Un trafficante internazionale di opere d’arte, indicato dagli investigatori come collegato a Matteo Messina Denaro, il boss di Cosa Nostra arrestato il 16 gennaio 2023 dopo 30 anni di latitanza e morto lo scorso 25 settembre. Questo il contesto dell’operazione eseguita dalla Direzione Investigativa Antimafia che questa mattina ha sequestrato beni tutelati da interesse storico, artistico ed archeologico. Il trafficante si chiama Giovanni Franco Becchina, 85enne di Castelvetrano, il paese di nascita anche di Messina Denaro. Tra le opere sequestrate, svariate anfore di epoca tardo romana e un basamento di marmo riproducente scene mitologiche scolpite su tutti i lati, di età ellenistico-romana, tutti ritenuti di ingente valore. Il decreto di sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione è stato emesso dal Tribunale di Trapani.

Becchina entra e esce da vicende giudiziarie legate a Matteo Messina Denaro ormai da anni. Indagato – inchiesta poi archiviata – per un progetto di furto del Satiro Danzante, ora custodito a Mazara del Vallo, è stato poi accusato di aver finanziato la latitanza del capomafia suo compaesano. “Perché Gianfranco Becchina doveva dare queste cose e quindi dovevano andare a finire a Panicola per poi arrivare a chiddu, a Matteo Messina Denaro”, raccontò agli investigatori Grigoli, altro finanziatore del boss. Nel 2017 a Becchina furono sequestrati beni per milioni di euro. “Pur non riportando ad oggi condanne definitive per il reato di associazione mafiosa, le sue frequentazioni, i suoi ‘traffici’ e i rapporti diretti con gli ambienti della criminalità organizzata di tipo mafioso castelvetranese rendono infatti, attuale e rilevante il suo grado di pericolosità ‘qualificata’”, si leggeva nel provvedimento di sequestro del 2017.

A carico di Becchina, si legge nella nota odierna della Dia, “emergono numerosi indizi riguardo alla sua pericolosità, caratterizzata dall’essere un soggetto che trae il proprio sostentamento, dalla propria attività di trafficante internazionale di reperti archeologici”. Dell’attività illecita svolta dal trafficante avevano parlato in passato diversi collaboratori di giustizia. La misura di prevenzione, emessa su proposta del Direttore della Dia e del Procuratore della Repubblica di Palermo Maurizio de Lucia, ricalca analoghi provvedimenti scaturiti grazie alle indagini patrimoniali svolte dalla Direzione Investigativa Antimafia di Trapani che ha dimostrato la sproporzione tra le fonti di reddito e gli impieghi del nucleo familiare dell’indagato. Le opere d’arte saranno adesso affidate per la custodia alla Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali al fine di renderle nuovamente fruibili alla collettività.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

“L’ospedale san Giovanni Bosco controllato ancora dal clan Contini”: 11 arresti a Napoli

next
Articolo Successivo

“Meno violenza e più corruzione, così le mafie s’infiltrano nell’economia legale e puntano ai fondi del Pnrr”: il rapporto della Dia

next