di Riccardo Bellardini
“Parleremo di intelligenza artificiale, e anche di pace”. La Santa Sede presenta così la partecipazione (un inedito storico) di Papa Francesco al G7 pugliese, e a primo impatto la dichiarazione appare ambigua, come se la pace fosse argomento residuale, a cui dedicarsi se proprio avanza tempo, linea non proprio coerente con lo spirito prettamente pacifista espresso dal pontefice negli ultimi due anni, con appelli molto netti e pieni di sdegno soprattutto contro il commercio degli armamenti.
Il tema su cui battere i pugni in quest’occasione dovrebbe essere, più di ogni altro, la risoluzione dei grandi conflitti. Nel summit dei grandi, a cui parteciperà anche Zelensky, ci si orienterà verso il più classico dei doppi binari, marchio di fabbrica dell’Occidente libero: obiettivo del cessate il fuoco a Gaza da perseguire sull’onda della linea Biden, ma aumento della produzione di armi e sostegno incondizionato all’Ucraina da rafforzare, isolamento della Russia ancor più sanzionata, in vista di una successiva “conferenza di pace” in Svizzera, prevista nel weekend, in cui la federazione non sarà presente perché non invitata, e quindi, pace de che?
Papa Bergoglio, che preannuncia incontri bilaterali con sette leader durante il summit, si ritroverà dentro un coacervo di capi di stato e di governo in pieno fermento guerrafondaio, non predisposti ad alcuna volontà di negoziato rispetto al conflitto sul fronte orientale, quello che al momento ci espone ai rischi più gravi dal punto di vista della sicurezza, con la guerra atomica che è diventata una possibilità concreta.
Avrei sperato nel pontefice, nella sua presenza. Ma ci si può davvero fidare di lui? L’esito più probabile è quello di un vertice con approvazione di nuovi aiuti militari, e quindi nuovi soldi spesi in armi, cosa per cui Francesco dovrebbe inorridire. Al termine di questo appuntamento, il Vaticano manterrà i rapporti con i grandi stati impegnati nella fornitura di missili e bombe all’eroe Zelensky? O li romperà?
Vedremo il Papa in versione ultra-atlantista, che si adegua, si appiattisce sul mondo che prende le sue inevitabili direzioni, mettendosi magari l’elmetto al posto della papalina, e dimenticando quelle sue parole che ripudiavano qualsiasi soldo buttato per aumentare l’arsenale di congegni distruttivi, da cui potrebbe nascere (Dio non voglia) l’incidente che porta all’ultima terribile guerra? O vedremo il pontefice andare allo scontro anche pesante con i leader, al di là delle parole di facciata, pur di spingere in maniera testarda per arrivare finalmente ad una traccia di accordo tra i contendenti, contro un coro di stati che vede in Putin il grande nemico, con cui per nessuna ragione al mondo si può scendere a patti?
Chissà. Sarei stato più fiducioso con un Papa più chiaro. Francesco invece è pericolosamente ondeggiante. Un personaggio difficilmente inquadrabile. Predisposto alle aperture, ma pronto a tornare indietro repentinamente e senza troppi tentennamenti, anche in maniera netta, ma forse un po’ troppo a giudicare dagli ultimi sviluppi. Le frasi da bar sport sugli omosessuali nei seminari, con una virata clamorosa rispetto alla posizione espressa anni fa, orientata ad una presa di coscienza inaspettata della chiesa sui diritti civili, hanno lasciato tutti senza parole, anche se l’indignazione è contenuta. Se fosse stato Vannacci a parlare di frociaggine, probabilmente Repubblica avrebbe mandato in stampa un’edizione speciale.
Anche in altri casi le tendenze aperturiste del Papa argentino si sono smorzate bruscamente: per il diaconato femminile, ad esempio, il pontefice aveva istituito delle commissioni di studio che non hanno portato a effettivi cambiamenti. Il vescovo di Roma si arresta di fronte ai dogmi sacri, sembra dare l’illusione di poter sterzare mentre rimane diritto sulla strada più battuta e sicura.
Almeno sulla pace, Santità, rimarrà fedele a se stesso? Riuscirà a dire a questi potenti fomentati che la guerra è una pazzia?