Il collaboratore di giustizia si sarebbe inventato tutto. Di aver ricevuto dall’industriale vicentino ed ex onorevole leghista Alberto Filippi il mandato di organizzare un attentato contro la casa di un giornalista. Di aver chiesto allo zio, muratore, di andare a Padova e sparare cinque colpi di pistola contro l’abitazione di Ario Gervasutti, già direttore del Giornale di Vicenza dal 2009 al 2016, poi caporedattore del Gazzettino. Di aver incassato 25 mila euro da Filippi quale pagamento. E di avere anche fatto eseguire un attentato incendiario contro la ditta Toscolapi di Castelfranco di Sotto (Pistoia). Dieci mesi dopo il deposito degli atti, che chiudeva un’inchiesta iniziata nel 2020 con la ­­­­­­confessione di Domenico Mercurio, diventato collaboratore di giustizia, la Procura antimafia di Venezia ha chiesto l’archiviazione del procedimento.

Il motivo? La credibilità del pentito è franata grazie alle prove fornite dalla difesa di Filippi. In particolare la registrazione di incontri e conversazioni che l’imprenditore titolare di Unichimica di Torri di Quartesolo aveva avuto con Mercurio, tornato in libertà, tra l’autunno 2021 e inizio 2022. I dialoghi fanno pensare non ad un sodalizio criminale, ma a una discussione per questioni economiche, visto che Mercurio chiedeva di essere pagato per i lavori di ristrutturazione in una villa di Filippi, effettuati dalla ditta Magnum Blindati (infiltrata dalla ‘ndrangheta).

Quattro accusati – Il colpo di scena è teatrale. Quando a Ferragosto 2023 la notizia divenne di pubblico dominio il clamore fu notevole. Un politico e la mafia in Veneto, violenza contro un giornalista e interessi inconfessabili. Gli ingredienti c’erano tutti, ma si sono sciolti, come hanno spiegato in una conferenza stampa gli avvocati Cesare Dal Maso di Vicenza e Renzo Fogliata di Venezia, difensori di Filippi. Sotto accusa per questo filone dell’inchiesta sul clan ‘ndranghetista dei Giardino a Verona, c’erano quattro persone. I reati (a diverso titolo): danneggiamento, tentata estorsione, furto, aggravati “dal fine di agevolare il sodalizio mafioso”. Alberto Filippi, 58 anni, di Arcugnano, deputato leghista dal 2006 al 2008, quindi senatore fino al 2013 (fu espulso dal partito nel 2011), era indicato quale mandante degli attentati, effettuati per ritorsione contro alcuni articoli scritti dal Giornale di Vicenza. Il collaboratore di giustizia Domenico Mercurio, 54 anni, di Crotone, era indagato per aver fatto eseguire le direttive di Filippi, mentre lo zio Santino Mercurio, 67 anni, di Isola Capo Rizzuto, era indicato quale esecutore materiale. L’artigiano Stefano Vinerbini, 40 anni, di Zevio (Verona) era coinvolto per “interposizione nella controversia di natura economica” che aveva spinto Mercurio a chiedere a Filippi 250 mila euro.

Dialoghi registrati – Filippi ha convinto i magistrati della sua estraneità dopo due interrogatori durati 18 ore nell’autunno 2023. Ha esibito le registrazioni dei dialoghi avuti per telefono e di persona con i fratelli Domenico e Antonio Mercurio. Emerge un’altra verità. Parlano di fatture e pagamenti per i lavori in una villa di Filippi, non di attentati. I 25 mila euro (più Iva) ricevuti da Mercurio erano addirittura stati fatturati. L’uomo però chiedeva più soldi perché l’imprenditore, per pagare tutti i conti dei lavori gli aveva ceduto un credito di 400 mila euro, operazione che non aveva soddisfatto il calabrese. Ecco spuntare l’ipotesi che il pentito si sarebbe inventato tutto per vendetta contro Filippi.

Un’inchiesta durata 4 anni – Questa la sequenza dei fatti. Nel 2016 Gervasutti cessa di dirigere il Giornale di Vicenza. Nel maggio 2018 Filippi conosce Mercurio. Il 16 luglio 2018 alcuni sconosciuti sparano 5 colpi contro la casa di Gervasutti a Padova. Nel giugno 2020 Mercurio viene arrestato dall’antimafia a Verona. Nel settembre 2020 decide di pentirsi. Nel novembre 2020 accusa Filippi di aver ordinato gli attentati. Il 7 novembre 2021 Filippi registra un colloquio con Mercurio, riguardante le pendenze economiche. Nel luglio 2023 la Procura antimafia chiude le indagini. Il 13 agosto il caso Filippi/Gervasutti finisce sui giornali. A settembre i difensori di Filippi prendono visione degli atti. A ottobre l’ex parlamentare si fa interrogare e deposita le registrazioni. Il 4 giugno 2024 la Procura antimafia chiede l’archiviazione.

I pm: “Credibilità inficiata” – La richiesta è firmata dal procuratore Bruno Cherchi e dal sostituto Stefano Buccini. “Mercurio ha confermato più volte le accuse, illustrando il rapporto di conoscenza e amicizia con Filippi, ribadendo che era nota al predetto la sua appartenenza alla criminalità organizzata calabrese e che anzi era questo lo specifico motivo di interesse per il Filippi della frequentazione con lui”. Questa l’accusa, ma l’indagine difensiva ha cambiato il quadro, anche se solo tre anni dopo. “La credibilità soggettiva del collaboratore di giustizia e l’esistenza di riscontri estrinseci vanno riconsiderati alla luce delle produzioni difensive del Filippi, che in certa misura incrinano il giudizio di attendibilità”, scrivono i Pm. Perché? “Il tenore dei colloqui tra i due, intercorsi fra settembre 2021 e gennaio 2022 dopo la chiamata di correo del 18 novembre 2020, è idoneo ad ingenerare qualche dubbio sulla attendibilità del dichiarante. Viene in evidenza non solo la sussistenza di un rapporto di debito/credito fra le parti, ma la volontà del Mercurio di esigerne il pagamento, pur non avendone titolo legale già all’indomani dell’arresto allorché aveva incaricato l’avvocato iniziale suo difensore di risolvere i problemi economici legati al pagamento dei lavori effettuati nei due mesi precedenti e non fatturati per 250 mila euro”. Della questione economica Mercurio non aveva fatto cenno ai magistrati. “Dai colloqui emerge la volontà dell’accusatore-creditore di esigere il pagamento del credito… così finendo per sovrapporre la veste di collaboratore di giustizia chiamante in correità con quella di creditore interessato a recuperare il credito”.

“Un comportamento ambiguo” – Mercurio sapeva di essere registrato mentre parlava a Filippi. Di fronte alle contestazioni, lo ha detto ai Pm: “Tutte le risposte che ho dato a Filippi sono false. Il mio interesse era essere pagato per il mio lavoro lecitamente svolto nella villa. In quell’occasione avrei potuto ricattarlo chiedendogli una somma in cambio della ritrattazione. Me lo sarei potuto ‘mangiare vivo’, chiedendogli anche un milione, se non due o tre milioni di euro…”. Non ha convinto i magistrati che anzi sostengono una “conclamata non indifferenza del Mercurio alla persona e alla figura del Filippi, con l’effetto inevitabile di inficiarne la credibilità”. Conclusione: “Il comportamento ambiguo e non trasparente tenuto da Mercurio, anche nei confronti di questa autorità giudiziaria, sono tali da ingenerare il dubbio che Filippi non abbia mai dato l’incarico di intimidire il giornalista Gervasutti e la ditta Toscolapi”. Mancano le prove per andare a processo. E rimane un dubbio: se non è stato Mercurio, chi sparò 5 colpi di pistola contro l’ex direttore del giornale? Il commento di Gervasutti all’annuncio dato in conferenza stampa è laconico e un po’ sibillino, quasi a far pensare che in questa storia le verità siano sfumate: “Non mi sono mai interessato degli eventi giudiziari e non mi interessano i destini giudiziari di chicchessia. Ho capito qual è la verità sostanziale, mi basta e adesso sono tranquillo. Non farò opposizione alla richiesta di archiviazione”.

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