Nessuna squadra ha mai rimontato un 3-0 in una finale NBA. Ci riuscisse Dallas, sarebbe come mandare l’uomo su Marte. Difficile. Davvero impossibile. Non tra le finali NBA più spettacolari di sempre, però sono emerse cose interessanti. Boston ha semplicemente confermato finora quanto fatto vedere in stagione. Una squadra completa, profonda, allenata bene. Con una superstar (sì, perché Jason Tatum è una superstar, malgrado difetti di selezione al tiro e cattive percentuali), un All-Star come Jaylen Brown, un giocatore di altissimo livello come Jrue Holiday (che è stato due volte All-Star e ha vinto un titolo nel 2021 con i Bucks), e uno dei migliori playmaker della lega alla voce Derrick White, attorniati da tanti giocatori solidi e funzionali. Il vero punto di forza dei Celtics è che tendenzialmente sono in grado di costruire buoni tiri. Non smettono mai di eseguire. Poi, la palla può andare dentro o meno. Ma se hai la capacità di creare ritmo, di costruire le giuste spaziature e hai tiratori con la mano rotonda prima o poi segni. O comunque crei vantaggio per andare al ferro. Inoltre, gente come Horford e Porzingis (assente per infortunio in gara 3) nel ruolo di centro sono “veleno” per una squadra come i Mavs che hanno lunghi (Gafford e Lively) che non amano seguire il proprio avversario sul perimetro. Si trovano a proprio agio sotto canestro, a proteggere, a intimidire. Cosa che Boston ha cercato in tutti i modi di non fargli fare.

Le scelte difensive dei Celtics

Come hanno difeso i Celtics contro Dallas? Con in mente una sola idea: Doncic e Irving, batteteci voi. Prendete pure un uno-contro-uno a ogni azione. Tirate, andate in penetrazione, arrestatevi dalla media. Ma questa è l’unica cosa che vi concediamo. Se fate 40 punti a testa in ogni gara perdiamo. Ma non ci pensate nemmeno a servire in alley-oop Gafford e Lively come contro Minnesota, perché quella opzione ve la chiudiamo preventivamente. E tentiamo di chiudervi anche gli scarichi sul perimetro, perché raramente un nostro difensore si staccherà per aiutare l’uomo che marca una delle due stelle. Sta funzionando. Doncic (che individualmente in attacco è stato comunque mostruoso, in difesa molto meno…) e Irving hanno avuto meno punti di riferimento, meno linee di passaggio, meno opzioni offensive. Il risultato è meno ritmo. Lo sloveno ha tirato da tre con il 32,1%, mentre l’ex Cavs con 28,6%. Ah, PJ Washington si è fermato anche lui poco sopra il 28%. L’intera squadra, ovviamente, da fuori ha sparato complessivamente a salve con il 28,2% nelle tre gare di finale.

Visto come gioca Jrue Holiday?

In difesa, ha dato letteralmente lezione sulla marcatura dei piccoli. Capace di andare in scivolamento laterale come un granchio. Di tenere Irving sul primo-passo. Di marcare Doncic e non andare sotto fisicamente. Ed è stato anche un importante punto di riferimento in attacco, sopperendo alle difficoltà di Tatum nelle prime due partite. Sta tirando da tre con il 41% ed è stato autore di una gara 2 memorabile con 26 punti e 11 rimbalzi. Sempre concentrato, sempre puntuale, sempre pericoloso e in movimento. Se vinceranno il titolo, i Celtics dovranno fargli una statua. Non è che i Milwaukee Bucks lo hanno fatto andare via troppo a cuore leggero?

La solida presenza di Jaylen Brown

In finale, è al momento il miglior marcatore dei Celtics (non il miglior giocatore, non scherziamo…). Per lui 24,3 punti di media e un atteggiamento tosto, determinato, di chi ha visto la meta e vuole fare di tutto per arrivarci. Continua a essere impreciso dal perimetro (25%), ma non è questo il suo gioco. Il suo gioco è essere aggressivo in entrata, è attaccare il ferro tutte le volte che può, è muoversi in attacco per dare ai compagni buone linee di passaggio. Presenza positiva. Uno che non trema quando conta.

Le fatiche offensive di Tatum

Si, è vero, non sta giocando il miglior basket della sua carriera. In gara 3 ha chiuso con 31 punti (20 nel primo tempo), 6 rimbalzi e 5 assist. Tuttavia, complessivamente sta tirando molto male (29,6% da tre e appena il 35,9% dal campo). Continua a rendere evidenti i propri difetti di selezione al tiro. Non ha un movimento sicuro dentro cui rifugiarsi per garantirsi una decina di punti automatici a partita. Però, non si metta in dubbio, come molti stanno facendo, il suo status di stella di prima grandezza. Innanzitutto, perché questo non può essere decretato per due sole partite “bucate”. Poi, perché una cosa è leggere solo le statistiche offensive, altra cosa è vedere poi il campo. E il campo dice di un giocatore che ha difeso con grande competenza, che si è sacrificato per i compagni con grande umiltà. E, per quanto non sia un passatore che verrà ricordato dai posteri, ha cercato di dedicarsi al penetra-e-scarica con egregi risultati (7,3 assist di media) ed è andato a rimbalzo come un assatanato (8,7 di media).

That’s all Folks!

Alla prossima settimana.

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