Ogni giorno in Europa 7.400 persone muoiono per i danni causati da fumo, alcol, inquinamento e cibi ultra processati. Un totale di 2,7 milioni di decessi all’anno. In sostanza una morte ogni quattro è riconducibile a questi fattori. Sono le cifre contenute nell’ultimo rapporto dell’Organizzazione mondiale per la Sanità in cui i governi vengono invitati ad intraprendere iniziative più incisive per contrastare la diffusione e l’utilizzo di questi prodotti. Come si legge nello studio, infatti, da parte delle aziende vengono messe in campo strategie di marketing aggressive, non di rado ingannevoli o fuorvianti, che ne fanno aumentare il consumo.

Dei 2,7 milioni di decessi annui, la maggior parte (1,1 milioni) è riconducibile al consumo di tabacco, fumo passivo incluso, mentre l’alool è responsabile di 426mila morti premature. Una dieta troppo ricca di sale provoca 252mila vittime ogni anno, l’eccessivo uso di cibi ultra processati ne provoca altre 117mila. Nocivo anche l’esagerato consumo di bibite molto zuccherate (15mila morti). Quasi 600mila decessi, infine, dipendono dall’inquinamento da combustibili fossili. Una ricerca pubblicata nel 2023 aveva mostrato come questi stessi fattori fossero responsabili di 19 milioni di morti ogni anno a livello globale, vale a dire il 34% dei decessi.

Il rapporto descrive però anche in modo dettagliato come la grande industria utilizzi metodi espliciti e nascosti per aumentare i propri profitti a scapito della salute dei clienti. Impegnandosi in vigorose azioni di lobbying finalizzate a bloccare o ritardare l’adozione di politiche volte a migliorare la salute della popolazione o, quantomeno, a metterla in guardia dai rischi di questi prodotti. Vengono quindi elencati alcuni “falsi miti” utilizzati abitualmente delle industrie del settore per indurre false credenze sulla non nocività dei loro prodotti. Il primo è quello in cui si fa appello alle capacità di autoregolamentazione delle aziende. In realtà, spiega l’Oms, i codici di condotta si sono dimostrati spesso del tutto inefficaci nel prevenire la commercializzazione di prodotti alimentari non salutari, soprattutto nel caso di quelli destinati ai bambini.

Il secondo mito è quello per cui le persone dovrebbero essere lasciate libere di scegliere per sé e per i propri figli. Tuttavia, scrive l’Oms, le decisioni individuali non sono “libere” ma sono fortemente influenzate dalle condizioni economiche e dalla possibilità di accedere a un alimentazione più sana. Inoltre le campagne pubblicitarie e di marketing sono appositamente studiate per indurre scelte sbagliate, manipolando le preferenze e limitando la capacità di rendersi veramente liberi e informati.

Terzo falso mito è il rischio di perdita di aziende e posti di lavoro in caso di maggiori restrizioni. Ma non esistono evidenze a livello internazionale che maggiori regolamentazioni abbiano prodotto questo effetto. In realtà sembra vero esattamente il contrario. In Cile l”introduzione della legge sull’etichettatura e la pubblicità degli alimenti con restrizioni su tutte le attività di marketing ingannevole, non ha prodotto alcun effetto negativo sul settore. Infine l’affermazione secondo cui il marketing non prende di mira bambini e altre categorie vulnerabile. Anche questa una falsità poiché se anche ciò non avviene in modo esplicito, accade comunque in modo più subdolo ma altrettanto efficace. Hans Henri P Kluge, direttore regionale dell’OMS per l’Europa, ha sintetizzato: “Le tattiche dell’industria includono lo sfruttamento delle persone vulnerabili attraverso strategie di marketing mirate, fuorviando i consumatori e facendo false affermazioni sui benefici dei loro prodotti o sulle loro credenziali ambientali”.

Quanto alle strategie di lobbying, ovvero tecniche per influenzare a proprio favore le scelte dei decisori politici, il rapporto riassume le principali modalità utilizzate dalle aziende. Ci sono azioni di lungo termine che mirano ad instaurare relazioni durature con i politici e altre tattiche di breve termine, come i ricorsi legali usati per bloccare o ritardare un atto sfavorevole. Le imprese cercano poi di indirizzare ed orientare i termini dei dibattiti politici in modo a loro più favorevole e di modificare la percezione del loro ruolo, spesso facendosi vanto di un impegno nei settori no profit. Esempi lampanti di queste modalità di intervento si vedono nell’industria del tabacco in relazione alle sigarette elettroniche. Interessante, nonché particolarmente insidiosa, è quella che viene definita strategia epistemologica, progettata per influenzare l’informazione in cui si sviluppano i dibattiti. Si tratta di modellare l’insieme delle prove disponibili per le scelte dei legislatori. Ciò avviene finanziando generosamente ricerche, spesso metodologicamente deboli, che avvalorano però le tesi sostenute dalle industrie, e che vengono poi ampiamente diffuse sui media.

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