I tatuaggi non trovano pace. Un nuovo studio si aggiunge ad altre ricerche sui loro effetti per la nostra salute e le conclusioni sono tutt’altro che rassicuranti. È stato rilevato infatti che i tatuaggi aumentano del 21% la probabilità di linfomi. Lo afferma uno studio svedese dell’Università di Lund, in Svezia, pubblicato sulla rivista scientifica eClinical Medicine (Lancet.com). Il team di ricerca, composto da Christel Nielsen, Mats Jerkeman e Anna Saxne Joud, afferma che “fino al 99% dell’inchiostro iniettato si trasferisce nel tempo dal derma ai linfonodi che avviano una risposta immunitaria sistemica”.
Come si è svolta la ricerca
I ricercatori hanno preso in esame alcune neoplasie del sistema linfatico che si sono verificate in cittadini svedesi tra i 20 e i 60 anni, dal 2007 al 2017. Rispondendo a un questionario, hanno affermato di avere almeno un tatuaggio 1.398 persone, che sono state confrontate con un altro gruppo di controllo composto da 4.193 individui che non presentavano diagnosi di questo tipo di tumore maligno. Il 21% dei malati di linfoma era tatuato mentre lo era il 18% dei soggetti del gruppo di controllo. “Dopo aver considerato altri fattori come il fumo e l’età, abbiamo scoperto che il rischio di sviluppare linfoma era più alto del 21% tra coloro che si erano tatuati”, hanno spiegato i ricercatori.
Che cosa provoca il rischio
Il pigmento, quindi il colore, del tatuaggio viene percepito dall’organismo come una sostanza estranea (un antigene) che non dovrebbe essere presente, ed è per questo motivo che si attiva il sistema immunitario. Nei linfonodi si depositano metalli (come arsenico, cromo, nichel, piombo, cobalto), idrocarburi policiclici e ammine aromatiche primarie. L’Airc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) classifica come cancerogene una buona parte di queste sostanze chimiche. Un altro dato che pone diversi interrogativi è che il numero o l’estensione dei tatuaggi sulla pelle non modificava la percentuale di rischio di infiammazione.
La comparsa di linfomi
Gli studiosi hanno notato che il rischio di insorgenza di linfomi è più alto a meno di due anni dal primo tatuaggio, per diminuire dai due ai dieci anni da quella data, per poi risalire di nuovo dagli undici anni. Quali sono i tipi di cancro più diagnosticati? Il linfoma diffuso a grandi cellule B (28%), il linfoma di Hodgkin (21%) e il linfoma follicolare (18%). L’aumento di diagnosi di tumori del sistema linfatico sarebbe da ricondurre quindi anche alla crescente popolarità dei tatuaggi, che vengono fatti nella maggior parte dei casi in giovane età, per cui le persone rimangono esposte alle sostanze per gran parte della propria vita.
Il parere dell’esperta
Si ripropone quindi la tossicità della pratica del tatuaggio. Non c’è proprio vie di uscita dal rischio di questa pratica, a parte ovviamente rinunciarci? “La prima cosa da considerare prima di rivolgersi a un tatuatore è avere garanzia di essere di fronte a un professionista accreditato”, risponde al FattoQuotidiano.it la dottoressa Pucci Romano, dermatologa e Presidente di Skineco, Associazione scientifica di ecodermatologia. “Consideriamo che il tatuaggio entra in contatto con i liquidi biologici, attraverso l’uso di aghi si provoca sanguinamento con l’eventualità di causare una contaminazione. Quindi è fondamentale l’impiego di materiale monouso, sia degli aghi, ma anche degli inchiostri. Nel caso poi di un minore di 16 anni che vuole tatuarsi, ci deve essere l’approvazione dei genitori, senza la quale il tatuatore rischia una denuncia penale”.
Quali altri criteri occorre considerare?
“Bisogna valutare lo stato della propria pelle. Per esempio, se c’è una lesione o è presente una patologia come la psoriasi, perché il tatuaggio può provocare quello che si chiama ‘fenomeno di Koebner’, ossia la comparsa di nuove lesioni psoriasiche su zone della pelle che prima erano sane, in seguito a un trauma; oppure considerare se è presenta una vena varicosa; o ancora coprire un neo che non sarà più controllabile: tutte condizioni che sconsigliano il tatuaggio”.
Dottoressa Romano, anche rispettando tutte queste condizioni, la ricerca svedese sembra comunque denunciare il rischio proprio per l’uso degli inchiostri.
“Esatto. Si è visto che questi inchiostri migrano nei linfonodi, provocando un fenomeno infiammatorio che coinvolge i linfonodi satelliti. Per cui anche se non me la sento oggi di dare per scontato che farsi un tatuaggio colorato rende automatico la comparsa di un linfoma, dobbiamo prendere questo studio come un’allerta e avere maggiore prudenza con queste pratiche”.
Quindi o si rinuncia a farseli o…
“Ci si orienta su un tatuaggio nero, visto che è il colore, il pigmento, a essere stato messo sotto accusa”.
Altri consigli?
“Anche se lo studio non mette in evidenza il numero o la superficie di tatuaggi, io continuerei a considerare che meno sono diffusi sulla pelle, meno rischi si corrono. E poi un’ultima cosa, i tatuaggi difficilmente sono asportabili”.
In realtà con il laser è possibile eliminarli…
“Solo in apparenza. Il pigmento penetra la cute e, come abbiamo visto, si deposita in profondità diventando tutt’uno con la pelle. In questo caso purtroppo non si verifica quella che viene definita la restitutio ad ìnteġrum, ossia il ritorno alla condizione originaria della pelle, ma rimane sempre un qualcosa che viene definita il fantasma del tatuaggio. E, ovviamente più è esteso il disegno, più il fantasma sarà evidente. In definitiva – mi perdoni la battuta – una delle poche cose che è per sempre non è l’amore, ma il tatuaggio!”.