Abrogazione della riforma delle pensioni di Emmanuel Macron, aumento del salario minimo e una tassa dei più ricchi a livello europeo. E ancora: condanna dei massacri terroristi di Hamas, ma anche un cessate il fuoco a Gaza per il rischio genocidio. Poi lo sforzo per la pace in Ucraina, seppur garantendo “l’invio delle armi necessarie” a Kiev. Di fronte a una Francia nel caos e mentre Marine Le Pen va a caccia di nuovi sostegni al centro, la sinistra ritrova l’unità firmando un “contratto di legislatura”. E’ la prima mossa ufficiale del cosiddetto “Nouveau Front Populaire”, quello che fu la Nupes alle scorse presidenziali e che ora prende in prestito il nome usato nel 1936 dalla sinistra guidata da Léon Blum.

Oggi a unirsi sono la France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, il Partito socialista (compreso Raphael Glucksmann), i comunisti e gli ecologisti che, in pochi giorni, hanno annunciato di aver trovato un accordo sul programma. Un patto che cerca di unire le differenze di forze che, fino a una settimana fa, hanno fatto campagne elettorali separate e non hanno risparmiato attacchi reciproci. Nessun riferimento al nome dell’eventuale primo ministro: naturalmente in corsa c’è Mélenchon, ma nella coalizione già iniziano a circolare voci sulla necessità di trovare un nome che sia meno “ingombrante” e “divisivo”. E’ presto, dicono. Prima bisogna pensare ai nomi da candidare nei collegi sui territori e soprattutto, riuscire a mettere in difficoltà un Rassemblement National che mai prima d’ora era stato così forte.

Foto di gruppo, programma e domani i primi cortei di protesta organizzati in tutta la Francia. La sinistra prova a reagire di fronte a quel 31,5% nei consensi che, alle Europee di soli sette giorni fa, ha sancito il trionfo dell’estrema destra. Che di sicuro, non sta a guardare. Marine Le Pen e il suo delfino Jordan Bardella lavorano per allargare il fronte della destra. I Repubblicani, in piena crisi da psicodramma, attendono l’ufficializzazione della cacciata del leader Eric Ciotti, colpevole di aver aperto al Rn. Intanto, non solo vengono ufficializzate candidatura unitarie a livello locale tra i due partiti (dovrebbero essere tra 70-80), ma addirittura il nuovo presidente ad Interim dei neo-gollisti ammette che, in caso di ballottaggio, “certamente supporteranno il candidato a destra” (quindi anche qualcuno del Rn). Le Pen e i suoi lavorano proprio per normalizzarsi e affermarsi al centro, rosicchiando altri consensi a un Macron sempre più in difficoltà. “Le Rassemblement National ha la possibilità di vincere le elezioni” legislative”, ha detto oggi Le Pen in una delle tappe del suo tour di campagna elettorale a Hénin-Beaumont. E se ciò accadrà, formerà “un governo di unità nazionale“. E cosa significa? “Riuniremo tutti i francesi, uomini e donne di buona volontà, consapevoli della situazione catastrofica del nostro paese “. Spetterà a Jordan Bardella, candidato a Matignon, “scegliere la sua squadra”, ma oggi “la questione non è distribuire i posti”, ha precisato. La leader del Rassemblement National Marine Le Pen ha contestato l’accordo della sinistra francese unita sotto il “fronte popolare”. Secondo lei, “siamo di fronte a un pericolo molto grande: un’estrema sinistra radicale e violenta composta da persone che hanno idee inammissibili”. E per Le Pen il “pericolo” è “che domani tocchi a Jean Luc Mélenchon essere primo ministro”.

In questo scontro tra destre e sinistre, Macron ha cercato di ergersi come l’unico in grado di mediare tra gli estremismi. Ma la sua strategia sembra al momento molto debole. Intanto l’accordo a sinistra è comunque una novità, quando, fino a poche settimane fa, sembrava impossibile che le varie forze riuscissero a trovare un modo per parlarsi allo stesso tavolo. Il rischio Bardella ha fatto il resto. Il contratto di legislatura è diviso in tre parti: i primi 15 giorni sono definiti di rottura con 20 atti che possano rispondere a “emergenza sociale, sfida climatica e riparazione dei servizi pubblici”; i successivi 100 giorni aprono “l’estate delle sfide” con cinque leggi sulla situazione sociale, la salute, educazione, clima, energia e con una legge finanziaria che rpeveda “l’abolizione dei privilegi dei miliardari“. Sulla politica estera, si parla di “urgenza di pace” e sulla necessità di “una diplomazia” che lavori per la pace. Ma anche una diplomazia “femminista” che lavori per i diritti delle donne. Per quanto riguarda la guerra a Gaza, tema su cui le sinistre si sono più spaccate negli ultimi tempi, il programma del Nouveau Front Populaire chiede il “rispetto dell’ordinanza della Corte internazionale di Giustizia che evoca, senza ambiguità, un rischio di genocidio”. Nel programma comune riconoscono l’”inquietante esplosione, senza precedenti”, degli “atti razzisti, antisemiti e islamofobi” in Francia. Una netta sterzata rispetto alla contestata formula del leader di LFI, Jean-Luc Mélenchon, che pochi giorni fa, a inizio giugno, continuava invece a sostenere che l’antisemitismo ”resta qualcosa di marginale”. Infine, sulla guerra in Ucraina, altro punto di discordia, la gauche si impegna a “difendere indefettibilmente la sovranità e la libertà del popolo ucraino”, garantendo a Kiev le “forniture di armi ”necessarie”. E propone “l’invio di caschi blu per mettere in sicurezza le centrali nucleari” in Ucraina. Almeno sulla carta, ora le sinistre hanno trovato un accordo. Ora bisogna vedere se reggerà la prova del voto: il sogno è ripetere l’exlpoit delle scorse presidenziali, ma dovranno fare i conti con un Rassemblement National ancora più forte.

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