TORINO – È l’attacco all’impero degli Elkann. Con una lettera del suo legale Dario Trevisan, spedita questa mattina con raccomandata postale e con una “pec”, Margherita Agnelli de Pahlen chiede infatti a Fca Partecipazioni Spa, a Stellantis Europe Spa (il braccio italiano del colosso automobilistico) e alla capogruppo olandese Stellantis NV (quotata alla Borsa di New York e su Euronext Milan ed Euronext Paris) di avere notizie “in relazione alla scomparsa di opere d’arte di sua proprietà”. Un gesto clamoroso, perché coinvolge la multinazionale (nata dall’accordo che ha inglobato Fca-Fiat in Peugeot) di cui è presidente il primogenito della figlia di Gianni Agnelli, John Elkann, e perché si inserisce nella battaglia legale (penale e civile) attorno all’eredità di Marella Caracciolo, vedova dell’Avvocato, e – indirettamente – a quella del “Signor Fiat” scomparso 21 anni fa, il 24 gennaio 2003. Il testo è stato trasmesso per conoscenza anche alla Autoriteit Fianciële Markt (AFM) olandese, l’equivalente della nostra Consob.

In particolare, la nuova mossa di Margherita riguarda uno dei capitoli della contesa ereditaria: la Collezione Agnelli, una straordinaria raccolta di almeno 636 opere il cui valore supererebbe il miliardo di euro. Due anni fa, la figlia dell’Avvocato aveva presentato una denuncia alla Procura di Milano, contestando la scomparsa di 13 quadri che erano esposti in tre dimore di Gianni Agnelli, la residenza di Villar Perosa, Villa Frescot a Torino e l’attico di Palazzo Albertini-Carandini a Roma, in piazza del Quirinale. Il 23 febbraio 2019, alla morte della madre Marella che aveva l’usufrutto di quelle dimore, Margherita era entrata nella piena proprietà degli immobili, contestando però l’assenza di alcune opere d’arte.

Adesso, chiede informazioni proprio alle tre società del Gruppo Stellantis su tale circostanza, “ripetutamente riportata dagli organi di comunicazione”, e con particolare riferimento a cinque quadri: La Chambre di Balthus, il Pho Xai (figlio del secondo ambasciatore siamese Phra Naval) di Jean-Leon Gerome, il Glaçons, Effect blanc di Claude Monet, La scala degli addii di Giacomo Balla e Misteri e malinconia di una strada di Giorgio de Chirico.

L’avvocato Trevisan spiega nella lettera che, nell’ambito dell’inchiesta penale della Procura di Torino nella quale sono indagati per reati fiscali e truffa ai danni dello Stato John Elkann, i suoi fratelli Lapo e Ginevra, il commercialista di famiglia Gianluca Ferrero e il notaio svizzero Urs von Grünigen (esecutore testamentario e amministratore dei beni ereditari di Marella Caracciolo), “sono stati rivenuti gli originali di alcune delle opere d’arte sopra menzionate di proprietà di Margherita Agnelli” e che si è appreso che “il luogo del ritrovamento” si trova presso la sede “di Fca Partecipazioni – Centro Congressi Lingotto”, nella storica ex fabbrica della Fiat a Torino. In particolare nei locali interrati “dell’Archivio Centro congressi, al piano -1”.

A questo punto, ecco la richiesta esplicita: “Riservandoci di adottare le misure che riterremo opportune, nei confronti di Fca Partecipazioni e dei suoi organi e/o della sua controllante Stellantis Europe e/ della capogruppo Stellantis NV (di cui è presidente John Elkann) e che svolge su di esse attività di direzione e coordinamento, vi chiediamo sin da ora di fornire documentazione relativa al titolo in base al quale Fca Partecipazioni detenga opere d’arte e beni di terzi, compresi gli originali di alcune di quelle di proprietà di Margherita Agnelli oggetto di sparizione”.

Un colpo di scena, dunque, nella complessa e controversa vicenda della Collezione Agnelli, oggi al centro delle indagini sia della Procura di Milano che di quella di Torino: con versioni e accertamenti in parte divergenti. Infatti, secondo un’annotazione della Guardia di Finanza di Milano, consegnata due settimane fa al procuratore aggiunto di quella città, Eugenio Fusco, i 13 quadri indicati da Margherita non sarebbero stati sottratti dalle dimore italiane della dinastia, ma sarebbero stati donati dalla nonna Marella ai tre nipoti John, Lapo e Ginevra Elkann e ora sarebbero “rintracciati e rintracciabili” in parte nel caveau del Lingotto e in parte in Svizzera.

Molto diverso, invece, ciò che emergerebbe dall’inchiesta della Procura e della Guardia di Finanza di Torino, avviata dopo un esposto di Margherita contro i tre figli. Un fascicolo (al quale nei prossimi giorni sarà allegato quello di Milano), che ha portato i pm torinesi a indagare i tre Elkann per i presunti “raggiri e artifizi” messi in opera al fine di costruire una “inesistente residenza svizzera” della nonna. Per escludere, sostengono i pm, dall’eredità la madre Margherita e per non pagare la tassa di successione in Italia.

Nei sequestri effettuati lo scorso 8 febbraio, i finanzieri avevano visitato anche il caveau del Lingotto. Il Fatto Quotidiano e gli inviati di Report, in un’inchiesta giornalistica condotta tra Torino, Roma, e la Svizzera, hanno ricostruito però che gli inquirenti torinesi hanno rinvenuto al Lingotto solo due originali, La Chambre di Balthus e il Pho Xai di Gerome, e invece tre copie di modesto valore di altrettanti capolavori: il Glaçons di Monet, La scala di Balla e il Mistero e malinconia di De Chirico.

Ma dove sono gli originali? Secondo gli Elkann, che hanno risposto a una richiesta di informazioni avanzata da Vittorio Sgarbi quando era ancora sottosegretario ai Beni Culturali e dopo un accesso agli atti di Report al ministero, sarebbero sempre stati a Sant Moritz, nella villa svizzera “Chesa Alcyon” dell’Avvocato. Per il momento, la Procura torinese sta approfondendo soprattutto le vicende legate alla residenza svizzera di Marella e agli eventuali resti fiscali. Ma è probabile che in un secondo tempo, dopo aver già ricevuto un primo parere di un consulente, i pm ordinino una perizia per accertare l’esatta datazione delle copie. Se emergesse, infatti, che esse sono state realizzate dopo il 24 gennaio 2003, giorno della morte di Gianni Agnelli, allora le indagini potrebbero estendersi a verificare quando e come gli originali possano aver lasciato l’Italia per la Svizzera, sostituiti con le copie. Margherita Agnelli ribadisce comunque che le opere le sono state sottratte e che, eventualmente, chiederà anche la nullità della presunta donazione ai figli. Di qui la nuova mossa che, implicitamente, informa in via ufficiale dell’indagine penale, che coinvolge John Elkann (il presidente della società), sia i vertici di Stellantis NV, sia l’organo di vigilanza della Borsa olandese, l’AFM, cui l’avvocato Trevisan chiede di trasmettere, “per quanto di sua competenza”, la “tempestiva risposta” sulla presenza di alcuni quadri nel caveau del Lingotto.

Un collegamento, quello tra le varie cariche sociali rivestite da John Elkann nelle articolazioni dell’impero Exor e le inchieste penali italiane, che aveva già fatto capolino in un’altra recente lettera di Trevisan per conto della sua cliente. Quella inviata alla giornalista statunitense Jennifer Clark che, nel suo libro “L’Ultima Dinastia”, in relazione al ruolo di guida di Elkann nella società semplice “Dicembre” (la “cassaforte” di famiglia che gli assicura la primazia in Exor), aveva parlato di un documento del 1999, firmato anche dalla madre Margherita, “che blinda il controllo di Dicembre… John non perderà mai il potere decisionale”. Diverso, invece, il parere del legale della figlia dell’Avvocato che, nella su precisazione, aveva commentato: “Qualora un amministratore di società semplice venisse condannato per reati fiscali, potrebbe essergli comminata anche l’interdizione da 6 mesi a 3 anni, con conseguente nomina di un nuovo amministratore”.

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