Le cause del deludente risultato elettorale del Movimento 5 stelle alle elezioni europee sono molteplici, alcune note a tutti e semplicemente intuibili, altre da cercare come verità nascoste, sconosciute a molti addetti ai lavori, taciute da quelli che ne erano a conoscenza.

– L’affluenza

La più bassa di sempre nella storia della nostra Repubblica ha finito per favorire i due principali partiti rappresentanti del nuovo processo di bipolarismo in corso (come ha giustamente sottolineato la premier): FdI e Pd, ovvero i due con l ‘elettorato più “militarizzato”, sfavorendo di conseguenza gli altri. Pesa ancora di più nel caso del Movimento l’astensione nelle circoscrizioni Sud e Isole.

– La serie storica

Seppur giovane, il M5S ha preso parte a tre competizioni per il Parlamento Europeo, riportando sempre crolli percentuali consistenti rispetto alle precedenti politiche: 2014 – 4%/ 2019 -15% / 2024 -5%. È evidente, e noto, che l’elettorato solitamente attratto dal Movimento non è particolarmente interessato a questo tipo di elezioni.

– Il dualismo Meloni-Schlein

Tanto desiderato dalle due signore della politica italiana e tanto auspicato dal sistema mediatico, ha finito per isolare gli altri partiti e ha marginalizzato la figura di Conte come riferimento principale dell’opposizione al governo Meloni (che è quello che a lui sarebbe piaciuto essere).

– Il voto nei Comuni

Le elezioni amministrative hanno trainato il voto per le Europee premiando (ancora una volta) i partiti forti sui territori, il che esclude a priori il M5S, fragile e senza più riferimenti territoriali.

– Le candidature deboli

Altro tallone di Achille più volte al centro di discussioni. Candidare sconosciuti, ancora oggi in alcuni casi totalmente inadeguati, o personaggi dalla notorietà non dirompente (con tutto il rispetto per Tridico o Morace) non porta tanti voti, specie se l’offerta altrui nello stesso campo è da questo punto di vista molto alta (si pensi ai parterre offerti dal Pd e da AVS) o se nell’altro campo gioca in prima persona una come Meloni.

– Non c’era Conte

E questo è uno dei motivi chiave in un’epoca in cui è il leader ad aggiungere quel tocco in più al successo di un partito. La sua candidatura poteva garantire l’1-2% al risultato contribuendo a renderlo meno magro.

– I territori

Già detto: abbandonati, senza sedi di partito, senza punti di riferimento, parlamentari assenti in campagna elettorale. Coordinatori regionali contestati dagli attivisti (vedi Sicilia, dove l’operato di Nuccio Di Paola solleva più di un malumore).

– I temi

Vanno bene la pace, la legalità etc., ma oltre a non essere concetti ribaditi con la stessa forza di altri competitor (Santoro, per esempio, rivale sul tema bellico) essi non hanno la stessa penetrazione di un reddito di cittadinanza (spiace dirlo ma è così) e non sono certamente le cornici ideali per un quadro che abbia una prospettiva di lungo termine.

– La strategia sbagliata

Una campagna elettorale iniziata troppo presto e con troppa aggressività, quasi tutta incentrata contro il Pd. La strategia di Conte non ha pagato. Il no a Chiorazzo in Basilicata, l’addio alla giunta Emiliano, la rivalità su Bari non sono state apprezzate da tutti. Secondo Swg il 13% (quasi due punti percentuali, dunque) di chi aveva scelto M5S nel 2022 ha votato lo scorso weekend per altro partito di centro sinistra (leggi Pd). E infatti chi aveva votato Conte per non votare Letta nel 2022 è andato in soccorso di Elly Schlein, ingiustamente colpevolizzata per i problemi del Pd (a proposito, se fosse vero che i grillini andarono a votare per Schlein contro Bonaccini, si confermerebbe una certe predisposizione all’intemperanza, per non dire a fare ca**ate, dell’elettorato grillino). Ma perché Conte ha alzato il tiro contro il Pd? Forse per la sua ambizione di diventare il leader del campo del centrosinistra o forse per tenere a bada una porzione della base, minoritaria ma potente, che scandiva il vecchio mantra “mai col Pd”?

– La fronda

E siamo arrivati al punto. Da mesi, dalla Toscana alla Sicilia, un rigurgito di grillismo duro e puro ha investito la base elettorale. Ho avuto modo di consultare chat e gruppi riservati dove l’ex premier viene definito in tono dispregiativo “l’Avvocato”, dove si costruiscono menzogne sui risultati ottenuti in passato (in realtà tutti disastrosi sotto la gestione Di Maio), dimentichi che senza Conte presidente il M5S alle politiche 2022 avrebbe preso molto probabilmente percentuali da Italexit. Una fronda organizzata che, con opera di convincimento e passaparola, ha spinto per disertare le urne, prima alle elezioni regionali, poi a quelle europee. L’obiettivo, neppure celato, è destituire e sostituire Conte con il passato. Circolano nomi come Di Battista, Camelot (la nuova piattaforma di Casaleggio junior), Raggi… E l’illusione che con “un guerriero” alla guida il Movimento smuoverebbe elettori dormienti dall’astensionismo. Una sciocchezza pari solo a quella di chi in Italia si ostina a cercare di costruire “il nuovo Centro”. Entrambe “isole che non ci sono“ come quelle di Peter Pan, ma mentre quella del personaggio creato da Barrie era accessibile esclusivamente ai bambini, queste sono meta immaginaria di giovani invecchiati male.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti