La separazione delle carriere di pm e di giudici non deve essere realizzata. È la fine della democratica separazione dei poteri. Toghe all’unisono, esprimono un parere “fortemente contrario” alla riforma del governo Meloni, al Cdc, il “parlamentino” dell’Anm, concluso poco fa. È stato votato, caso più unico che raro negli ultimi tempi, un documento all’unanimità perché, come ha detto un giovane magistrato siciliano, se passa questa riforma “cessa di esistere” la magistratura pensata “dai nostri padri costituenti” che hanno concepito “pesi e contrappesi”. Non ci sarà, però, come era prevedibile, uno sciopero immediato, poco “strategico” ma più avanti. Invece, è stato deciso di organizzare in tutta Italia una “mobilitazione culturale” ed è prevista anche una “manifestazione nazionale da svolgersi in un luogo istituzionale significativo”.

Nel documento si legge che la separazione delle carriere “non risponde ad alcuna esigenza di miglioramento del servizio giustizia, ma determina l’isolamento del pm, mortificandone la funzione di garanzia e abbandonandolo a una logica securitaria, nonché ponendo le premesse per il concreto rischio del suo assoggettamento al potere esecutivo”. Una riforma che “sottrae spazi di indipendenza alla giurisdizione, riducendo le garanzie e i diritti di libertà per i cittadini”. Sul (prevedibile) mancato sciopero immediato è il presidente Giuseppe Santalucia a dare la motivazione che vede d’accordo tutti i gruppi: “Lo sciopero quando servirà sarà messo in campo, dovrà essere un volano della nostra capacità di comunicazione. Un giorno, due o tre, tutti quelli che serviranno nel momento in cui saranno necessari”.

Ovvero quando sarà in corso il dibattito parlamentare: “Si tratta di un percorso lungo. Lo sciopero sarà fatto con una programmazione, quando l’iter parlamentare entrerà nel vivo per sottolineare ed evidenziare la nostra posizione. Non c’è nessun tipo di riserva né di cautela perché è una riforma sbagliata che farà voltare pagina all’ordine giudiziario e al nostro assetto costituzionale “ ma, conclude, “non vogliamo diventi uno strumento che si ritorca contro le ragioni che cerchiamo di spiegare”. E ribadisce il senso negativo, per l’Anm della riforma: “Punta a contenere un ordine giudiziario che viene avvertito come problema, come un potere che ha invaso i confini della politica e quindi va circoscritto e gli vanno tagliate le unghie”. E prevede un indebolimento della magistratura “che passa attraverso la divisione in due del Csm, l’espropriazione del potere disciplinare ( con l’istituzione di un’alta Corte ad hoc, ndr) e l’elezione per sorteggio”.

Un sorteggio puro, secondo il ddl Nordio, per quanto riguarda i togati mentre per i laici c’è il “trucchetto”. Saranno sorteggiati professori e avvocati scelti dal Parlamento, ovvero proseguiranno a essere di nomina politica. Lo sottolinea il segretario dell’Anm, Salvatore Casciaro: ci sarà “la polverizzazione dei togati” e la presenza di “una pattuglia di laici agguerrita, frutto della maggioranza parlamentare”. Casciaro, poi, mette in luce come le garanzie costituzionali attuali scompariranno con l’incrocio tra la riforma della separazione delle carriere e quella del premierato. La riforma voluta da Giorgia Meloni prevede – ricorda Casciaro – “all’art. 3, un premio ‘garantito’ di maggioranza del 55% che darebbe alle forze della coalizione che esprimono il presidente del Consiglio il potere di nominare (dopo il terzo scrutinio) un ‘proprio’ presidente della Repubblica, depotenziandone il ruolo di garante super partes degli equilibri costituzionali. Cosa che potrebbe riproporsi agevolmente -conclude Casciaro-al momento della nomina dei cinque giudici della Consulta e dei dieci componenti laici dei due Csm”. Il sorteggio come metodo di elezione dei togati è sostenuto solo da Articolo 101, convinto che sia l’unico modo per debellare la correntocrazia.

A margine della riunione, i giornalisti hanno chiesto conto a Santalucia del via libera del presidente Mattarella all’iter parlamentare del ddl sulla separazione delle carriere. Il presidente Anm ha fatto notare che “non significa condivisione dei contenuti” ma che “c’è un forte rispetto da parte del presidente della Repubblica delle prerogative del potere legislativo e dell’iniziativa del governo”. Come dire, non poteva fare diversamente. E se, come è verosimile, la riforma sarà approvata da questo Parlamento, alcuni magistrati durante il dibattito hanno detto che l’Anm “deve porsi il quesito se essere promotore o comunque fare parte di un comitato referendario per il no”.

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