Cronaca

Siccità in Sicilia, senza acqua niente dialisi: la Regione la compra dai privati. “3mila pazienti a rischio”

Tremila: è la conta dei pazienti a rischio per la siccità in Sicilia già a inizio giugno. Non si è ancora nel pieno dell’estate, ma l’allerta è alta: nei campi, dove il grano è secco e vuoto, si sgretola tra le mani; nelle stalle, dove è stato fatto arrivare il “fieno solidale” dalle regioni del Nord; e nei centri dialisi privati, 81 in particolare, che coprono circa il 75 per cento dei pazienti della Regione Sicilia. Manca poco e bisognerà mettere mano alle riserve idriche dei centri che non sono sufficienti per superare neanche qualche settimana e che, soprattutto, non si riempiono di nuovo. “Già da tempo molti centri dialisi sono stati costretti a comprare l’acqua a proprie spese con costi esorbitanti” spiega l’Associazione Dialisi Sicilia, che copre la metà dei centri. Alcune zone sono maggiormente esposte.

Già in aprile alcuni tra i più importanti corsi d’acqua e i bacini idrici tra Agrigento e Palermo e Caltanissetta, come il bacino artificiale di Fanaco o il fiume Platani, avevano ad esempio ridotto sensibilmente la loro portata. Molti paesi avevano iniziato a razionare l’acqua. A maggio la crisi è esplosa. “La situazione peggiorerà, è una certezza” spiega a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Verde, nefrologo a Trapani e presidente di Ads.

I trattamenti dialitici necessitano infatti di ingenti quantità di acqua. Un paziente ha bisogno di circa 150 litri di acqua a seduta, che passano attraverso i reni artificiali, miscelati con gli altri elementi del trattamento. “Ma sono il frutto di una depurazione che richiede almeno 1.500 litri d’acqua. Per ogni seduta, per ogni paziente”, spiega Verde. Un turno di dialisi giornaliero, con 20 pazienti, richiede quindi dai 22 ai 24 mila litri d’acqua. Numero che può certo variare a seconda della dispersione, ma che comunque non scende molto sotto la soglia. E che è indipendente dalle dimensioni della struttura. Per semplificare: un centro che si occupa di otto pazienti consuma quanto uno che ne cura dodici, perché buona parte dipende dal procedimento di depurazione.

Ad Alcamo hanno già iniziato ad acquistare l’acqua ogni settimana. Il costo di un’autobotte da 10 mila litri è di 110 euro, ne servono almeno due per ogni giornata di trattamento, quindi almeno quattro a settimana. Se mai – ipotesi – dovesse servire a metà dei centri privati, con un calcolo elementare possiamo dire che ci si ritroverebbe di fronte a uno smercio privato di su per giù 3,2 milioni di litri d’acqua a settimana, al costo di circa 70 mila euro.

“Alcuni Comuni ci assistono nel rifornimento – spiega Verde – e abbiamo ancora riserve, ma una volta consumate non si riempiono di nuovo. Qualcuno ci ha messo a disposizione un’autobotte una-due volte a settimana, ma ci aspettiamo non possa durare a lungo”. Le autobotti prendono acqua dove il Comune ancora lo consente e solo fino a quando sarà concesso. Non sempre infatti riescono a rifornirsi autonomamente. Eppure non c’è un piano con la Protezione civile, non un tavolo, non un coordinamento con le prefetture.

L’associazione rappresenta i centri dialisi privati. “Gli ospedali sono sicuramente i più coperti – dice Verde – ma dovremmo essere trattati alla pari e siamo comunque convenzionati con il Servizio sanitario nazionale”. Eppure spiegano di non aver ricevuto rassicurazioni. “Quando ci siamo incontrati, l’assessorato ha preso appunti ma ad oggi non abbiamo risposte certe. Da mesi segnaliamo, ma a maggio è emerso come problema strutturale”.

Intanto, il governo regionale è in forte difficoltà. Il presidente Renato Schifani ha ribadito che la Sicilia sta affrontando “la più grave siccità degli ultimi 50 anni” e ha annoverato tutte le iniziative già messe in campo: dalla richiesta dello stato di emergenza nazionale, accolta dal Consiglio dei ministri, all’assegnazione di 20 milioni di euro per i primi e più urgenti interventi. “Mitigheranno” gli effetti, ha detto nei giorni scorsi. “Bisogna agire in fretta, la vita dei pazienti è in pericolo” hanno replicato i sanitari.

Abbiamo chiesto una risposta alla Regione. “Su input del presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, la prossima settimana si terrà un incontro con le associazioni di categoria che avevano lanciato un appello sui possibili rischi dovuti alla crisi idrica – hanno risposto oggi -. Alla riunione parteciperanno il dirigente del dipartimento per la Pianificazione strategica dell’assessorato della Salute, Salvatore Iacolino, e il capo della Protezione civile regionale, Salvatore Cocina, in qualità di coordinatore tecnico della Cabina di regia contro la siccità istituita presso la Presidenza”.

L’assessorato della Salute sottolinea comunque che, pur potendo rappresentare l’attuale emergenza una criticità anche nel settore sanitario, “non sussiste al momento un concreto rischio di interrompere le attività, dato che, in quanto trattamenti “salva vita”, la normativa prevede per i centri di dialisi la presenza di cisterne con capienza adeguata al numero di reni artificiali dichiarati, rifornibili dall’esterno in caso di carenza idrica in modo da assicurare in ogni momento la possibilità di intervento”.