovani, le donne stanno pagando un prezzo altissimo. E mettiamo in campo tutti gli strumenti disponibili per far sì che il lavoro non sia precario, ma dia dignità e permetta di vivere. In più si continua a morire sul lavoro” aveva affermato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini presentando l’iniziativa referendaria.